
Tobia entra al Gom: cura e dignità per tutti
La commissaria Tiziana Frittelli: «Ascolto, accoglienza e accompagnamento sono le parole chiave per garantire dignità e diritto alla cura anche nelle situazioni complesse»
Eduardo Lamberti Castronuovo, direttore del polo privato “De Blasi”, fine intellettuale, editore e già amministratore pubblico reggino, è sempre vulcanico quando si parla di diritti e salute. Ecco come ha risposto alle nostre domande.
Sanità nel caos. Intravede una strada per agevolare la campagna di vaccinazione nella nostra terra?
La nostra è una Sanità cirrotica. Prende spunto dalla più nota malattia epatica che vuole che il fegato che ha una grande capacità di rigenerazione, lo faccia in maniera caotica e disordinata. In effetti, la salute dei cittadini è affidata ad una disorganizzazione che, tra l’altro, riesce ad annullare quelle tante cose positive, in questo settore, che da noi esistono. Dobbiamo distinguere tra salute e Sanità. La prima è affidata ad una classe medica preparata, diligente che, oltretutto, fornisce manodopera specializzata al mondo intero, attraverso giovani che prepariamo, alleviamo e spediamo, come fossero pacchi postali, a curare tutti meno che i Calabresi o, paradossalmente, i concittadini che li raggiungono in ogni dove, anche all’estero. La Sanità, invece, è nelle mani di una politica malsana, corruttibile e corrotta, coadiuvata, anzi spalleggiata da una burocrazia famelica, in cerca di prebende e giammai della salute pubblica. In un contesto siffatto, la pandemia Covid ha scoperchiato tutte le imperfezioni di un sistema totalmente inesistente, con la risultante, del tutto prevedibile, che siamo gli ultimi in classifica nazionale per percentuale di vaccinati. Basta dare uno sguardo agli occhi smarriti degli anziani che, stampelle, bastoni e sedie a rotelle alla mano, hanno dovuto attendere, ore e ore al freddo e al gelo, una goccia di vita, talvolta sentendosi anche respinti o rinviati sine die. Un vero e proprio caos che si sarebbe potuto e si potrà evitare solo con una semplice parola: organizzazione! In estrema sintesi, con il coinvolgimento semplice di tutte le parti attive della Sanità reggina: tutti pronti a raccogliere le macerie per ricostruire una Sanità terremotata.
Operazione “Chirone”, gli inquirenti parlano di mafia-Sanità. Come si debella l’asfissia mafiosa in ambito sanitario?
È da anni che ho cercato di far sentire la mia voce “colà dove si puote”, anche con denunce circostanziate e firmate, circa la presenza di un apparato affaristico- mafioso nella Sanità pubblica e privata. Ho abbaiato alla luna. Ho denunciato il commissario Scura, Cotticelli, gli intrallazzi di soggetti chiaramente collusi. Oggi i fatti mi hanno dato ragione con la sospensione, addirittura per un anno, dai pubblici uffici, dei soggetti citati. L’operazione “Chirone” che voglio sperare vada fino in fondo, allargando anche i confini delle indagini, ha messo in luce quegli intrallazzi, da codice penale, che portano denaro sporco nelle tasche dei faccendieri mafioso-sanitari, depauperando la gente di quelli che sono i sacrosanti diritti alla salute. Mi spiego meglio. Il sistema dell’assegnazione dei budget, che altro non sono che guadagni garantiti per chi è disonesto, ha realizzato un sistema di “do ut des” del tutto iniquo, giammai uniforme e penalizzante per le persone perbene. Ci sono strutture pubbliche costruite dalla politica e mai entrate in funzione. Ve ne sono di private nate come i funghi dal nulla, con uno storico totalmente inventato, che ha conferito loro dei diritti assolutamente fasulli, il tutto con la connivenza di una burocrazia corrotta e correa. Alla fine chi ne paga le spese è il cittadino.
Il coronavirus ha svelato all’Italia intera la fragilità del sistema commissariale sulla Sanita calabrese. Secondo lei c’è veramente la voglia di scrivere la parola fine su questo capitolo?
Più che fragile il commissariamento è dannoso, inconcludente e privo di senso pratico. Se io avessi un malato da curare e riconoscessi i miei limiti mi rivolgerei ad un luminare, non ad un incompetente. Come affidare la Sanità a persone che nella vita non si sono mai occupate della salute della gente? Come è possibile dire ad un commissario di tagliare le spese senza per questo diminuire i servizi? Come pensare che questi Salomoni della Sanità, inesperti fino al paradosso, avrebbero potuto risanare le voragini che una pessima amministrazione ed una politica, collusa con la mafia, avevano creato? “Affideresti la tua birra ad un tedesco ed un sigaro ad un turco?”: perché abbiamo affidato la Sanità a chi oggi è stato addirittura dalla magistratura inibito dalle cariche pubbliche per un anno? Resta un mistero! C’è voglia di porre fine? Non credo!
Povertà economica è sinonimo di carenza di cure. Come si può invertire la rotta in questo contesto?
Il sistema sanitario nazionale non è per nulla carente di risorse. Anzi. Il dramma è che, la magistratura lo sta dimostrando, sul bottino della Sanità si avventano come iene, loschi figuri che nulla hanno a che vedere con la salute degli altri. Ripulendo drasticamente, con coraggio, attivando i severi controlli sulle attività sanitarie pubbliche e private, si invertirebbe innegabilmente la rotta, dando ad ogni cittadino tutto quanto necessario per aumentare la qualità della vita. Esistono gli sprechi e le sperequazioni. Bisogna far tornare la buona politica per governare la Sanità.
Allarghiamo lo sguardo sulla città. Può fornirci un suo ritratto della Reggio dell’età pandemica?
Visto lo spazio che potete darmi, non posso che andare per aggettivi. La città è smarrita, non crede in sé stessa, si è assuefatta al non avere nulla ed alla posizione di terzo piano che una pessima fama vuole assegnarle a tutti i costi. La classe politica cittadina, nonostante gli sforzi di qualcuno, ha poco peso e non riesce a dialogare col popolo che si sente tradito. Reggio è terra di conquista, di passaggio solo per risalire la graduatoria dei pubblici poteri o per battezzare comitati civici autoreferenziali, con un seguito distratto e più personalistico che altro. Nonostante questo, la città avrebbe in sé le risorse per rinascere davvero, solo lo volesse. Il fatto è che non vuole.
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