Avvenire di Calabria

Il racconto del bimbo indiano e dello zucchero, il racconto della Madre nella chiesa di Calanna

L’aneddoto che spiega chi è il «prossimo»

Giuseppe Iero

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Una Messa lontana dai «riflettori» del centro storico, nel piccolo borgo di Calanna. Una chiesa gremita di fedeli che si presentano con offerte ingenti, chiedendo devotamente di poter adottare uno dei bambini poveri che la Madre aiuta assieme alle sue suore. Inizia a Calanna, il 20 maggio del ’79 il piccolo viaggio reggino di Madre Teresa di Calcutta. Una liturgia eucaristica celebrata da don Nino Vizzari, al termine della quale la Madre rivolse ai fedeli un saluto, registrato per Radio San Paolo da Bruno Praticò. Innanzitutto, l’invito a «ringraziare tutti insieme il Signore di aU verci radunato per la messa, ringraziandolo del suo amore e per le grazie che dà alle vostre famiglie». Poi la lettura spirituale: «Dio ha tanto amato il mondo ci ha dato Gesù attraverso Maria, la grande mamma di Gesù. Dal momento che Gesù è entrato nella vita di Maria essa si è resa scelta per dare Gesù agli altri e quando Gesù è entrato nella casa di Elisabetta attraverso Maria, il suo bambino, sentita quella presenza, ha sentito la gioia della presenza di Cristo. E oggi durante questa Santa Messa noi anche riceveremo Gesù, e anche noi possiamo dopo andare di fretta ad altri per dare Gesù, perché Gesù si è fatto pane di vita per soddisfare la nostra fame per lui e si è fatto uomo lui affamato, nudo, affinché possiamo soddisfare il suo desiderio d’amore per noi del nostro amore, perché anche lui ha fame del nostro amore». Un amore che, secondo la Santa della carità, si esprime soltanto attraverso il servizio: «All’ora della nostra morte saremo giudicati su quello che abbiamo fatto verso i poveri perché Gesù ha detto: “tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei lo avete fatto a me”. Sappiamo dove si trova il Cristo ammalato, il Cristo nudo, il Cristo povero in questo mondo. Forse il Cristo affamato si trova nella nostra famiglia stessa e noi non ci rendiamo conto: l’amore comincia in casa. Per poter fare delle nostre case, case di pace, di amore, di gioia, abbiamo bisogno di pregare insieme e la famiglia che prega insieme rimane insieme, rimane unita, abbiamo anche bisogno dello Spirito Santo in più. Condividere con i poveri quello che abbiamo noi, per potere amare i poveri servire i poveri dobbiamo dare fino al sacrificio che costa». «Un bambino indiano – racconta Madre Teresa con un aneddoto che impressiona i fedeli – sapendo che una madre non aveva tanto zucchero per i bambini poveri, ha detto: “io non mangerò per tre giorni zucchero e darò la mia parte al bambino povero”. Lui è veramente innamorato del Grande Amore». La morale? È la stessa Madre a fornirla: «Questo è quello che vi chiedo: amare e condividere con i poveri che sono intorno a voi. È facile pensare ai poveri che stanno lontano e poi dimenticare quelli che ci stanno intorno. Abbiamo bisogno delle vostre mani per sostenerli, e dei vostri cuori per amarli, le nostre sorelle lavorano per persone molto, molto povere dappertutto nel mondo. Abbiamo queste case per gli ammalati e istituti per i moribondi. A Roma ab- biamo un centro di ricovero per i senza tetto, ogni sera le suore fanno un giro per le strade di Roma, incontrano questi poveri nelle strade, chi è affamato, chi ha freddo, chi è solo». Infine il primo annuncio, non ufficiale, della decisione di mandare le suore a Reggio, con la speranza «che un giorno darete i vostri figli a Dio, così potranno loro ritornare a lavorare con i poveri e con le suore, per poter essere espressione dell’amore e della compassione di Dio nel mondo, perché Dio è amore e continua ad amare il mondo attraverso noi».

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