La solidarietà calabrese dopo Chernobyl, ecco la casa di Dima
Nel cuore degli anni ’90, la famiglia Bellè aprì la porta a un piccolo orfano: cinque estati di condivisione e un’amicizia per la vita
di Mariarita Sciarrone
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Il bimbo, rifiutato da un’altra famiglia per via della psoriasi, trovò accoglienza e calore nella casa di Fiorella e Saro, genitori di quattro figli
Era l’inizio degli anni ’90 quando un moto di solidarietà attraversò tutta l’Italia, da sud a nord, per ospitare i bambini di Chernobyl. Si stima che nel nostro Paese siano arrivati oltre 650mila minori provenienti dalle zone contaminate, grazie a quelli che tecnicamente si definiscono “soggiorni terapeutici di risanamento”. Tra le tante famiglie calabresi che decisero di accogliere i piccoli provenienti da quelle aree, c’era la famiglia Bellè. Fiorella Ottanà, insieme al marito Saro e ai loro quattro figli, decise di ospitare un bambino bielorusso, Dima, rendendolo parte integrante di una casa già piena d’amore. Abbiamo ripercorso insieme i momenti più intensi di un’esperienza di ospitalità e condivisione che ha segnato la vita di tutti, regalando a Dima una seconda famiglia.
Come siete venuti a conoscenza del progetto di accoglienza per i bambini provenienti dalle zone colpite dal disastro di Chernobyl e cosa vi ha convinti ad aderire, nonostante aveste già quattro figli? L’associazione Arcobaleno aveva in atto un programma di ospitalità per i bambini della Bielorussia, in particolare dalle aree vicine a Chernobyl. Nel 1996 ci propose di accoglierne uno e noi accettammo con entusiasmo. All’epoca avevamo già quattro figli, negli anni successivi ne sarebbe arrivato un quinto, ma pensammo che aprire la nostra casa a un bambino in più non sarebbe stato un problema. Inizialmente ci fu assegnata una bambina della stessa età di Martine, la nostra terza figlia.
Dopo un’intera giornata di attesa, finalmente i bambini arrivarono in pullman la sera tardi. Erano tutti spaesati, non comprendevano la lingua ed erano accompagnati da una guida a cui fare riferimento per eventuali necessità. Ci fornirono un piccolo dizionario che però era in lingua russa, ma eravamo tutti e sei convinti che ci saremmo comunque capiti.
Cos’è successo quando avete incontrato Dima per la prima volta? Dima, aveva una gravissima ed evidente forma di psoriasi. La famiglia affidataria cui era destinato lo rifiutò istantaneamente. In quel momento ci fu un attimo di panico, forse fu più indignazione. Io e mio marito, insieme ai nostri figli, ci siamo guardati negli occhi e senza dire nulla, bastò guardare questi fantastici occhi blu che immediatamente abbiamo dato la nostra disponibilità ad accoglierlo a casa nostra. Fu veramente amore a prima vista. Il più contento fu il nostro figlio minore, Norman, che nonostante avesse cinque anni in meno capì subito che avrebbe avuto un compagno di gioco. In generale, Dima fu accolto da tutti con grande gioia, senza alcuna riserva.
Come avete affrontato questa sua fragilità e in che modo si è integrato nella vostra famiglia? Dima aveva un casco corneo di oltre due centimetri solo sulla testa, per non parlare delle lesioni sul resto del corpo. La prima cosa che facemmo all’epoca fu quella di contattare un dermatologo che lo visitò, ci indicò la cura da fare e ci disse che il bambino aveva bisogno di sole, mare e tanta pazienza. Seguimmo la cura in maniera maniacale con le creme, le medicine e tutto ciò di cui aveva bisogno per alleviare soprattutto il fastidio. Nel giro di dieci giorni, le croste scomparvero quasi del tutto e il casco corneo sulla testa iniziò a regredire. Dima ha imparato l’italiano in tempi brevissimi e malgrado tutto quello che aveva passato, era un bambino gioioso.
Una tragedia nella tragedia di Chernobyl
Viveva in un orfanotrofio, aveva perso il padre, la madre era morta in circostanze drammatiche nell’incendio della propria casa e la sorella dopo il matrimonio non voleva più occuparsi di lui. Nonostante ciò era sereno e con una passione smodata per la meccanica, smontava e rimontava tutto, biciclette, piccoli attrezzi, radio. Lo abbiamo ospitato per cinque anni di seguito tentando anche la strada dell’adozione, ma purtroppo all’epoca non c’erano trattati tra l’Italia e la Bielorussia e non ci riuscimmo.
Ci sono episodi o aneddoti che ricorda con particolare emozione o che l’hanno divertita durante la convivenza con Dima? Un aneddoto fu quando la camera che ospitava Dima fu invasa dalle formiche. Io non riuscivo a capire come mai fosse successa questa cosa, fin quando non scoprìì che lui nascondeva le banane, che adorava peraltro, sotto il materasso, mangiandone solo la metà perché pensava che non potesse prenderne più di una e conservava l’altra metà sotto il materasso. Ovviamente gli abbiamo fatto capire che non c’era bisogno di nasconderle perché ne avrebbe potuto mangiare a volontà e questo mi ha poi permesso ovviamente di debellare le formiche in casa. Poi mi spiegò che lo fece perchè in orfanotrofio doveva nascondere tutto, soprattutto il cibo per evitare che gli altri bambini lo rubassero.
Un’altra cosa che ci fece ridere tantissimo o meglio che lo fece ridere tantissimo fu quando capì il significato del mio nome. Mi portò in balcone e mi fece vedere i fiori, i fiori di una bellissima pianta di geranio e ridendo come un matto mi disse ma ti chiami come un fiore? Quella frase mi colpì a tal punto che decisi di usare proprio quella parola (che naturalmente non posso rivelare) come password.
Avete mai attraversato momenti di difficoltà o di incomprensione con Dima? L’ultimo anno, quando poi lui già sapeva che non sarebbe più potuto tornare in Italia perché avrebbe compiuto 16 anni e non sarebbe stato più possibile partecipare al progetto, la sorella gli consigliò di prendere delle cose di nascosto, degli oggetti per portarli in Bielorussia. Lui ce li restituì perché me ne accorsi subito, ma erano degli oggetti veramente di poco valore, a farci rimanere male fu il gesto. Nonostante ciò, l’ultimo l’ultimo anno gli regalammo una bellissima bicicletta che lui portò in Bielorussia e tuttora ogni volta che mi scrive mi chiede sempre scusa per quel gesto, dicendo che era un ragazzo veramente stupido che si era fatto convincere dalla sorella e scrivendomi frasi del tipo «io ti chiederò sempre perdono per questa cosa perché da voi ho ricevuto affetto e tanto amore».
Com’è il vostro rapporto con Dima oggi, ora che è adulto e ha una famiglia propria? Adesso Dima è un uomo di 40 anni, si è sposato e ha una bambina bellissima e lavora in una concessionaria di auto e si occupa proprio di tutta la parte meccanica. Ricorda perfettamente l’italiano perché ha voluto studiarlo e lo sta insegnando alla figlia per quando verrà in Italia a trovarci, per rivederci. Me lo ha promesso e sono sicura che prima o poi me lo ritroverò dietro la porta e sarà una gioia poterlo riabbracciare. E questa è la nostra storia con Dima.
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