In questi ultimi anni, il tema delle “aree interne” del nostro Paese, è stato affrontato dai vescovi italiani, in specifici incontri che si sono svolti a Benevento, e che vedono ormai la partecipazione di numerosi vescovi non solo delle regioni meridionali, ma anche di altre parti d’Italia. Come sottolineato nell’ultimo incontro appena conclusosi nel capoluogo campano, che ha visto tra gli altri, la partecipazione di S.E. Mons. Fortunato Morrone, la Chiesa, guarda con profonda attenzione a questo tema e lo fa, leggendo come sempre nei segni dei tempi, per vedere a quali scelte guardare, avendo cura, non solo del creato, ma di quanti lo abitano.
La “X” zona pastorale dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova comprende sei comuni e 16 parrocchie. Il territorio, molto esteso, si sviluppa dalla montagna aspromontana fino al mare Jonio per complessivi 277.04 kmq e può essere annoverato, tra le zone economicamente povere del nostro Paese.
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Nell’ultimo bollettino, l’ISTAT, ci ricorda, che l’Italia, non solo stia progressivamente invecchiando, ma con il passare degli anni, veda ormai diminuire la sua popolazione.
La statistica demografica come scienza, può sembrare di per sé arida e senza senso, ma esprime in tutta la sua verità – quella appunto raccontata dai numeri – che i cambiamenti “statistici” in atto devono in ogni caso, trovare spazio, tra le tante parole di questo tempo. E fuor di dubbio, che lo spopolamento che questo territorio ha vissuto e continua a vivere ormai da diversi decenni, ha portato ad una diminuzione, della sua popolazione.
Al saldo naturale negativo, espresso dalla differenza tra nati vivi e morti, si lega anche quello migratorio, che ha ripreso a galoppare, considerando soprattutto l’endemica mancanza di occupazione, in modo particolare per le fasce giovanili. Solo negli ultimi 30 anni, analizzando i dati pubblicati dall’ISTAT, si rileva un decremento pari a 5730 unità, per una popolazione che è passata da 26309 abitanti nel 1991 a 20579 nel 2022.
A partire dai comuni interni, dove ormai sono rimasti complessivamente solo poco più di un migliaio di anziani, la restante parte delle famiglie “giovani” si sono trasferite in altre parti del territorio, o quanto meno, nei paesi costieri, che sono quelli, che ancora riescono ad assorbire la popolazione in transito.
L’indice di ricambio della popolazione si attesta su valori di per sé elevati e questo ci fa capire bene – se la tendenza continuerà ad essere questa – quale sarà lo scenario che si verrà a delineare in questa zona pastorale nei prossimi anni.
Le stesse parrocchie dei comuni interni, lentamente hanno visto aumentare il numero delle persone anziane, che le abitano, a fronte dei pochi giovani ormai presenti. Tale configurazione dell’area, ci interroga su quelle che possono o potranno essere le azioni da svolgere, per far sì che questo territorio, non scompaia definitivamente agli occhi di chi l’ha visto crescere nell’arco della storia.
Ne consegue che la fase demografica in atto, fa intravedere, un lento ma inesorabile declino, non solo numerico, bensì anche legato a tutte quelle forme di vita rurale, all’interno delle quali, nel tempo e nella storia, si è sviluppata una qualità della vita civile, sociale e religiosa che oggi rimane solo nell’idea e nel pensiero dei tanti anziani che ancora popolano questi centri. Le numerose chiese e parrocchie presenti in questo territorio, la vita stessa di San Gaetano Catanoso, ci hanno condotto a pensare a una fede e a una pietà popolare radicata nel tempo.
L’aspetto sinodale, è stato e sarà certamente anche nella sua fase successiva, oggetto di approfondimenti importanti su quello che è oggi il vivere la fede nella Chiesa attuale, ma ritengo, che unitamente a questo aspetto, occorra anche guardare al contesto territoriale e socio-culturale, non solo per coglierne i cambiamenti, ma anche per riproporre modelli di nuova evangelizzazione, in linea appunto con quelle che sono le prime indicazioni scaturite dai documenti sinodali.
Don Domenico Nucara, vicario della “X” zona pastorale della diocesi reggina, rimarca come, gli incontri sinodali che si sono tenuti nella nostra zona pastorale, sono diventati occasione, non solo d’incontro per discutere sui principali temi legati alla fede ed alle azioni pastorali da intraprendere, bensì anche per includere argomentazioni, che non possono essere e rimanere patrimonio solo per gli addetti ai lavori.
Occorre creare le premesse, non certo per aggiungere parole o pensare a grandi progetti, ma quantomeno discutere e confrontarsi, su questo momento storico, per arrivare ad una presa di coscienza delle problematiche ad esso connesse.
Nella due giorni beneventana, i vescovi, nella sintesi che hanno prodotto a conclusione dei lavori, hanno evidenziato come la presenza di sacerdoti, diaconi e laici sia stata sempre capillare giungendo fino alle estreme periferie di queste aree. Appare tuttavia evidente, come questa presenza, oggi, possa e deve continuare a essere riorganizzata, alla luce dei cambiamenti, non solo demografici – che in ogni caso sono quelli che immediatamente balzano all’attenzione – ma anche pastorali, individuando nuove sfide, che, non solo mantengano viva la fede, ma sappiano anche guardare con sempre più attenzione, ai bisogni ed alle relazioni, tra quanti vivono in queste aree.