Avvenire di Calabria

Il devastante terremoto del 28 dicembre 1908 distrusse la vecchia struttura

La chiesa «risorta» di San Dionigi

L’edificio venne fatto ricostruire nel 1596 da monsignor Annibale D’Afflitto

Renato Laganà

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La parrocchia di “San Dionigi Vescovo e Martire” in Catona di Reggio Calabria, fu istituita il 18 settembre 1701 dall’arcivescovo Giovan Andrea Monreale, essendo il territorio di Catona ancora sotto la giurisdizione ecclesiastica della parrocchia di Rosalì, eretta nel 1621. Già nel giugno 1692, l’arcivescovo Ibanez de Villanueva, aveva fatto inviare un vice parroco con l’obbligo di residenza nel centro rivierasco. L’antica chiesa abbaziale, con l’annesso Ospedale dei Pellegrini (Catona in quel tempo era il punto di approdo delle navi e delle imbarcazioni che dalla sponda calabrese raggiungevano la vicina Messina), fondato da monsignor Gaspare del Fosso nel 1594, era beneficio della mensa arcivescovile reggina e gli arcivescovi reggini conservano il titolo di abate. Danneggiato ed in parte distrutto dalle incursioni dei pirati turchi, il complesso dedicato a «Dionisii Areopagitae in territorio Terrae Fluminis Morum, vulgo detto il passo della Catona, quae est de Mensa Archiepiscopali», come riportano i documenti della visita pastorale del 1595 venne fatto ricostruire nel 1596 da monsignor Annibale D’Afflitto, arcivescovo reggino. Il vice vicario ed amministratore delle rendite della chiesa, il sacerdote Bernardo Imerti, venne invitato a ricoprire la cupola con tegole, a restaurare il campanile, ad intonacare l’esterno del presbiterio, ad imbiancare l’interno, a riparare i pilastri che reggono l’arco del presbiterio, a collocare un’acquasantiera ed a recintare l’area di pertinenza esterna.

Si veneravano in quegli anni un quadro della Madonna di Portosalvo con raffigurati San Dionigi Areopagita, San Francesco di Paola e San Erasmo. Danneggiata dal terremoto del 5 febbraio 1783, che colpì tutta la parte meridionale della Calabria e la Sicilia orientale venne ricostruita nello stesso sito. Crollata la copertura, della vecchia chiesa erano rimasti in piedi solo i muri perimetrali e la facciata. I lavori di ricostruzione, per un importo di 984 ducati (come riportato nel Piano Generale delle Parrocchie del Ripartimento di Reggio rilevato per conto dell’ingegniere direttore Giovan Battista Mori rimesso in data 2 novembre 1787), per la parte strutturale furono in breve tempo completati mentre per la parte decorativa si prolungarono nei primi anni dell’ottocento. La crescita della popolazione, nel 1799, portarono il parroco ad avanzare richiesta di un coadiutore e l’aumento della congrua motivandola «per essere disperse le case degli abitanti nell’estensione non meno di nove miglia e per un fiume perenne che si framezza». Nel territorio parrocchiale, oltre alla sede parrocchiale, vi erano le chiese di “San Francesco di Paola”, e quelle patronali di “Santa Maria del Carmine”, della “Santissima Maria Immacolata” e di “San Giovanni”.

Nel 1838 nella parrocchia che raggiungeva 2660 anime, «vi erano ben otto sacerdoti, un accolito e cinque novizi». Il devastante terremoto del 28 dicembre 1908, distrusse la vecchia chiesa, fatta in muratura mista di pietrame e mattoni. Il vecchio tempio fu sostituito, provvisoriamente, da una chiesa baracca donata dal Papa San Pio X, che operò a lungo prima che fosse ricostruita la nuova chiesa con criteri antisismici. I lavori di ricostruzione dopo il terremoto, coordinati dall’Ufficio dell’Opera Interdiocesana delle Chiese in Calabria, dopo una fase iniziale difficile dovuta alla mancanza di risorse, vennero avviati negli ultimi mesi del 1926 con l’affidamento dell’incarico di progettazione all’ingegnere Sante Cannizzaro. Nell’aprile del 1927, dopo il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvava il progetto di ricostruzione per un importo di lavori di £ 730.000 oltre £ 100.000 per somme a disposizione dell’Amministrazione. Il nuovo edificio era articolato planimetricamente su tre navate «delle quali quella centrale alta metri 12 e le altre due laterali alte metri 7,20, con annesso campanile alto metri15,20, avente una superficie pressoché uguale a quella della chiesa distrutta».

La tecnica costruttiva, secondo le indicazioni delle nuove normative antisismiche, era quella «…con ossatura portante in cemento armato e riempimento delle maglie con muratura di mattoni pieni fino alla gronda delle navate laterali ed in mattoni forati per tutta la rimanente altezza». La scelta urbanistica veniva indirizzata alla valorizzazione del nuovo edificio attraverso una nuova ricollocazione all’interno del tessuto urbano. Il sei settembre 1927, il parroco don Agostino Cicconi, con l’assistenza di monsignor Paolo Albera, vescovo di Mileto, per l’Opera Interdiocesana, affidavano all’Impresa del signor Girolamo Guarna il compito di eseguire i lavori entro sedici mesi dalla data di consegna avvenuta successivamente il giorno 9 novembre dello stesso anno, sotto la direzione dello stesso ingegnere Sante Cannizzaro. L’esecuzione dei lavori tuttavia ebbe a superare le scadenze contrattuali per il ritardo delle erogazioni dei pagamenti. Nel corso della seconda Guerra Mondiale la chiesa ebbe a subire danni per i bombardamenti effettuati durante lo sbarco anglo – americano. Nella relazione redatta dal parroco Ciccone si indica che «…parte centrale: tetto e terrazza laterale sfondati – cornice gravemente danneggiato – pareti in più punti forate – interno gravemente danneggiato da proiettili e schegge – vetri quasi tutti distrutti». Tra il marzo 1945 e l’anno successivo si eseguirono le lavorazioni necessarie per riparare i danni bellici ed assicurare la funzionalità della chiesa.

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