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I seminaristi del Seminario arcivescovile "Pio" XI di Reggio Calabria hanno preso parte alla catechesi sul discernimento guidata da papa Francesco in occasione dell'udienza generale del mercoledì in Piazza San Pietro. Un'esperienza nuova, vissuta anche nell'incontro col Santo Padre.
La comunità del Seminario arcivescovile "Pio XI" di Reggio Calabria - Bova ha preso parte, questa mattina, all'udienza generale del Papa a Piazza San Pietro. Insieme ai seminaristi, al rettore don Antonino Pangallo e all'equipe formativa c'erano anche l'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, monsignor Fortunato Morrone, il vescovo di Morondava (diocesi del Madagascar gemellata con quella reggina), monsignor Marie Fabien Raharilamboniaina, il vicario generale, monsignor Pasqualino Catanese e il segretario del vescovo, don Nino Ventura.
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Al momento dei saluti, il Santo Padre ha rivolto «un saluto particolare» proprio ai seminaristi di Reggio Calabria. I giovani entusiasti di questa esperienza romana, al termine dell'udienza, insieme all'equipe formativa, al vescovo Morrone, al vescovo di Morondava, al vicario generale e a don Ventura, hanno incontrato papa Francesco al quale hanno fatto dono di una copia dell'icona della Madre del Fiat, esposta e venerata nell'omonima cappella del Seminario Pio "XI".
È stata un'occasione di arricchimento per i giovani seminaristi reggini impegnati nel loro cammino formativo e vocazionale. Nell'udienza generale, il Pontefice ha proseguito, infatti, la catechesi sul discernimento, soffermandosi, quest'oggi, su «un altro ingrediente indispensabile», legato alle scelte di ciascuno: «La propria storia di vita».
«La nostra vita - ha detto il Papa - è il libro più prezioso che ci è stato consegnato, un libro che tanti purtroppo non leggono, oppure lo fanno troppo tardi, prima di morire. Eppure, proprio in quel libro si trova quello che si cerca inutilmente per altre vie».
Come Sant'Agostino, ha proseguito Bergoglio, «molte volte abbiamo fatto anche noi l'esperienza di ritrovarci imprigionati da pensieri che ci allontanano da noi stessi, messaggi stereotipati che ci fanno del male: "io non valgo niente", "a me tutto va male", e tu vai giù, "non realizzerò mai nulla di buono", e tu vai giù… E così è la vita: queste frasi pessimistiche che ti buttano giù». Ma leggere la propria storia, ha detto ancora, significa anche riconoscere la presenza di questi elementi tossici, ma per poi allargare la trama del nostro racconto, imparando a notare altre cose, rendendolo più ricco, più rispettoso della complessità, riuscendo anche a cogliere i modi discreti con cui Dio agisce nella nostra vita».
Il discernimento, in altre parole, «ha un approccio narrativo», ha spiegato Francesco, «non si sofferma sull’azione puntuale, la inserisce in un contesto: da dove viene questo pensiero? Dove mi porta questo che sto pensando adesso? Quando ho avuto modo di incontrarlo in precedenza? È una cosa nuova o altre volte l’ho trovato? Perché è più insistente di altri? Cosa mi vuol dire la vita von questo?».
«Il racconto delle vicende della nostra vita consente anche di cogliere sfumature e dettagli importanti, che possono rivelarsi aiuti preziosi fino a quel momento rimasti nascosti», ha assicurato il Papa. «Una lettura, un servizio, un incontro, a prima vista ritenuti cose di poca importanza. Ma nel tempo successivo trasmettono una pace interiore, trasmettono la gioia di vivere e suggeriscono ulteriori iniziative di bene. Fermarsi e riconoscere questo è indispensabile, è importante per il discernimento, è un lavoro di raccolta di quelle perle preziose e nascoste che il Signore ha disseminato nel nostro terreno».
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Da qui l'invito del Santo Padre: «Abituarsi a rileggere la propria vita educa lo sguardo, lo affina, consente di notare i piccoli miracoli che il buon Dio compie per noi ogni giorno».
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