Avvenire di Calabria

Il rinnovamento dello studio della storia della Chiesa

La recente lettera del santo padre Francesco sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa

di Pasquale Triulcio

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Francesco, spesso è intervenuto a margine di eventi culturali che hanno avuto per oggetto gli studi storici

“Cari fratelli e sorelle, vorrei condividere con questa mia lettera alcuni pensieri circa l’importanza dello studio della storia della Chiesa, in modo speciale per aiutare i sacerdoti a interpretare meglio la realtà sociale”. È questo l’incipit del testo, sconosciuto ai più, firmato da papa Francesco il 21 novembre 2024. Non è la prima volta che un pontefice riflette circa l’importanza dello studio della storia della Chiesa.



Lo stesso Francesco, spesse volte è intervenuto a margine di eventi culturali che hanno avuto per oggetto gli studi storici. Ricordo nitidamente l’udienza concessa a noi membri dell’associazione dei professori di storia della Chiesa in Italia (AIPSC) il 12 gennaio 2019 all’interno della splendida cornice della sala Clementina, dove il successore di Pietro volle persino incontrarci personalmente. In quell’occasione si espresse con parole che sembrano scritte oggi, tanto sono attuali: «La storia, studiata con passione, può e deve insegnare molto all’oggi, così disgregato e assetato di verità, di pace e di giustizia. Basterebbe che, attraverso di essa, imparassimo a riflettere con sapienza e coraggio sugli effetti drammatici e malvagi della guerra, delle tante guerre che hanno travagliato il cammino dell’uomo su questa terra. E non impariamo!».

La riflessione di papa Francesco e il Giubileo

Oggi Francesco ritorna con una profonda riflessione sulla storia a margine di un Anno giubilare “concimato” dal suo dolore e consegna un testo suddiviso in 3 paragrafi: 1. L’importanza di collegarci alla storia; 2. La memoria della verità intera; 3. Lo studio della storia della Chiesa. In questo contributo, basti focalizzare l’attenzione sul secondo, dedicato all’importanza della memoria, circa il resto del documento stimoliamo il lettore a farne oggetto di ben più ampia e profonda riflessione. Il papa, citando Ad gentes n.6 e Gaudium et spes n. 43, scrive: «Difatti la Chiesa […] talvolta, dopo inizi felici, deve registrare dolorosamente un regresso, o almeno si viene a trovare in uno stadio di inadeguatezza e di insufficienza».

E «non ignora affatto che tra i suoi membri sia chierici che laici, nel corso della sua lunga storia, non sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio. E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio ch’essa reca e l’umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza, perché non ne abbia danno la diffusione del Vangelo. Così pure la Chiesa sa bene quanto essa debba continuamente maturare imparando dall’esperienza di secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti col mondo».

Da qui di l’emergere di un legame fortissimo con la Giornata del Perdono celebrata da san Giovanni Paolo II il 12 marzo 2000 in cui, per Suo tramite, la Chiesa seppe chiedere perdono per le colpe commesse lungo la storia e perdonò le persecuzioni ed i torti subiti. Quasi un fil rouge lega la concezione di storia dei due pontefici, con un punto cardine, a nostro avviso, comune: l’urgenza – per utilizzare le parole del papa polacco – di “una purificazione della memoria”.

Il perdono e la Pace

Questi al n.3 del Messaggio per la XXX Giornata mondiale per la pace, del 1 gennaio 2000 così ebbe a scrivere: “La fatica del perdono non dipende solo dalle vicende del presente. La storia porta con sé un pesante fardello di violenze e di conflitti, di cui non è facile sbarazzarsi. Soprusi, oppressioni, guerre hanno fatto soffrire innumerevoli esseri umani e, anche se le cause di quei fenomeni dolorosi si perdono in tempi remoti, i loro effetti rimangono vivi e laceranti, alimentando paure, sospetti, odi e fratture tra famiglie, gruppi etnici, intere popolazioni. Sono dati di fatto che mettono a dura prova la buona volontà di chi vorrebbe sottrarsi al loro condizionamento”.

Il lascito di papa Wojtyla

Wojtyla focalizzava con efficacia la forza della storia in cui non sembra esserci soluzione di continuità, cosicché il passato ha una vitalità e nella sua bellezza e nel suo dramma. E proprio nella sua componente tragica, ancora oggi, esso va riletto, studiato, compreso, per dar vita ad una seria “purificazione della memoria”, basata essenzialmente su di una sincera ricerca della verità. Tutto ciò fuggendo ogni banale sentimentalismo ed ogni sterile apologia che porterebbero probabilmente il dialogo culturale tuttora in atto ad arenarsi in una opposizione tra apologetica e controapologetica.

Lo scritto di papa Francesco sembra fare eco a queste riflessioni: «Un sincero e coraggioso studio della storia aiuta la Chiesa a capire meglio i suoi rapporti coi diversi popoli, e questo sforzo deve aiutare a esplicitare e interpretare i momenti più duri e confusi di questi popoli. Noi non dobbiamo invitare a dimenticare, infatti «non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, quella memoria che è garanzia e stimolo per costruire un futuro più giusto e fraterno».

Per questa ragione – prosegue Francesco – insisto che «la Shoah non va dimenticata […] Non vanno dimenticati i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki […] E nemmeno vanno dimenticati le persecuzioni, il traffico di schiavi e i massacri etnici che sono avvenuti e avvengono in diversi Paesi, e tanti altri fatti storici che ci fanno vergognare di essere umani. Vanno ricordati sempre, sempre nuovamente, senza stancarci e senza anestetizzarci».

La purificazione della memoria

Si evince quanta prudenza, attenzione, umiltà siano necessarie per operare una fruttuosa rilettura del passato. Quanto sia faticoso ma anche liberante il lavoro di “purificazione della memoria”. Un percorso che per essere considerato autentico necessita non solo di vedere le proprie colpe, ma anche di riconoscerle e chiedere per esse il perdono. E ancor di più, se tale processo dovesse arrestarsi a questo livello varrebbe a ben poco, se non per mettere illusoriamente a tacere eventuali sensi di colpa.


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Affinché tale percorso giunga ad una meta, è necessario dunque un atteggiamento concreto, capace di esser fonte di una “sovrabbondanza” di amore fattivo in grado di evitare i comportamenti “deficitari” tenuti in passato. Allora sì che la “purificazione della memoria” avrà un senso ed uno scopo: la Pace. La “corretta rilettura della storia” sta alla Pace come “la solidità delle fondamenta sta alla stabilità dell’edificio”.

Va da sé quindi la delicatezza e l’importanza del ruolo di coloro (studenti, insegnanti in primis) che si occupano di storia perché vivono la stupenda opportunità\sfida di lavorare a questo “processo di purificazione” fino a divenire operatori e formatori di veri costruttori di Pace.

*Prof. di Storia della Chiesa – Dir. Archivio storico diocesano

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