Domani in edicola fra fede e attualità: Scuola Biblica Paolina, sfide educative e celebrazioni mariane
Torna domani in edicola l’appuntamento con il settimanale diocesano dell’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova
Da più di un decennio ormai stiamo vivendo una nuova era, potremmo definirla l’era della gastronomia o l’era del food, o come afferma l’antropologo Franco La Cecla: l’era del Babel food, ossia della grande spettacolarizzazione globale del cibo immersi in una sorta di torre di Babele degli alimenti.
I canali televisivi che dedicano spazio al “Buon cibo” (se ne contano ben 142 solo in Italia) trasmettono senza interruzione varie competizioni tra Prove del Cuoco, chef divenuti ormai star mediatiche dell’arte culinaria, ricettari best-seller di suore, preti e attrici, cucine etniche, consigli dietetici, gente che al ristorante fotografa il piatto per postarlo sui social, fiere locali, sagre e rivendicazioni di appartenenza ai più svariati stili alimentari: carnivori, onnivori, vegetariani, vegani, crudisti, etc.
Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE
Non mancano poi quei programmi televisivi trash come ad esempio Uomo contro cibo o Unti e bisunti dove il protagonista si ingozza all’inverosimile di panini, bistecche e altro fino a vomitare.
Il mangiare, più che esigenza nutrizionale – come afferma Andrea Tagliapietra, Professore ordinario di Storia della filosofia e vicepresidente della Società Italiana di Storia della filosofia nel suo libro The Philosophy and Poetry of food – è divenuto un autentico fenomeno sociale, una pratica più discorsiva e rappresentativa che gustativa o fisiologica.
Muovendoci all’interno di questo, sotto certi versi, triste panorama, c’è da dire, però, che il consumatore, immerso fino al collo in questa spettacolarizzazione del cibo, è sempre più attento alla qualità e orienta i suoi acquisti verso quei prodotti locali, a Km zero, eco-solidali, sostenibili, preferendo alimenti con segni identificativi del territorio come DOP, DOC e IGP.
La Denominazione di Origine Protetta (DOP) garantisce che un prodotto è stato coltivato, prodotto e trasformato in una determinata area geografica. Gli standard di qualità e le caratteristiche del prodotto sono strettamente legati all'ambiente naturale e alle tradizioni locali.
PER APPROFONDIRE: Turismo delle radici e cibo: la Calabria è al primo posto
La Denominazione di Origine Controllata (DOC) è un marchio utilizzato principalmente per i vini e assicura che un vino provenga da una determinata regione e rispetti rigorosi standard di produzione. Un vino DOC deve essere prodotto con uve coltivate in una zona specifica e rispettare un disciplinare che ne definisce le caratteristiche.
L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) indica che almeno una fase della produzione, trasformazione o elaborazione del prodotto avviene in una determinata area geografica. Questo marchio garantisce che il prodotto abbia una qualità o una reputazione legata al luogo di origine.
Le certificazioni DOP, DOC e IGP assicurano che il prodotto sia stato sottoposto a rigorosi controlli di qualità, riducendo il rischio di frodi e contraffazioni alimentari. Questo significa che possiamo essere certi di consumare alimenti genuini e sicuri per la nostra salute, conservando le tradizioni locali e le tecniche di produzione che sono state tramandate nel tempo.
Questo ci permette di gustare sapori autentici e di alta qualità. L’approccio dell’Unione Europea alla sicurezza alimentare si basa sul presupposto che i cittadini devono avere accesso a cibi sicuri e sani in un’ottica di Food Safety and Food Security.
Le certificazioni, inoltre, tengono conto della tutela della salute e del benessere degli animali, della salute vegetale e dell'ambiente, garantendo che ciò che mangiamo sia sicuro e prodotto in modo sostenibile. Scegliere questi prodotti significa sostenere l'economia locale e contribuire alla conservazione del patrimonio culturale e gastronomico.
Adesso siamo anche suWhatsAppnon perdere i nostri aggiornamenti: VAI AL CANALE
Non dimentichiamo nemmeno che, pur vivendo nell’era della spettacolarizzazione del food, esiste il cosiddetto paradosso alimentare: una situazione in cui nel mondo ci sono persone che muoiono per aver troppo accesso al cibo ed altre che muoiono di stenti e di fame.
La FAO ci avvisa che a tutt’oggi un nono della popolazione mondiale, pari a circa 800 milioni di persone, soffre di malnutrizione. Mangiamo bene e sano, ma riduciamo gli sprechi alimentari e soprattutto ricordiamo che il cibo è dono, condivisione, convivialità.
* Tecnologo Alimentare
Torna domani in edicola l’appuntamento con il settimanale diocesano dell’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova
Sono stati giorni anche di scambio di conoscenza ed esperienza sul campo per i presenti
Ad illustrarlo il commissario della Fondazione Anton Giulio Grande e il direttore Luciano Vigna La