Avvenire di Calabria

La proposta della Fuci: l’Università diventi Comunità

La vita associativa: «È una scelta di vita che ti permette di dare importanza a qualcosa oltre un interesse personale, di spenderti per il bene comune»

Mara Tessadori

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Luigi Santoro è vicepresidente della Fuci, Federazione universitari cattolici italiani, che nei giorni scorsi ha celebrato a Reggio il 67° Congresso Nazionale.
Da diversi anni Luigi vive a Roma, dove sta vivendo questa esperienza di “volontariato associativo”. «È una scelta di vita che ti permette di dare importanza a qualcosa oltre un interesse personale, di spenderti per un bene che sia comunitario», ci spiega il vicepresidente Fuci. «Trasferirsi in una città completamente diversa per dimensione, abitudini, velocità non è semplice e non mancano i momenti in cui si sente la malinconia per la propria terra e per la propria famiglia. Sono molto legato alla Calabria, a Reggio e al paese dal quale provengo, Diminniti. Nonostante ciò, però, vivere almeno un periodo della propria vita in un contesto culturale differente rispetto a quello a cui siamo abituati e cre- sciuti ci permette di guardare il mondo con occhi nuovi e andare oltre i nostri limiti, per apprezzare ancora di più anche la nostra terra ogni volta che se ne fa ritorno. È stata per me la prima esperienza fuori casa e mi ha permesso di portare la mia cultura e le mie abitudini in altri luoghi, contestualizzandoli all’ambiente che ora vivo. È una scelta che si fa da giovane, ma che darà benefici per tutta la vita perché ti permette di ricalcolare il valore degli affetti e degli impegni quotidiani».

Essere universitari e parlare di universitari: quali possono essere i limiti e i vantaggi di essere soggetto e oggetto della riflessione?
Sicuramente il limite principale è quello di essere coinvolti direttamente e, potremmo dire, emotivamente nella riflessione che si sta compiendo. Questo però potrebbe essere anche un aspetto positivo in quanto capiamo e conosciamo direttamente le problematicità che un universitario si trova a vivere ogni giorno.

Il vostro tema dell’anno è “Su una strada comune – Testimoniare un orizzonte di ricerca”: quanto è importante per un giovane oggi sentirsi parte di un’esperienza di gruppo come quella che offre la FUCI?
Far parte di un gruppo è un’esigenza naturale per qualsiasi giovane. Il fatto di far parte di un gruppo all’interno dell’università che ti permette di integrare approfondimento culturale e spirituale è fondamentale per uno studente: ti aiuta a sentirti meno disorientato in Ateneo e a crescere anche nelle dinamiche tipiche delle comunità dove è necessario coordinarsi e collaborare, a prescindere da legami di amicizia esistenti in precedenza.

Come mai è stata scelta questa tematica?
Pensiamo che nell’anno in cui la Chiesa tutta si sofferma a riflettere su una tematica così importante come “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, noi, giovani studenti universitari, dobbiamo essere i primi a porci in ragionamento diventando soggetto oltre che oggetto del tema. Abbiamo cercato di restringere il range delineato da Papa Francesco (19–30 anni) alla fascia compresa tra i 20 e i 25 anni circa, che vive un ambiente particolare ogni giorno: l’Università. Cosa significa essere universitari oggi è la domanda da cui siamo partiti. Questa generazione deve avere la capacità di rigenerarsi, nel senso di reinventarsi, di ascoltarsi e di orientarsi. Perdere l’identità è spesso molto facile in una società dove si è obbligatoriamente iperconnessi, ma dove non ci si ascolta abbastanza. L’altro diventa qualcosa di estraneo nonostante sia seduto accanto a noi ogni giorno tra i banchi dell’Università. Ecco perché crediamo che approfondire questo tema sia il primo modo per trovare e costruire nuove modalità per vivere questo luogo a noi tanto caro.

Articoli Correlati