Avvenire di Calabria

Domani, 15 aprile, ricorre il compleanno del genio italiano Leonardo da Vinci: passiamo in rassegna le sue opere che parlano di fede

Leonardo da Vinci e i suoi dipinti che raccontano la fede

Per alcuni sono disegni criptici, per tutti rappresentano una parte preziosissima dell'immenso patrimonio culturale del Belpaese

di Redazione Web

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Domani, 15 aprile, ricorre il compleanno del genio italiano Leonardo da Vinci: passiamo in rassegna le sue opere che parlano di fede. Per alcuni sono criptici, per tutti rappresentano una parte preziosissima del patrimonio culturale del Belpaese.

Leonardo da Vinci e fede, rapporto declinato in arte

Il 15 aprile 1452 nasceva Leonardo da Vinci. In occasione del ricordo del suo compleanno passeremo a rassegna alcune delle sue opere che racconta la fede. Si tratta di veri e propri capolavori notissimi al grande pubblico: dall'Ultima cena all'Adorazione dei Magi, dall'Annunciazione a La Madonna dei Fusi, dal Salvator Mundi a Il Battesimo di Gesù.


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Ultima cena

L'Ultima Cena di Leonardo da Vinci rappresenta in assoluto una delle opere d'arte più importanti di tutti i tempi, sia per la sua carica innovativa che per l'impatto che ebbe sugli artisti di tutte le epoche, dai contemporanei a Warhol. Leonardo rappresenta il momento più drammatico del Vangelo quando Cristo annuncia il tradimento di uno degli apostoli "In verità vi dico uno di voi mi tradirà".

È una scena agitata attorno al fulcro immobile costituito dalla figura di Gesù, che si richiama al Cristo Giudice del Giudizio Universale. Attorno a lui convergono gli apostoli sistemati a gruppi di tre, secondo le diverse reazioni alle parole di Cristo: di domanda, di scandalo, di timore, di commozione, "i moti dell'animo".

Da notare anche come i movimenti degli apostoli sono più convulsi verso il centro del tavolo e più pacati verso gli estremi. Questo perché, come avviene nella realtà, le parole vengono udite con più difficoltà all'aumentare della distanza, secondo le leggi acustiche che Leonardo studiava proprio in quegli anni: "il più vicino meglio intende il più lontano manco ode".

Tutta la scena è illuminata da una luce fredda e limpida che rivela in modo analitico i particolari della scena, estremamente raffinati: i cibi, i piatti, i bicchieri in vetro trasparente, le stesse pieghe della tovaglia che creano delle straordinarie nature morte.


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Adorazione dei Magi

L’Adorazione dei Magi è un dipinto incompiuto commissionato a Leonardo dai monaci Agostiniani per l’altare maggiore della chiesa di San Donato a Scopeto, allora poco al di fuori delle mura di Firenze. Secondo il contratto avrebbe dovuto essere completata in 30 mesi, invece fu interrotta dalla partenza del maestro per Milano, dove nuove sfide artistiche e scientifiche lo attendevano alla corte di Ludovico il Moro.

L’Adorazione era allora un soggetto molto comune a Firenze, dove ogni anno per l’Epifania un solenne corteo rievocava l’episodio evangelico nelle strade cittadine.

Ma Leonardo non mancò di apportare importanti innovazioni sia nell’iconografia che nell’impianto compositivo. Per esempio, incentrò la tavola, dipinta a olio su tempera grassa, su un momento ben preciso della storia: quello in cui con il gesto della benedizione il Bambino rivela la sua natura divina agli astanti, provocando reazioni di sorpresa e turbamento.

Una scena decisamente dinamica, specie se messa a confronto con le rappresentazioni precedenti dello stesso soggetto.

Caratteristici sono anche gli scontri di cavalli e cavalieri e il tempio in costruzione sullo sfondo. Quest’ultimo rappresenta la pace, contrapposta alla battaglia che infuria sul lato opposto.

Il dipinto presenta figure rifinite e altre appena delineate, sotto un cielo di lapislazzuli e bianco di piombo. Proprio perché rimasto allo stato di abbozzo, ci fornisce importanti informazioni sul metodo di lavoro del maestro.

Un recente restauro ha inoltre rintracciato nella tavola elementi che appariranno nelle opere successive di Leonardo: la zuffa dei cavalieri ricorda la Battaglia d’Anghiari, la testa di un vecchio fa pensare al San Girolamo, mentre i riflessi d’acqua ai piedi di Maria evocano l’effetto che comparirà con più forza nella Vergine delle Rocce.

Annunciazione

“Non mi legga chi non è matematico” ammoniva Leonardo nel suo Trattato della pittura. Ed in effetti anche nella tavola dell’Annunciazione, uno dei suoi maggiori capolavori, è possibile cogliere non pochi riferimenti alla geometria e all’architettura da parte del genio che conferiva alle sue figure “il moto et il fiato”.

Un leggero vento, scaturito dal planare dell’Arcangelo Gabriele di fronte alla Vergine, sembra investire l’osservatore e le pagine del libro che Maria sta leggendo proprio quando l’angelo le si presenta dinnanzi.

In quest’opera, realizzata nel 1472, quando aveva vent’anni ed era attivo nella Bottega del Verrocchio, Leonardo si allontana volutamente dall’iconografia tradizionale dell’Annunciazione, per collocare il tema sacro, il dialogo tra Maria e l’Angelo, in un’ambientazione naturalistica, decisamente terrena.

Davanti a un palazzo rinascimentale, in un rigoglioso giardino recintato, l’Arcangelo Gabriele si inginocchia davanti alla Vergine rivolgendole il saluto. Maria - seduta con grande dignità davanti a un leggìo sul quale è poggiato un libro - gli risponde.

La natura occupa, in questa tavola, uno spazio rilevante, quasi a voler sottolineare come il miracolo dell'Incarnazione divina coinvolga, oltre che un'umana come Maria, l'intero creato. I fiori e le altre specie vegetali che si affastellano nel prato e nello sfondo sono descritti minuziosamente e sembrano studiati con una precisione lenticolare.

Oltre il muretto e i cipressi, simili a colonne, quasi a dividere matematicamente la scena, si intravedono sullo sfondo un fiume con anse e barche, e alte montagne punteggiate da torri. La luce è chiarissima, come mattutina, e ingentilisce i contorni delle figure, preannunciando lo "sfumato".

Madonna dei Fusi

La Madonna dei Fusi, di Leonardo Da Vinci, è un’opera dipinta a olio su tavola. È ritratta la Madonna con il Bambino che nella mano stringe un fuso di legno a forma di croce, a sottolineare la consapevolezza di ciò che un giorno avverrà a Gesù.

Isabella d'Este si interessò sempre molto a Leonardo da Vinci, prima e dopo il suo breve soggiorno a Mantova nel 1499-1500. Cercando di ottenere i suoi servigi per il suo studiolo e per un ritratto, aveva inviato un suo agente, il carmelitano Pietro da Novellara, a informarsi su quello che l'artista faceva.

Proprio in una lettera del frate inviata ad Isabella e datata 14 aprile 1501, si comunicava che Leonardo, carico di impegni a Firenze, stava eseguendo un "quadrettino" per il segretario del re di Francia Florimond Robertret, che raffigurava la Vergine nell'atto di "inaspare i fusi" e il Bambino mentre afferra l'aspo come se fosse una croce. 

Si tratta sicuramente della Madonna dei Fusi, della quale esistono molte versioni, nessuna pienamente autografa.

Nell’opera possiamo notare, in primo piano, la Madonna seduta su una roccia in posizione con le gambe rivolte verso sinistra, mentre il busto e la testa sono girati verso destra ed il Bambino, semi-sdraiato lungo la diagonale, si diverte giocoso e sorridente, tenendo fra le sue manine un aspo (un bastone con due assicelle perpendicolari alle estremità per avvolgervi le matasse di lana filata). 


PER APPROFONDIRE: Cos’è il Canto Sacro? «Espressione della fede che aiuta a fare comunità»


Salvator Mundi

Il Salvator Mundi di Leonardo è un modello iconografico rappresentato in molti dipinti fra i quali la versione di Abu Dhabi nota per essere la più quotata.

Cristo benedicente è dipinto in posizione frontale con lo sguardo fisso di fronte a se. La mano destra è sollevata all’altezza delle spalle e benedice formando con il dito medio e indice il segno della croce. Nella mano sinistra invece tiene sospesa una sfera trasparente in cristallo di rocca.

Gesù ha l’aspetto di un uomo giovane dai lunghi capelli arricciati che scendono dietro le spalle e frontalmente ai lati del volto. Indossa un abito blu dal tessuto leggero decorato con fasce marroni e dorate a disegni geometrici intrecciati. Al centro del petto sul tessuto è incastonato un rubino. Lo sfondo è scuro e privo di dettagli.

Il Salvator Mundi secondo il modello iconografico del Cinquecento è traducibile come “Gesù salvatore del mondo e signore del cosmo”. Il globo trasparente infatti rappresenta il potere di Cristo su tutta l’umanità. Tale modello fu molto diffuso nell’arte europea tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Cristo solleva la mano destra con le tre dita aperte il segno benedicente ma anche come simbolo della croce e della Trinità.

L’interpretazione iconografica dell’opera non è mai stata una questione discussa. Un certo dibattito però si è innescato rispetto al riconoscimento del materiale della sfera trasparente. Infatti una delle tesi a favore o a sfavore dell’attribuzione dell’opera considera la corretta rappresentazione della trasparenza.

L’autore del dipinto ha saputo realisticamente riprodurre la superficie dell’abito e la mano che si intravedono dietro la materia trasparente? E ancora, di che materiale era la sfera ritratta? Gli studiosi hanno tentato diverse ipotesi.

Battesimo di Cristo

Sulle rive del fiume Giordano, in Palestina, Gesù riceve il sacramento del battesimo da san Giovanni, che gli terge la testa versando dell’acqua. Il Battista sorregge un’esile croce e un cartiglio iscritto con l’annuncio dell’avvento del Salvatore: ECCE AGNUS DEI [QUI TOLLIT PECCATA MUNDI] (Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo; Vangelo di Giovanni 1, 29). Assistono all’evento due angeli inginocchiati, uno dei quali sorregge la veste di Gesù.

Lo storiografo Giorgio Vasari, alla metà del XVI secolo, racconta che per l’esecuzione del dipinto Andrea del Verrocchio si avvalse della collaborazione del suo giovane allievo Leonardo, che eseguì con straordinaria maestria la figura dell’angelo di sinistra, tanto da indispettire il più anziano Verrocchio.

Gli studi odierni sono orientati a ritenere che l’intervento di Leonardo sia stato più ampio e che sia intervenuto anche nell’esecuzione del suggestivo paesaggio fluviale, su cui degrada la luce dorata, e della figura di Cristo.

Era del resto usuale, nell’organizzazione delle officine artistiche del Quattrocento, che il capobottega ideasse l’opera, lasciando poi l’esecuzione di parti secondarie ad allievi e collaboratori.

È probabile che nella tavola col Battesimo di Cristo, oltre a Verrocchio e a Leonardo, abbia lavorato anche un altro pittore, più vecchio, come suggerisce il carattere meno evoluto di alcuni dettagli, quali ad esempio le mani di Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo, in alto.

L’angelo di Leonardo spicca invece per l’articolata posa del corpo, di cui si scorge insieme le spalle e il tenero volto giovanile, come stesse voltandosi, e la straordinaria naturalezza dei panneggi del manto azzurro.

La tavola proviene dalla chiesa del monastero vallombrosano di San Salvi a Firenze. Passò quindi nel 1730 ad un altro insediamento vallombrosano fiorentino, quello di Santa Verdiana, ed è pervenuta nelle raccolte delle gallerie fiorentine nel 1810. Agli Uffizi dal 1919.

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