Avvenire di Calabria

Precetto Pasquale. Ha destato non poche perplessità la decisione presa lo scorso marzo dal Consiglio di Stato

La scuola alleni la tolleranza

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

di Pietro Sergi * - Ha destato non poche perplessità la decisione presa lo scorso marzo dal Consiglio di Stato, che stabilisce che il rito cristiano della benedizione pasquale per studenti, docenti e per tutto il personale scolastico, è legittimo se avviene in un orario fuori dalla normale attività scolastica, in quanto in alcun modo incidente «sullo svolgimento della didattica e della vita scolastica in generale».
Tale sentenza accoglie il ricorso del Ministero dell’Istruzione, in seguito all’accesa polemica iniziata due anni fa con il complicato caso dell’Istituto comprensivo 20 di Bologna, il cui Consiglio d’Istituto aveva autorizzato alcuni sacerdoti, che nel marzo 2015, avevano chiesto di portare la benedizione pasquale alla comunità scolastica. Davanti a questa pacifica delibera della scuola e alla sua realizzazione, c’era stata la reazione immediata di un gruppo di genitori e docenti che, ritenendola illegittima, aveva richiesto l’annullamento presso il Tribunale Amministrativo della Regione Emilia Romagna, sostenuti dal comitato bolognese Scuola e Costituzione. La vicenda era arrivata anche sulle pagine dei giornali esteri, dal New York Times allo spagnolo El Paìs, quale sentito dibattito sulla salvaguardia del confine tra Stato e Chiesa, ovvero, come si era espresso il Tar, sul confine tra la sfera individuale e quella pubblica, dato che, a suo giudizio: «La scuola non poteva essere coinvolta in un rito attinente unicamente alla sfera individuale di ciascuno». Tutta la questione sembra giocarsi su quanto si consideri effettivamente rilevante ed incidente nella vita sociale la dimensione religiosa dell’uomo e i suoi interessi in tale ambito.
In altri termini, torna ciclicamente il dibattito su cosa sia davvero “laicità” e “laicità dello Stato” e sembrerebbe riportare alla luce la sopita ma mai del tutto accettata questione dell’Insegnamento della Religione nelle scuole, dei crocifissi presenti negli spazi pubblici, insomma... la vexata quaestio di cosa sia “laicità” e “laicità della Scuola” e a fortiori, “dello Stato”. Non intendo lanciarmi nelle solite considerazioni teoriche, pur affermando senza esitazione il fatto che a partire dal cosiddetto editto di Costantino, lo Stato è concepito come laico se permette la sussistenza e la libertà dell’espressione della coscienza di ogni individuo anche nella vita pubblica. Ma vorrei entrare nella discussione descrivendo una esperienza personale in cui mi sono accorto da quanto accadeva che l’uomo è “uno” e che tutto ciò che è autenticamente umano unisce e serve a costruire la società e la pace. L’anno scorso sono stato invitato al preside di un Istituto Professionale della città, dove, nell’ambito di un progetto sulla educazione alla convivenza e alla pace, gruppi di ragazzi egiziani copti, mussulmani e italiani hanno organizzato un momento di confronto e di preghiera usando la poesia e il canto delle rispettive tradizioni per manifestare il valore della persona e il desiderio di pace.
Docenti, insegnanti e personale scolastico erano calamitati da quanto stava avvenendo, veniva messo in scena il cuore umano nella sua povertà e nel suo bisogno di accogliere e di essere accolto, esprimendo nella propria tradizione e nel proprio linguaggio la propria fiducia davanti al Mistero di Dio e della vita, davanti al destino dell’uomo e questo ha dato dei frutti ricchi di umanità. E che cosa è la scuola, se non una palestra di umanità, in cui l’essere umano è guardato e accolto in tutte le sue dimensioni? È vero che solo la cristallizzazione dell’uomo in principi precostituiti e preconfezionati può minacciare davvero la libertà e la pace. Per questo, fatto salvo l’orario scolastico e rispettando coloro che non si sentono di partecipare a momenti confessionali: aspettiamo di vedere i frutti di un modo sereno di guardare anche al contributo umano e sociale che ogni religione portare in tutti gli ambiti della convivenza umana.

* direttore Ufficio Servizio diocesano Irc

Articoli Correlati