Avvenire di Calabria

Educatrice sensibile e attenta, sabato scorso è stata beatificata nel corso di una solenne celebrazione nel Duomo di Milano

L’eredità spirituale della beata Barelli

È stata fondatrice della Gioventù femminile di Azione cattolica, il suo carisma ha toccato le periferie più lontane dello Stivale

di Caterina Borrello

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La beatificazione di Armida Barelli è occasione per conoscere l’eccezionale personalità di questa protagonista del Novecento, donna e laica, che può ancora affascinare le giovani e i giovani di oggi per la sua determinazione e la capacità di realizzare grandi progetti, ponendosi a servizio dell’uomo e del Regno di Dio.

Vissuta a cavallo di due secoli (1882- 1952), educata in famiglia nei valori risorgimentali più che nella pratica religiosa, maturò progressivamente attraverso alcuni incontri significativi, tra cui quello col francescano padre Agostino Gemelli, la consapevolezza della vita come vocazione e la grande fiducia nel Sacro Cuore di Gesù, non come devozione sentimentale ma come nuova visione di Dio e dell’Amore del Signore per lei e per il mondo, cui abbandonarsi nelle luci e nelle ombre della vita. Scelse allora di consacrarsi a Dio per l’apostolato nel mondo, dando poi vita alle Missionarie della Regalità di Cristo, prima esperienza di Istituto secolare.


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La spiritualità profonda, radicata nella storia, unitamente a un senso rigoroso dell’impegno e a un grande carisma di leader capace di coinvolgere altri nelle sue passioni, portò la Barelli a realizzare imprese che a lei stessa apparivano immediatamente impossibili. Coinvolta dal cardinal Ferrari di Milano nella formazione delle giovani, dopo un primo rifiuto sentendosi incapace di parlare in pubblico e di girare per tutta la Diocesi, accettò di fronte alla notizia che in una scuola un gruppo di ragazze non aveva avuto il coraggio di dichiararsi credente.

Cominciò allora quella mobilitazione che, estesasi per mandato di papa Benedetto XV a tutta l’Italia come Gioventù femminile (Gf) di Azione cattolica, portò le giovani donne del nord e del sud a muoversi in autonomia fuori dalle mura domestiche, viaggiare, partecipare insieme a incontri nazionali superando differenze sociali, culturali e di mentalità, impegnarsi ad acquisire una cultura religiosa e sociale per assumere consapevolmente responsabilità nella chiesa e nella società. Senza cercare ruoli né potere diede un grande contributo alla valorizzazione e emancipazione della donna.

Armida Barelli si faceva chiamare «Sorella maggiore» evitando ogni culto della personalità e nel Testamento spirituale alla Gioventù femminile lasciò la supplica: «Non accontentatevi di essere buone alla buona: apostole vi voglio, che amano e fanno amare il Signore!». Riconoscendo l’importanza di un’istituzione educativa e culturale capace di coniugare fede e ragione nella ricerca della verità e nel servizio all’uomo, partecipò in modo determinante alla fondazione dell’Università Cattolica, che volle intitolata al Sacro Cuore di Gesù. Ne fu la “Cassiera” mobilitando capillarmente, attraverso la Gf e con la richiesta al Papa della Giornata per l’Università Cattolica, risorse economiche e umane in tutte le parrocchie italiane.

Anche con l’istituzione dei Collegi, la neo beata diede a tante giovani, specie del Sud, la possibilità di studiare lontano da casa in luoghi sicuri, tanto che la Cattolica già negli anni ’30 era l’Università italiana con maggiore presenza femminile. Una dedizione della vita fino all’estremo, quando offrì le sofferenze della malattia e la dolorosa perdita della voce per la fondazione della Facoltà di Medicina.


PER APPROFONDIRE: Maria Mariotti, una testimone appassionata del Vangelo


Il Messaggio della Cei per la novantottesima Giornata per l’Università Cattolica, «Con cuore di donna al servizio della cultura e della società», la presenta come esempio nel coniugare visioni coraggiose, slancio educativo e impegno culturale, promotrice di un cattolicesimo inclusivo e accogliente.

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