Quali sono i risvolti della crisi interna al partito di maggioranza?
La "colomba" Minniti nella Calabria «balcanica» del Pd
Federico Minniti
20 Febbraio 2017
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Primarie il 7 maggio, voto per le politiche a settembre. La scissione interna al Partio Democratica detta l'agenda politico-amministrativa a tutto il Paese. Cominciamo col dire che non ne sentivamo - per niente - l'esigenza. Mentre Emiliano, Rossi e Speranza consumavano lo strappo con Matteo Renzi, che - capestramente - aveva fatto tutto da solo rassegnando le dimissioni e "costringendo" il partito alla fase congressuale, in realtà si "suonava" il de profundis per l'esecutivo Gentiloni la cui scadenza non è stata determinata dalle Camere né dal Capo dello Stato, ma dall'assemblea del partito. Una scelta su cui nessuno vuole agitare una primogenitura. Ma adesso cosa succede? Al Parlamento gli "scissionisti" giurano fedeltà al premier seppur con gruppi autonomi, mentre nelle regioni si vanno delineando gli schieramenti pro e contro Renzi. In Calabria, in particolare, Mario Oliverio con la sua truppa di campioni di voti, da Nicola Adamo a Seby Romeo, seppur da sempre limitrofo al progetto renziano non intende staccare la spina al Pd. Anzi: la sua è una posizione "da battitore libero" all'interno del Partito. Una scelta mediana, la sua che si contrappone alla pletora dei seguaci del fiorentino capeggiati da Ernesto Magorno, ma con il duo degli young-boys reggini, Irto e Falcomatà, le nomination più forti per lo scarto generazionale voluto dalla seconda fase della "rottamazione". Di fatti in Calabria ci sono due Pd: quello di Oliverio e quello di Magorno, con quest'ultima nettamente maggioritaria, ma alla ricerca - spasmodica - di una leadership reale. Il parlamentare di Diamante non convince nemmeno Renzi e le fiches nelle mani degli enfant prodige potrebbero essere tante. Così la possibilità che Giuseppe Falcomatà entri nella nuova segreteria nazionale sono tutt'altro che peregrine. C'è però - nel marasma di un Partito Democratico mai realmente unito in Calabria - una figura di sintesi per i Dem. Il vero Kapò del Pd - a più livelli - è Marco Minniti. All'attuale ministro dell'Interno, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Massimo D'Alema, è dato il compito della "colomba". Il mediatore che dovrà rendere il meno dispendiosa l'emorragia dei vari Emiliano, Rossi e Speranza. Minniti, manco a dirlo, ha scelto il low profile: non è andato a costituire una propria corrente come altri colleghi ministri (Martina e Orlando docet), né tantomeno ha schiacciato la sua posizione su quella del segretario-dominus Renzi. Anzi: quando è stato posto il veto da Sinistra Italiana sui provvedimenti varati dall'attuale primo inquilino del Viminale, il rigido fronte della minoranza dem ha iniziato a scricchiolare. Così la partita in Calabria, tra protagonismi e doppi-giochi, in realtà potrebbe essere superata dal ruolo di primissimo piano dell'ex responsabile dei servizi segreti.
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