Avvenire di Calabria

La "terza tappa" del viaggio tra le realtà pastorali della diocesi di Reggio Calabria - Bova ha abbracciato l'ampia zona collinare e periferica

La Visita pastorale del vescovo Morrone nella zona Sant’Agata. «I care» è il motto, uniti nella Vallata

Dall'Hospice all'Emporio Caritas, il presule ha avuto l'opportunità di toccare con mano diverse realtà che operano al servizio del prossimo. Proficuo il confronto con giovani e amministratori

di Gianluca Del Gaiso

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La Visita pastorale dell'arcivescovo Morrone è arrivata nella zona Sant’Agata. Una tappa ricca che ha acceso i riflettori sulle periferie e la loro "centralità", ma anche sulle tante precarietà e le occasioni ancora da cogliere. La Chiesa può contribuire nella rinascita delle periferie.

Il racconto della terza tappa della Visita pastorale dell'arcivescovo Morrone

La visita pastorale zonale nella forania del Sant’Agata si è conclusa ad Ortì mercoledì della scorsa. Il ringraziamento nel messaggio conclusivo letto dalla signora Antonella, rivolto a monsignor Morrone che raccoglie il senso della intensa tre giorni. «La Sua scelta di essere presente su tutto il territorio della diocesi, richiama il motto di don Milani “I care”, mi importa, mi importa di questa Zona Pastorale costituita da realtà molto diverse tra loro.


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La prima periferia cittadina e le piccole comunità dei paesi collinari che vivono, seppur in modo diverso, problemi comuni come lo spopolamento, l’abbandono, l’incuria, la sfiducia, l’inquinamento, il dissesto idrogeologico, la piaga degli incendi».

Confronto e dialogo per emerge dalle "solitudini"

Una solitudine che «ci vede disorientati. La precarietà investe non solo la sfera lavorativa ma anche quella affettiva e relazionale, eppure, la Parrocchia si sforza di costituire un punto di riferimento, di conforto, di dialogo, di aiuto e, nelle nostre piccole comunità, rimane come un far di aggregazione per tutti». L’appello ad una indicazione concreta di strada da percorrere per il vero cambiamento. Monsignor Morrone pensando ai giorni dell’ascolto e del confronto li definisce «uno scambio di doni.


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«Personalmente - ancora il presule - ho scoperto tante belle realtà che inevitabilmente mi erano sfuggite e anche negli incontri che abbiamo avuto, dai piccoli ai grandi, ho scoperto per esempio tanta sincerità, senz’altro, ma soprattutto anche tanta passione per il Vangelo che poi si traduce nell’attività di oratorio con i ragazzini, nella visita agli anziani. Abbiamo avuto un momento particolarissimo nella visita a persone che sono in grande difficoltà all’Hospice».

Crescere insieme

E poi le scuole e i ragazzi. L’arcivescovo torna al senso del “viaggio pastorale” ricercando al suo interno proprio quella risposta. «Perché voglio comprendere un pochettino di più, capire la bellezza ma anche le criticità di cui sono abitati i nostri territori». Andare oltre le solitudini «verso un intreccio di parrocchie, una sinergia». Il mondo sta cambiando, dice il presule, «anzi è già cambiato, quindi non dobbiamo lasciarci sorprendere, anzi pensare già in avanti, in modo tale che quando ci troveremo in difficoltà sapremo affrontarle».

«Ma al di là di tutto - ancora Morrone - non posso che benedire il Signore e soprattutto ringrazio coloro che in questa visita hanno lavorato con passione». Un segno, lo definisce. «Con tutte le difficoltà che abbiamo, le criticità che ci sono, ci vogliamo bene. È un esercizio alla stima reciproca e prego il Signore per ciascuno di voi, come voi pregate per me. Possiamo crescere di bene in meglio, secondo la volontà di Dio».

La visita all'Hospice “Via delle Stelle”, presidio d’amore

Dopo l’appuntamento di Pavigliana con i sacerdoti della zona pastorale, lunedì 10 aprile monsignor Fortunato Morrone ha fatto visita alla comunità dell’Hospice “Via delle Stelle”. Nelle parole del presidente della Fondazione, Vincenzo Nociti, il ringraziamento per il momento di vicinanza. «Ci gratifica di tutto il lavoro che quotidianamente facciamo, stare vicino agli altri, stare vicino a chi ha bisogno» perché «tutti nella vita abbiamo bisogno».

L’invito a «lavorare affinché la gente, i giovani, tutti quanti, possano capire questo messaggio che è importante, riuscire a stringersi le mani l’uno con l’altro, perché insieme sicuramente otterremo dei risultati migliori». Nessuna famiglia è esente dal dolore ma la battaglia è quella per «cercare di ridare la dignità dell’essere umano, perché è vero, una patologia tante volte non si può sconfiggere, ma si può arrivare alla fine con dignità, con amore».

Il vescovo con gli operatori e i volontari dell'Hospice "Via delle Stelle"

L’arcivescovo Morrone ha ribadito nel suo intervento l’importanza dell’Hospice «realtà d’eccellenza dal punto di vista non solo della qualità professionale, ma anche dal punto di vista dell’umano che si espone alla sofferenza di tante famiglie». Da qui l’intervento ancora una volta sul senso della visita pastorale zonale da lui fortemente voluta. «È da qui che dobbiamo partire, cioè partiamo da ciò che già esiste in bene, puntando al meglio. Certo ci saranno anche delle ombre, ma se partiamo dalle ombre ci buttiamo giù, Gesù è venuto a metterci in piedi. Ecco, questa è una struttura, una casa, meglio ancora una famiglia che accoglie altre famiglie e che rimette in piedi le persone che sono affrante dalla sofferenza e dal dolore.

Accompagnare anche gli ultimi istanti della vita significa credere nella vita, ma nella vita che ci viene dal Signore. Una vita che va sempre valorizzata, curata, ma soprattutto rimessa in piedi. Ripeto questo termine perché è il termine della Risurrezione. Noi cristiani non crediamo a una ricomposizione di molecole, chissà dove, no. La vita è qui in questo momento e se puntiamo in questo presente, in questo nostro presente, allora abbiamo anche speranza per il futuro, lo dico anche per i nostri giovani». L’invito è quindi in ultimo rivolto direttamente ai ragazzi: «se i giovani venissero qui a vedere come si vive e come si cura la vita, penso che anche voi, cari giovani, avreste più cura della vostra esistenza, della vita che vi pulsa dentro, piena di tante energie».

A San Cristoforo l'incontro con i giovani

I giovani hanno incontrato l’arcivescovo Morrone a San Cristoforo. «La cosa che mi ha colpito di più di questo incontro è stata sicuramente la tematica ambientale di cui abbiamo trattato insieme al vescovo» racconta Laura Brunetti del Gruppo Giovani. I ragazzi hanno esposto anche alcuni progetti realizzati a livello parrocchiale. Come «l’iniziativa di Treedom, per la quale abbiamo già impiantato due foreste per decarbonizzare la parrocchia, una in Ecuador ed una in Camerun. È un’iniziativa che permette anche ai contadini locali di trovare un impiego.

A confronto con i giovani a San Cristoforo, monsignor Morrone con il vicario della diocesi monsignor Pasqualino Catanese

Il Vescovo inoltre si è dimostrato molto disponibile nel rispondere alle domande» ha aggiunto Laura. Lo stesso entusiasmo è nelle parole di Ester Filocamo. «Ciò che mi è piaciuto maggiormente è la risposta che è riuscito a dare ai nostri quesiti» che riguardavano «principalmente l’affettività». Parlare con il vescovo, conclude Laura Brunetti, «è parlare come con un amico».

Scuola e formazione due realtà imprescindibili

Anche durante la visita alla zona pastorale del Sant’Agata il mondo dei giovani e la scuola sono stati protagonisti. La comunità scolastica dell’Istituto Comprensivo di San Sperato - Cardeto ha accolto l’arcivescovo Morrone. La dirigente Carmela Lucisano, nei suoi saluti istituzionali ha evidenziato quanto sia «importante saldare l’alleanza tra la scuola, la famiglia e anche le varie istituzioni presenti sul territorio».

Entusiasta l’arcivescovo Morrone: «È emerso tanto desiderio di vivere al meglio le potenzialità che questi ragazzi hanno». La sua analisi è chiara. «Penso che questa delle aree interne sia una realtà sulla quale dobbiamo scommettere un pochettino di più. Purtroppo un certo modo di immaginare l’economia ci riduce a numeri. Abbiamo pochi bambini, chiudiamo le scuole, ma questo impoverisce purtroppo le nostre realtà».

Forse - ha aggiunto - «dovremmo ripensare il modo di immaginare queste realtà» perché «le periferie sono una ricchezza». Qui «l’umano è più coltivato perché essendo in pochi c’è più possibilità di crescere come comunità. Sono veramente contento di questo incontro, i ragazzi hanno interagito molto bene, io li ho anche provocati un po’ e loro hanno provocato me. Quindi vuol dire che c’è un’attenzione educativa non indifferente».

Lo spopolamento che corrode i luoghi dell’anima

Uno dei momenti più importanti della terza tappa della visita pastorale nella zona del Sant’Agata è stato l’incontro a Cardeto con le istituzioni, in occasione della tavola rotonda “Periferie abbandonate, tra emergenza incendi e dissesto idrogeologico” svolta lunedì scorso a Palazzo Margiotta.


PER APPROFONDIRE: Coi giovani per riscoprire le tante vocazioni


«Come zona abbiamo deciso di attenzionare in particolare la realtà montana perché è un valore. La bellezza della natura deve essere custodita, deve essere accresciuta e deve essere quel valore aggiunto che permette alle persone di stare, valorizzare i luoghi che hanno sempre abitato per potersi realizzare professionalmente, socialmente e familiarmente» ha detto in apertura il parroco don Luca Mazza. Le colline del territorio reggino soffrono gli effetti dell’abbandono di presenze che non le custodiscono più. Non a caso, oggi lottano contro incendi e dissesto idrogeologico.

Focus sul territorio da "salvaguardare"

«Ricordiamo che la comunità di Cardeto ha pianto anche delle vittime a causa degli incendi occorsi nelle estati scorse. Ricordiamo il drammatico incendio dell’agosto 2021, ma questo è anche il bacino idrografico nel quale nei decenni scorsi si sono consumate delle immani tragedie a causa delle alluvioni» ha spiegato il professor Giuseppe Bombino dell’Università Mediterranea.

«Dunque stiamo ponendo al centro il problema della sicurezza del territorio e stiamo elevando un pensiero che ci conduca a mettere al centro delle politiche di governo del territorio soprattutto le periferie, i territori periurbani, i territori montani di questa dimensione metropolitana».

Morrone a Cardeto dove si è parlato di periferie da valorizzare e territorio da salvaguardare

Perché «senza questi aspetti che sono legati alla sicurezza è evidentemente improbabile ed inimmaginabile pensare ad uno sviluppo equilibrato del territorio». Su questa lunghezza d’onda l’intervento di Francesco Manti del Dipartimento di Protezione Civile della Regione Calabria che ha evidenziato il possibile uso delle nuove tecnologie (come i droni) per prevenire incendi e dissesto. I nostri microfoni hanno raccolto anche le dichiarazioni del sindaco di Cardeto, Crocefissa Daniela Arfuso: «Nelle periferie subiamo da diversi anni l’effetto dello spopolamento, ma le radici dei nostri territori sono forti, ecco perché il compito di noi istituzioni e il mio è quello di avviare e mettere in atto ogni azione utile per far sì che questo borgo possa rivivere».

Emporio, speranza sulle colline

Martedì scorso, la visita pastorale dell’arcivescovo Morrone alla vicaria del Sant’Agata ha fatto tappa all’Emporio diocesano di Riparo, divenuto nel tempo sempre più un punto di riferimento per l’intero comprensorio. Soprattutto per quanti vivono un momento di difficoltà. Un posto, ha spiegato la responsabile Angela Branca, in cui non «si ritirano solo gli alimenti, ma è un luogo dove si ascolta, si accoglie, insieme si fanno dei progetti, delle attività. In modo che le persone che vivono già una situazione di disagio, vengano messe nelle condizioni insieme di poterle superare».

Una missione che è soprattutto quella del cuore. Di un ascolto ai bisogni dell’altro. Ne sanno qualcosa i volontari che in undici anni di servizio, come ha testimoniato più di uno durante l’incontro con monsignor Morrone, hanno visto la loro vita cambiare. «Un’esperienza molto bella dal punto di vista personale ma anche dal punto di vista della fede».

Per tanti dei volontari è stato un percorso magari iniziato per caso con qualche ora da dedicare al volontariato e al prossimo. Numeri alla mano quel piccolo presidio nato a forza di volontà, oggi vede servire ben 672 famiglie. In un momento non certo facile, perché dibattuto tra le nuove regole dettate dalle modifiche all’Isee e quelle legate al reddito di cittadinanza che vanno a pesare ancora una volta sulle fasce più deboli della popolazione. Meri numeri che sembrano non riuscire andare oltre il calcolo matematico delle probabilità.

Monsignor Morrone ha ringraziato di cuore quanti operano in questa realtà voluta «perché nessuno rimanga indietro». Il suo pensiero ovviamente è rivolto soprattutto oltre la busta della spesa: «alla relazione umana. Questo mi sembra il valore aggiunto e quindi l’impatto sociale è inevitabile.

La Chiesa non si può sostituire alla nostra amministrazione, assolutamente no, da una mano, ma certamente in certi momenti di emergenza, senza le nostre comunità cristiane e le nostre parrocchie, il disagio sarebbe ancora più un’emergenza ingestibile. Quindi ringrazio il Signore per questa bella intuizione».

Commissione zonale a Cataforio

A concludere il primo giorno di visita pastorale, lunedì si è svolto l’incontro a Cataforio con la Commissione zonale del Sant’Agata. Nelle parole del vicario zonale don Davide Imeneo il ringraziamento ma anche le difficoltà di un territorio che si sente frontiera. «La fragilità della nostra zona, composta da piccole comunità parrocchiali, trova forza nella buona volontà di questi operatori pastorali che, insieme ai parroci, contribuiscono alla buona riuscita delle attività di evangelizzazione e testimonianza di ogni Parrocchia».

La zona vive allo stesso tempo «un momento di apparente provvisorietà: il Cammino sinodale, che da tre anni la Chiesa ci chiede di percorrere, ci ha messo in crisi. Probabilmente non siamo stati pronti ad accoglierlo nel modo giusto, ma abbiamo fatto tantissima fatica a portarlo avanti nelle nostre comunità parrocchiali».


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Da qui le modifiche attuate strada facendo fino alla «visita pastorale, che, oltre al cammino sinodale, riporta al centro del nostro essere Chiesa alcune tematiche di primo piano e ci offre la possibilità di confrontarci con lei per attuare scelte migliori: avvertiamo l’urgenza di ritrovare le coordinate del nostro impegno evangelizzante».

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