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Un nuovo atto intimidatorio ha colpito la cooperativa Ciarapaní, parte della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme, mettendo in luce ancora una volta le difficoltà di chi si oppone alla logica dei clan. Don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità, riflette sull'accaduto e lancia un appello a non arrendersi di fronte alla criminalità organizzata.
È finita ancora una volta nel mirino di ignoti la Comunità Progetto Sud, guidata da don Giacomo Panizza. Un grave atto vandalico che suona come intimidazione ha colpito la cooperativa Ciarapaní, realtà che fa parte di Progetto Sud. Il parcheggio gestito dalla cooperativa di fronte all’ospedale di Lamezia Terme è stato oggetto di un danneggiamento che ha provocato danni per quasi 50mila euro. Sono stati, inoltre, rubati soldi per poche centinaia di euro. Un’azione che ha tutte le caratteristiche di un atto intimidatorio, come sottolineato dallo stesso don Panizza: «Lo leggiamo come un avvertimento. È il modo di parlare dei clan».
L’episodio si è verificato nella notte, tra le 20 e le 2.20 di giovedì. Nonostante i danni ingenti, il valore economico rubato è stato minimo, pari a circa 200-300 euro. Don Panizza, intervistato dall’Agenzia Sir, racconta: «Hanno spaccato diversi elementi strutturali del parcheggio: le sbarre d’ingresso, i fari alti che illuminano l’area. Il parcheggio è utilizzato anche di notte, soprattutto da chi viene a far visita ai parenti ricoverati in ospedale».
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Per il fondatore della Comunità Progetto Sud di Lamezia il danno non è solo economico, ma anche simbolico: «Non è una semplice rapina, è un avvertimento, un modo per farci sapere che loro ci sono. È così che parlano i clan, non solo a noi, ma a tutta la città», ancora le sue parole.
La cooperativa Ciarapaní, che prende il nome dalla comunità rom, è una realtà che promuove l’integrazione e l’inclusione lavorativa, anche grazie all’impiego di persone provenienti da contesti fragili, come lo stesso gruppo rom. Don Panizza esprime preoccupazione per il rischio di facili accuse contro la comunità: «Alcuni penseranno subito che siano stati i rom, visto che il campo è vicino. Ma i rom lavorano nella nostra cooperativa, conoscono il funzionamento del parcheggio. Perché avrebbero dovuto recare danno ai loro stessi colleghi?».
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«Come in ogni comunità ci possono essere criminali, anche tra i rom. Ma non possiamo limitarci a incolpare un capro espiatorio, dobbiamo guardare oltre e capire chi possa essere il vero responsabile. Temo che, come accade altre volte, si troverà qualcuno da incolpare, magari il più fragile del gruppo, e non si cercheranno i veri colpevoli», ancora il sacerdote.
La Comunità Progetto Sud, fondata nel 1976, ha una lunga storia di resistenza a pressioni e intimidazioni da parte della criminalità organizzata. Don Panizza ha ricordato come gli attacchi non siano una novità: «Dal 1976 subiamo questi atti, ma negli ultimi anni le cose si sono fatte più pesanti. Sono sei anni che non ci sparano in casa o non ci mettono bombe, ma continuano a danneggiarci per farci capire che loro ci sono. Lo dicono alla città, non solo a noi».
Nonostante tutto, la comunità non ha intenzione di fermarsi. Don Panizza ha dichiarato: «Ci fermano? No, andiamo avanti, ma ora basta. Smettetela, basta danni. Noi continueremo il nostro lavoro, aiutando le fasce deboli, ma chiediamo rispetto».
Dopo il vile gesto, sono stati numerosi i messaggi di solidarietà alla Comunità Progetto Sud. Tra questi, il Segretario Generale della Filcams Cgil Calabria, Giuseppe Valentino, ha espresso il suo sostegno in un comunicato ufficiale: «Esprimo la mia personale indignazione e tutta la solidarietà umana e politica a don Giacomo Panizza e a tutta la Comunità Progetto Sud. Quanto accaduto alla cooperativa Ciarapaní è un atto di grave inciviltà e violenza che va condannato con fermezza dalle istituzioni».
Valentino ha sottolineato come la Ciarapaní rappresenti un modello positivo di inclusione: «Dal lavoro si può costruire integrazione, solidarietà e legalità. In una terra come la nostra, dove spesso si è costretti a chiedere favori, la Ciarapaní dimostra che si può uscire dall'emarginazione senza dover chiedere nulla a nessuno, ma autodeterminandosi».
Nonostante l'atto intimidatorio, la reazione dei cittadini di Lamezia Terme è stata positiva. È lo stesso don Panizza a evidenziarlo: «Il giorno dopo il danneggiamento, la gente è venuta lo stesso al parcheggio, perché ci vuole bene e non ha più paura. La nostra casa si chiama "Pensieri e parole", e questo dimostra che non ci lasceremo intimidire»
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