Avvenire di Calabria

Si tratta di un'antica medaglia d'oro rinvenuta a Siderno a fine ottocento. È oggi custodita al Museo archeologico di Locri

Una delle più antiche raffigurazioni del presepe, si trova in Calabria

Risale al VI secolo dopo Cristo, è una tra le prime testimonianze iconografiche raffiguranti la Natività e l’adorazione dei Magi

di Francesco Chindemi

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Si trova in Calabria una delle prime testimonianze iconografiche raffiguranti la Natività e l'adorazione dei Magi. Risale al VI secolo dopo Cristo. È rappresentata all'interno di una medaglia d'oro ritrovata alla fine dell'ottocento nella locride.

L’antico presepe della Calabria

In pochi lo sanno. In Calabria è custodita una delle più antiche rappresentazioni dell’Epifania e della Natività. Il tema, già ricorrente sul Sarcofago di Adelfia (IV secolo d.C.) custodito a Siracusa che nella sua decorazione contiene la più antica raffigurazione scultorea del presepe, trova una sua preziosa riproposizione in un piccolo e raffinato gioiello d’arte sconosciuto ai più: una “brattea” (ossia una lamina d’oro a forma di medaglia, lavorata a sbalzo) risalente al VI-VII secolo dopo Cristo.


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Fu rinvenuta nel 1886 in una tomba cristiana durante lavori agricoli in un podere della famiglia De Mojà, a Siderno. «Si tratta di una straordinaria testimonianza iconografica di forma circolare, di circa 5 centimetri di diametro», scrive la ricercatrice e blogger Kasia Burney Gargiulo che sul prezioso reperto ha dedicato diversi articoli.

Gesù Bambino in face, l’adorazione dei Magi e il bue e l’asinello

Originariamente, secondo la testimonianza di Antonio di Lorenzo, all’epoca del ritrovamento vicedirettore del Museo di Reggio Calabria ad acquisire la proprietà del reperto su donazione del titolare del podere, «questa lamina a foglietta, di forma rotonda, ornava il coperchio di una scatoletta lignea che, al contatto con l’aria, si disciolse in polvere». Oggi la brattea con l’Adorazione dei Magi e la Natività è custodita nel museo archeologico di Locri. A sinistra è raffigurata la Madonna Theotòkos, «colei che genera Dio», assisa in trono che tiene in braccio il Bambino che, come infante, è già in grado di reggersi sulle ginocchia materne e riceve i Magi con corte tuniche manicate strette in vita tipiche del costume persiano e con la testa coperta da una beretta frigia. I Re, venuti da Oriente (Mt 2, 1-12), sono guidati da una stella cometa ad otto punte. In alto vi è un angelo «con tunica talare, il quale sembra dirigere la stella», in volo verso sinistra con braccio proteso in avanti.


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Nella parte sottostante l’Adorazione dei Magi trova, «così come nel Sarcofago di Adelfia - spiega Gargiulo - troviamo associato il tema della Natività». Nella parte inferiore della brattea è «chiaramente visibile un “presepe” in miniatura col Bambino in fasce adagiato nella mangiatoia, il bue e l’asino e, sue entrambi i lati un pastore con la propria pecora. L’intera scena è circondata da un decoro a girali e da una perlinatura», ancora le parole della studiosa.

Prima testimonianza iconografica della Natività e dell’Epifania

Secondo il professor Giacomo Oliva, dirigente della Soprintendenza archeologica della Calabria e direttore del Museo diocesano di Gerace, questo manufatto «costituisce in Calabria la prima testimonianza iconografica in forma scenica di due episodi evangelici. Dal solo dato della brattea aurea è purtroppo impossibile dedurre se essa provenisse dalla sepoltura di un alto ecclesiastico, di un ricco proprietario terriero o di un funzionario imperiale», spiega. Tante le ipotesi, dunque, sulla provenienza.

Certo è, come afferma il professor Elia Fiorenza, titolare della cattedra di Archeologia Cristiana all’Istituto teologico di Rende e docente presso l’Università della Calabria, gli elementi stilistici «ne fanno assegnare la provenienza all’area mediorientale, da cui potrebbe essere giunta nei territori calabresi soggetti all’impero bizantino tramite qualche monaco di ritorno da un pellegrinaggio nei Santi Luoghi, oppure sulla scia delle frequenti migrazioni di religiosi palestinesi, egiziani e siculi nella regione calabrese. È utile asserire che in questo periodo i monaci erano soliti venerare le reliquie dei confratelli morti».


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Quella di Siderno è solo la prima delle lamine circolari auree, lavorate a sbalzo con figurazioni sacre, ritrovate per lo più sul versante jonico calabrese e destinate ad ornare oggetti di vario genere, a volte anche abiti (bracteatae). Quella che raffigura anch’essa una scena di Epifania è conservata al Museo provinciale di Catanzaro e proviene da Triolo. Rispetto a quella rinvenuta nella locride presenta però una decorazione più semplice, non è raffigurata la natività ed è considerata un manufatto più tardo di produzione locale.

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