Avvenire di Calabria

Aveva le mani in tasca, Francesco Prestia Lamberti, il quindicenne ucciso da un suo coetaneo

Il vescovo: «Vuoto di valori e umanità che va colmato»

Federico Minniti

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Li ha aspettati dinnanzi al sagrato della Cattedrale di Santa Maria Assunta. Luigi Renzo, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera- Tropea, ha voluto accogliere le lacrime e il turbamento delle tante giovani fiaccole che hanno sfilato tra le vie principali del centro del vibonese all’indomani dell’omicidio di Francesco Lamberti Prestia.

Le stesse strade che lo univano al suo omicida. Due amici, come confermano in paese. «C’è un vuoto di valori e di umanità che va colmato – afferma monsignor Renzo – Come possono due ragazzi che si dicono amici alimentare un odio che porti all’uccisione dell’altro?». Un interrogativo che è condiviso tra i familiari e i conoscenti dei due giovani. «Purtroppo – spiega il presule – quanto accaduto è l’effetto di un abbandono. Sì, abbiamo tradito il mondo giovanile, lasciandolo crescere nella solitudine». Seppur con tono pacato, il vescovo Luigi usa parole forti senza volersi autoassolvere. «C’è una responsabilità di tutto il mondo degli adulti, anche della Chiesa locale. Bisogna rilanciare cammini che offrano agli adolescenti dei momenti formativi più incisivi », dice.

Gli oratori si svuotano e a riempirsi sono le sale scommesse. «Dobbiamo distogliere i ragazzi dalle 'regole' non scritte della strada», afferma chiedendo aiuto all’agenzia educativa per eccellenza: la famiglia. «I genitori – aggiunge – non devono rinunciare al loro ruolo: il 'quieto vivere' con i figli non può essere relegato al lassismo». Un tema, quello della genitorialità, che diventa impervio quando di fronte vi sono famiglie di ’ndrangheta, come quella del giovane omicida quindicenne. «Crescere in queste condizioni non è semplice: bisogna essere sostenuti sulla via della legalità», afferma il presule. Ma quanto ha inciso l’appartenenza ad un nucleo familiare-clan nel folle gesto dell’assassino adolescente? «Indubbiamente il contesto familiare conta: è chiaro che la reperibilità di armi a casa, ad esempio, – specifica il vescovo entrando nel merito della vicenda – è un segnale inequivocabile di come quegli ambienti siano diseducativi. Su questo – aggiunge – c’è un limite legislativo che va superato».

Uno Stato che - dalle parti di Mileto spesso indossa solo una divisa, mentre occorrerebbe una esercito di educatori. «Le Istituzioni devono provvedere a creare condizioni di vita dignitose – chiosa il pastore della Chiesa vibonese – deve avere un occhio vigile anche rispetto a questi territori». Ma come? Il vescovo su questo ha le idee chiare. Tutto parte con un pensiero alla vittima: «Francesco faceva parte della squadra giovanile del paese: ecco sarebbe bello ripartire da qui, dallo sport ad esempio. Da centri di aggregazione giovanile che mancano completamente». Monsignor Luigi non cade nella tentazione dei proclami, ma si ancora alla concretezza: «Auspico che si acceleri in tal senso una procedura in atto. Ci sono beni inutilizzati del Demanio che stanno 'passando di mano' al Comune di Mileto.– conclude il vescovo – ecco, questi devono essere destinati a queste finalità. Per i ragazzi».

Articoli Correlati