Formazione e dialogo: monsignor Salvatore Santoro parla della Scuola biblica paolina. Ascolta il podcast
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Lamezia Terme ha ricordato il sovrintendente di Polizia, Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano uccisi dalla 'ndrangheta il 4 gennaio del 1992, in pieno centro cittadino, con una concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, monsignor Serafino Parisi.
«Il giusto è già una condanna per chi è ingiusto». Così il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, nel corso della concelebrazione eucaristica da lui presieduta ieri in Cattedrale per commemorare il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano nella ricorrenza del trentunesimo anno dalla loro uccisione.
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«Questa – ha aggiunto monsignor Parisi - è già una parola che scava dentro la vita umana e se partendo da qui, oggi, questa parola di rinnovamento, di trasformazione, di cambiamento di mentalità, di conversione, riuscirà ad arrivare a tutti, allora credo che, davvero, il sangue dei giusti, come fu quello dei martiri, seme di altri cristiani, potrà essere seme di speranza per una rinnovata era di giustizia. Quella giustizia che, secondo quanto ci ha detto e testimoniato Gesù, si vive nell’amore, cioè nel dono totale di sé, ossia nel regalo della propria vita, perché l’altro possa vivere e gioire».
«La parola di Dio di oggi, in modo particolare la prima lettura dell’apostolo Giovanni – ha detto il Vescovo - ci ha parlato della giustizia dicendoci che colui che non pratica la giustizia non è da Dio e neppure lo è chi non ama il fratello. Si tratta della giustizia portata a compimento attraverso l'amore».
«Quando due persone muoiono, come è avvenuto il 4 gennaio di 31 anni fa - ha proseguito monsignor Parisi - , certamente si percepisce un senso di sconfitta mentre si apre una ferita che, come abbiamo sentito prima, rimane aperta. Ma, paradossalmente, quella ferita è come uno squarcio che lascia intravedere l'oltre, il mistero, è come una feritoia che indica una pista verso una vittoria possibile».
«Pensando al sacrificio del dottore Aversa, immagino che oggi, quella testimonianza indichi la necessità di un supplemento di cura dentro il nostro territorio: penso ad una premurosa ed ampia terapia, nei termini di un intervento polifonico che possa convogliare varie realtà che possano dare speranza alla nostra umanità. Se è vero che la morte di un uomo è sempre una sconfitta, dall'altra parte, per chi crede in un alto ideale di giustizia, quella costruita sull'amore e ad esso finalizzata, la morte è seme di nuova speranza. Ed io vorrei immaginare la morte dei coniugi Aversa come una seminagione di speranza per tutto questo nostro territorio».
«A noi però - ancora Parisi - spetta il compito della cura delle piante della novità, della giustizia e dell’amore condiviso». Quindi, nell’indicare due strade possibili per «vivere l’idea di una giustizia che non è semplicemente riferita ad una pratica pedissequa delle norme, ma è, invece, una interpretazione ampia della giustizia, capace di condurre la norma a superare se stessa per poter esprimere il senso profondo che custodisce, e che si manifesta nella legge dell'amore», il Vescovo ha sollecitato tutti alla ri-fertilizzazione del contesto sociale e culturale e alla ri-umanizzazione delle relazioni umane della realtà in cui ciascuno opera.
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«C’è bisogno di una cura – ha detto al riguardo monsignor Parisi - e questa cura è una terapia culturale che io chiamo ri-fertilizzazione del territorio».
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Sono stati giorni anche di scambio di conoscenza ed esperienza sul campo per i presenti