Avvenire di Calabria

Laico impegnato del quartiere che ricade nella Vallata del Sant'Agata. Vi proponiamo il ricordo della figlia Angelica.

La parrocchia di San Sperato ricorda Giuseppe Cosentino

Ricorre un anno dalla sua dipartita. Una testimonianza di servizio che ha lasciato il segno nella sua comunità d'appartenenza

di Angelica Cosentino

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

La parrocchia di San Sperato ricorda Giuseppe Cosentino. Laico impegnato del quartiere che ricade nella Vallata del Sant'Agata. Vi proponiamo il ricordo della figlia Angelica.

La parrocchia di San Sperato ricorda Giuseppe Cosentino

Ho avuto qualche reticenza nello scrivere questa testimonianza nei riguardi di mio padre, perché significherebbe svelare tanti segreti custoditi gelosamente nel grande tesoro della nostra famiglia, ma le diverse attestazioni e riconoscenti di quanti l’hanno conosciuto e apprezzato come uomo e cristiano, mi hanno spinto a scrivere alcuni passaggi ed aneddoti che hanno caratterizzato la sua storia di padre, lavoratore e custode di grandi valori.

Il suo nome “Giuseppe” in onore a San Giuseppe, rivelato da S. Giuseppe in sogno a mia nonna, in attesa di mio padre, dopo aver perso precedentemente due figli appena nati. “Nomen omen”, tutta la sua vita è intessuta da una fede straordinariamente vissuta nel quotidiano dei suoi affetti, del suo lavoro e delle sue relazioni. Cresciuto all’ombra della parrocchia di San Sperato, non solo per la vicinanza della sua abitazione alla chiesa, ma anche perché la sua vita era scandita dai rintocchi del campanile che lo invitava alla partecipazione di tutti gli eventi celebrativi della comunità parrocchiale.


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


E come non ricordare quando il vecchio parroco Mons. Antonino Iaria lo chiamava per spostare dalle loro nicchie le pesanti statue di San Sperato, della Madonna della Catena e di San Giuseppe per le celebrazioni solenni. Ancora una volta con le sue braccia forti ed abili abbracciava le statue con rispetto e devozione affinché tutti potessero seguirle nelle processioni del quartiere. Nel lontano 1969 il nostro parroco Mons. Iaria, in occasione della visita pastorale dell’amato e venerabile Mons. Giovanni Ferro presso la nostra parrocchia, organizzò la visita agli infermi, per cui venne a casa nostra, dove vivevano con noi i nonni materni di mia madre, mia nonna paralizzata e il nonno cieco.

Ben presto lo straordinario e poliedrico arcivescovo spostò l’attenzione del suo sguardo paterno e benedicente verso la nostra famiglia, lodando l’operato e il servizio dei miei genitori verso la vita nelle sue diverse fasi, mia madre in attesa dell’ultimo figlio e mio padre in braccio la sorella più piccola. Un episodio significativo è stato quando in occasione della processione in onore a San Sperato, il parroco aveva autorizzato i portatori che la Vara potesse avvicinarsi alla nostra casa affinché i nonni potessero rendersi partecipi. Quel giorno, tutti eravamo alla processione, l’unico rimasto in casa era mio padre, bloccato dalla schiena, ma voleva che la nonna potesse avvicinarsi alla finestra come ogni anno. Con qualche sforzo rialzò la nonna immobile per farla sedere sulla poltrona. Con grande stupore si accorse di non avere più il dolore e di camminare con grande disinvoltura. Quando rientrò in anticipo a lavoro, il direttore confuso e stupito per l’accaduto, lo accolse con serenità perché conosceva la sua integrità morale e non avrebbe mai falsato la realtà.

Con dignità e grande umiltà ricevette nel 1986 il riconoscimento insigne di “Cavaliere del Lavoro” dalle mani del Presidente dell’Eni di allora Mario Monti. Un giorno mentre si recava a lavoro, sulla via Galileo Galilei si avvicina uno studente alla ricerca di una firma falsa per giustificarlo per aver marinato la scuola, mio padre sempre gentile con tutti, si rifiuta aspramente alla proposta del ragazzo, adducendo motivazioni significative riferite alla sua persona e alla fatica per affermarsi nel lavoro. Il ragazzo sbarbatello ed esuberante di prima diventò adulto responsabile e professionista affermato, in un incontro successivo riconoscente lo ringraziava per il gesto di mio padre e soprattutto per aver apprezzato il grande valore della scuola. Mia madre, da brava catechista, era la maestra con le parole e la testimonianza di vita, mio padre, testimone fedele al suo Santo, uomo dei gesti. Tutte e due concordi nell’accoglienza e nell’ospitalità, sempre pronti nel condividere a tavola con gli altri in una generosità a dismisura.


PER APPROFONDIRE: Mimmo Leo, il ricordo grato della parrocchia della Cattedrale


Come non ricordare l’apertura della nostra casa all’accoglienza dei missionari francescani o il gemellaggio di un coro francese, tutto poteva realizzarsi grazie all’apertura e la disponibilità grande di mio padre, sempre in prima linea con tutti i parroci della parrocchia. Uomo di carità, vissuta nel silenzio eloquente, ricordo con commozione un episodio emblematico che ancora una volta rivela la sua grandezza di animo. Era un giorno di inverno freddo e rigido, come ogni sera andavamo a trovare i nonni paterni e dopo i nonni materni, al rientro incontriamo una signora ripiegata e aggrovigliata su stessa in una solitudine inaudita che nascondeva le sue fragilità. La prese in braccio e l’accompagnò alla sua casa, nonostante qualche nostra resistenza. Ricordo ancora il silenzio luminoso che regnava lungo tutto il tragitto buio di quella strada, ma soprattutto il profumo soave della carità.
Don Giorgio Costantino divenuto parroco della nostra parrocchia, provocò i giovani di A.C. a ristrutturare la casa di questa signora, prima benestante, ma per l’egoismo e l’indifferenza di alcuni e per la sua fragilità, divenne povera e sola. Alcuni giovani smantellarono quel tugurio di casa per dare dignità e decoro a questa donna.

Quando la malattia bussò alla sua porta, troverà il Giuseppe di sempre, da grande camminatore per far visita agli anziani e agli amici del quartiere, il suo letto diventerà “altare” e “cattedra”. Altare perché offrirà quotidianamente ogni suo istante di vita a Cristo, riconoscente di tanti doni elargiti in tutta la sua vita, sempre in preghiera con il rosario e con il sorriso sul suo viso.
Cattedra perché insegnava a noi figli la grandezza della fede e della vita cristiana. La sua generosità e la condivisione continuavano ancora nei suoi vari gesti. A distanza di un anno siamo convinti che nostro padre sia stato accolto dalle braccia paterne di Dio e possa godere la luce della beatitudine celeste. Un ringraziamento speciale al parroco Don Giuseppe Dieni per il suo supporto spirituale sempre costante e sollecito verso mio padre. Alla fine come figli possiamo affermare con Sant’Agostino: “ Ti ringraziamo Signore per averci donato un padre straordinario, certi che non perderemo mai coloro che abbiamo amato…”.

Articoli Correlati