
Reggio Calabria, impegno per i detenuti: intesa arcidiocesi – carcere
L’intesa siglata questa mattina presso la sala “Monsignor Giovanni Ferro” della diocesi reggina tra l’arcivescovo Morrone e il direttore degli istituti penitenziari Carrà.
Lo stare insieme è un elemento principale delle relazioni sociali. Se una cosa è chiara è quella che tutti abbiamo bisogno del contatto umano, il pathos, la percezione che lo stare insieme ha sempre plasmato. Questo è il senso dell’iniziativa in itinere concretata nella Diocesi Reggio Calabria-Bova, cominciata il 3 novembre scorso nella Basilica del capoluogo, alla presenza del vescovo Fortunato Marrone e dei delegati delle parrocchie del territorio che ha messo in luce l’importanza del cammino sinodale.
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In questo senso la presenza dei laici non solo è utile per vivere bene la sinodalità, ma funge da anello di congiunzione con i ministri ordinati sia per capire meglio un mondo che cambia, sia per stringere rapporti più vitali tra gli organi. Ecco perché il sinodo è una grande opportunità ecclesiale non solo per la Chiesa generale ma anche per le realtà quotidiane delle varie parrocchie. Per fare questo è necessario che il cattolicesimo, che non è una federazione di parrocchie o di movimenti, ma è comunità di comunità adunate dalla Parola e dall’Eucarestia attorno ai successori degli apostoli in un contesto in cui i privilegiati sono i poveri e gli umili, ai quali prevalentemente si rivolge il Vangelo.
Se si vuole la sinodalità dal basso, bisogna avere chiaro il concetto che il tempo del sinodo è la grazia. Il sinodo non è performance, non è la stampante di prodotti seriali di documenti o un corso di sociologia religiosa applicata alla vita della chiesa. È cammino comune. È tempo che serve a individuare i punti teologici più salienti: il ministero, il diritto delle comunità all'Eucarestia, il sacerdozio comune. In tal senso la dottrina, non è un fossile da custodire nel catechismo, né una confezione speciale, un involucro che avvolge il niente. Come sosteneva papa Giovanni XXIII solo unità e comunione possano dare al Vangelo quella sua forza che sana. Come continua a sottolineare papa Francesco bisogna contribuire a innalzare i tre pilastri fondanti l’idea generale dell’Ecclesia: uno della comunione, uno della missione e quello della partecipazione. In questo primo anno è messo al centro della dinamica il tema dell’ascolto. Ascolto come spazio intersoggettivo dove io ascolto vuol dire anche ascoltami: In questo senso la religione si interiorizza; con l’ascolto si sonda l’intimità, si scandagliano i segreti del cuore.
L'ascolto mette in rapporto due soggetti. Anche quando si vuol mettere in una situazione d'ascolto un'intera folla, un'assemblea politica, lo scopo è quello di far accogliere il messaggio di uno solo. Di farne capire la singolarità. L'ingiunzione di ascoltare è l'appello totale di un soggetto a un altro: essa pone al di sopra di tutto il contatto, tramite la voce e l'orecchio, dei due o più soggetti, crea un transfert. L’ ascolto così trasforma l'uomo in soggetto duale. L'interpellazione porta a una interlocuzione, nella quale il silenzio dell'ascoltatore è tanto attivo quanto la parola di chi parla. In questo senso si può dire che l'ascolto parli. Una volta, per indicare che una persona era brava si diceva che era tutta casa e chiesa, ora possiamo dire, alla luce degli incontri, svolti, che bisogna aggiungere altri termini come carità, casa, chiesa, comunità, cura, cuore. Con questo paradigma l’ascolto diventa colloquio, una reale condizione paritetica. In questo senso l’ascolto più che una dimensione nuova, è un rinnovamento. Non abbiamo sempre ascoltato la parola di Dio nei riti? Abbiamo bisogno di rinnovare l’incontro perché ogni incontro è un’esperienza unica e irripetibile nella sua singolarità.
PER APPROFONDIRE: Apertura Sinodo a Reggio Calabria, Morrone: «Insieme poniamoci all’ascolto dell’altro»
Magari apparteniamo a orizzonti culturali diversi eppure tutti accomunati da un’incessante ricerca di verità, un’inesausta voglia di bere. Nell’ascolto, che si rinnova continuamente, io-altro si dispiega nella dinamica della vita in cui, volta per volta, diventiamo parlanti e ascoltatori e si regge nella misura in cui l’io diventa noi, in cui la comunità tocca il suo punto più alto. In questo senso questo tema è una tappa del cammino in cui cercheremo di ascoltarci per acquisire la mentalità che la Chiesa attuale vuole costruire per incidere profondamente sul proprio territorio, avere più responsabilità verso le generazioni future.
L’intesa siglata questa mattina presso la sala “Monsignor Giovanni Ferro” della diocesi reggina tra l’arcivescovo Morrone e il direttore degli istituti penitenziari Carrà.
Preghiera e rinnovato impegno hanno accompagnato la Giornata voluta dall’arcidiocesi e dal comune di Reggio Calabria per ricordare le anime dei 45 naufraghi accolti in riva allo Stretto sette anni fa.
Il momento di sintesi e condivisione del percorso intrapreso sarà ospitato alle 18 presso l’Auditorium della Scuola allievi Carabinieri del rione Modena.