Avvenire di Calabria

Il vescovo emerito di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, ha celebrato una messa presso il Santuario paolano

La supplica di protezione dai terremoti a San Francesco di Paola

L'occasione è data dal ricordo del sisma del 1783 che proprio nei giorni tra il 5 e 7 febbraio sconvolse la vita dei calabresi

di Luigi Renzo *

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La supplica di protezione dai terremoti a San Francesco di Paola. Il vescovo emerito di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo, ha celebrato una messa presso il Santuario paolano. L'occasione è data dal ricordo del sisma del 1783 che proprio nei giorni tra il 5 e 7 febbraio sconvolse la vita dei calabresi.

La supplica di protezione dai terremoti a San Francesco di Paola

Si racconta che quando S. Francesco doveva lasciare Milazzo in Sicilia per far ritorno a Paola, la gente lo supplicava di non abbandonarla e gli chiesero almeno di lasciar loro un dono. S. Francesco rispose di non aver nulla da lasciare in dono, ma in compenso promise che li avrebbe protetti in occasione dei terremoti. Forte di questa promessa, la gente si sentì tranquillizzata ed ancora oggi si sente protetta dal nostro Santo di Paola.

Noi siamo qui stasera, come dicevo, per ringraziare il Signore e S. Francesco per la protezione sulla popolazione di Paola e dintorni nel terremoto del 1783, che colpì mortalmente soprattutto la Calabria centro-meridionale. Mileto, dove sono stato Vescovo fino a qualche mese fa, venne completamente rasa al suolo, tanto che si dovette ricostruirla ex novo in un sito diverso più lontano dal primo, quello dove sorge attualmente.


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In quella diocesi il convento di S. Francesco a Soreto, presso Dinami (VV), per esempio, andò completamente distrutto, malgrado le sue forme murarie colossali. Ancora oggi fanno impressione quei resti così massicci eppure maciullati dal terremoto. Questo sta a dire la violenza di quel terremoto che è stata avvertita comunque in quasi tutta la Calabria. Ecco perché stasera rinnoviamo questa bella tradizione di memoria storica che ci consente di ringraziare il Signore per quello che è avvenuto e per chiedere di essere preservati da ogni calamità fisica e morale.

A ben vedere, oggi stiamo subendo un altro terremoto dalle scosse infinite che non vogliono smettere. Uno sciame sismico di cui non vediamo la fine. Mi riferisco alla pandemia del coronavirus che come un tremendo terremoto infinito sta mietendo vittime senza fine. Vogliamo chiedere l’intercessione di S. Francesco perché nel nome del Signore possiamo essere liberati anche da questo terremoto.

Ma c’è un altro terremoto in corso, da cui abbiamo bisogno di essere protetti: mi riferisco a quella che gli studiosi chiamato “religiosità liquida”, quel modo di vivere, cioè, l’appartenenza religiosa senza né arte, né parte; una religione senza identità, senza vitalità e quasi dalle radici inaridite. Basta vedere come oggi, in quello che facciamo, ci comportiamo come se Dio non esistesse; non esistono i comandamenti, ma ognuno si fa le sue regole; tutti ci prendiamo la libertà di consentirci qualsiasi cosa indipendentemente dagli altri.

Vi dice niente quello che è avvenuto nei giorni scorsi a Sanremo, in nome di una presunta libertà di espressione e delle ragioni dello spettacolo? Quel tizio che, per farsi notare, purtroppo nell’indifferenza generale (non so se è stato applaudito), si permette di irridere pubblicamente sul palco il rito del Battesimo, sacramento basilare della nostra fede, su cui si fonda la nostra identità cristiana e la nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Anche se non si è credenti, è giusto ridicolizzare la religione degli altri? E non parlo solo della religione cristiana.


PER APPROFONDIRE: San Francesco di Paola: «Sempre al fianco degli ultimi»


E’ una grave offesa a tutti noi credenti, che non possiamo assistere passivamente a tutto ciò che passa per la testa di chiunque; ed è offesa grave al Signore e a Gesù che del sacramento del Battesimo ci ha fatto dono per essere salvati e diventare figli di Dio.

Il Gesù a cui ci riferiamo è lo stesso di cui ci ha parlato il vangelo di Marco (6, 53-56). Il vangelo non è una favola per addormentare i bambini, ma ancora oggi ci fa accostare a quello stesso Gesù, che, nella sua amabilità, si è commosso davanti a quella gente smarrita e bisognosa di attenzione e di aiuto. Abbiamo ascoltato di quella gente che, accorsa da ogni dove, deponeva davanti a Lui “i malati e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati”. E’ una folla di malati che si stringe attorno a Gesù per poterlo toccare ed essere guariti. E Gesù non resta a guardare, ma interviene e guarisce quei malati.

E’ chiaro che non basta vedere ed ascoltare Gesù; non basta nemmeno sentir parlare di Lui. Occorre toccare e farsi toccare da Gesù. Occorre cioè un rapporto personale con Gesù che cambi la vita nella concretezza dei fatti e delle scelte che facciamo. Ricordiamo quell’altro episodio della donna che da diciotto anni soffriva di perdite di sangue ed acquistò la salute dopo aver toccato Gesù. Ma la sola guarigione fisica a Gesù non basta e non si lascia sfuggire l’occasione per stabilire con quella donna un rapporto diretto: “Donna la tua fede ti ha salvato”, non solo aver toccato il mantello. Da oggi tu sarai diversa. Ecco quello che conta quando noi ci mettiamo in rapporto con Gesù. Nulla resta più come prima. L’incontro con Gesù ci cambia dentro. Se questo non avviene perdiamo l’occasione.

Di fronte al male di cui siamo circondati, cosa possiamo fare? Mantenere risentimento per le offese ricevute? Vendicarci? Stare a guardare? C’è un’altra via che possiamo seguire, quella della responsabilità: lasciarci toccare, guarire da Gesù, cambiare le cose con Lui dentro di noi e intorno a noi.

Voglio concludere richiamando quell’altra figura di donna straordinaria dei nostri tempi: S. Madre Teresa di Calcutta, che con S. Francesco ha una grande affinità: entrambi si sono lasciati guidare dalla carità, dall’amore verso il prossimo ed il prossimo più disgraziato.

Una volta un giornalista, con un pizzico di cattiveria, disse a Mr. Teresa:

-  “Madre, lei ha 70 anni. Quando lei morirà il mondo sarà come prima. Perché faticare tanto? Non vale la pena di fare tanta fatica: il mondo non cambierà”.

Madre Teresa, col suo solito sorriso sulle labbra, gli rispose:

 -  “Vede, io non ho mai pensato di cambiare il mondo! Ho solo cercato di essere una goccia pulita nella quale potesse riflettersi il volto misericordioso di Dio. Le pare poco?”

Dopo qualche istante di silenzio, di nuovo rivolta verso il giornalista:

 -  “Cerchi di essere anche Lei una goccia pulita e così saremo in due. E’ sposato?” – “Sì, madre” – “Lo dica anche a sua moglie e saremo in tre! Ha figli?” – “Sì, tre!” – Lo dica anche a loro e così saremo in sei”. La macchia così si allarga e la goccia diventa un mare. La lezione è anche per noi. Basta impegnarci ed il cambiamento in noi avviene a piccoli passi, senza la pretesa di salvare il mondo presto e subito. Il segreto di S. Francesco, di Mr. Teresa e che dobbiamo fare nostro è lasciarci afferrare da Gesù come i malati del vangelo ed afferrarci anche noi a Lui. E’ un buon programma che certamente porterà in noi un terremoto, ma un terremoto di bene: lasciamoci proteggere e guidare anche dal nostro Patrono S. Francesco.


* Vescovo emerito di Mileto-Nicotera-Tropea

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