Avvenire di Calabria

Il Valzer dei diritti

Una stazione e un aeroporto

Davide Imeneo

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Kana Harada è l’unica e l’ultima viaggiatrice della stazione di Kami-Shirataki, a Nord del Giappone, nell’isola di Hokkaido. La stazione, infatti, doveva essere soppressa tre anni fa, ma le autorità rimandano la chiusura per permettere alla giovane, ancora studentessa, di frequentare le lezioni. Il binario verrà “spento” il prossimo 26 marzo, giorno in cui Kana conseguirà la maturità. Ogni giorno, grazie al “suo” treno, Kana riesce a raggiungere i compagni di classe e a fare ritorno a casa.

In Giappone, una stazione aperta solo per Kana. A Reggio Calabria un aeroporto chiuso in faccia a 500mila passeggeri.

Stride il paradosso. Ma dobbiamo prenderne atto, cambiano le latitudini e mutano i criteri con i quali gli Stati soddisfano i diritti dei loro cittadini. Istruzione, mobilità e salute: sono i tre diritti che i reggini e buona parte dei messinesi rischiano di vedersi inficiare da una scellerata politica aeroportuale. Non conosciamo quale misteriosa alchimia stia regolando gli equilibri tra politica locale, Enac, Alitalia e Istituzioni. Conosciamo, però, quelli che potrebbero essere gli effetti della chiusura dell’aeroporto. Ce li ha raccontati la piazza. Abbiamo ascoltato, ad esempio, le parole della mamma dei fratelli Chiovaro, i ragazzi affetti da distrofia e autori di un video condiviso su Facebook per chiedere il mantenimento dello scalo reggino. «I miei figli fanno terapia a Bologna e uno di loro è costretto a utilizzare un respiratore polmonare per 20 ore al giorno. L’autonomia della batteria è limitatissima, cosa succederebbe se non bastasse? Non ne parliamo neanche...». Due studenti, uno del Liceo “Volta” e l’altro del “Vinci”, immaginano la loro vita fra qualche anno: «Se anche ci laureassimo qui a Reggio, saremo comunque costretti a emigrare per lavoro. Se non ci sarà l’aeroporto, avremo difficoltà a tornare a casa anche per un weekend. Già ci costringete a andare via da Reggio. Almeno ogni tanto fateci ritornare per vedere, in poche ore, le nostre famiglie!».

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