Avvenire di Calabria

Lettura e sipario per salvare la Generazione Alpha

la riflessione di Marco Lucchesi, regista teatrale e responsabile dei laboratori di lettura ad alta voce del progetto “Ti Leggo”

di Silvia Rossetti

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Uno studio universitario evidenzia i rischi cognitivi legati all’uso dei dispositivi

Hanno difficoltà di apprendimento, sono deconcentrati, faticano a scrivere e a “far di conto”: questo il profilo della Generazione Alpha offerto da molte indagini e ricerche, come il recente studio “Eyes Up” condotto dall’Università degli Studi MilanoBicocca, che mette in correlazione gli effetti dell’accesso precoce ai dispositivi digitali con le performance cognitive. Il quadro è allarmante, ma sono molte le iniziative atte a sollecitare nei giovani interessi e passioni meno tecnologiche e più incentrate sulle potenzialità e i talenti dell’essere umano.



Dal 2016, ad esempio, l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana ha avviato, con il patrocinio della Fondazione Treccani Cultura e in collaborazione con l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli e l’Ateneo La Sapienza di Roma, il progetto “Ti Leggo. Viaggio con Treccani, nelle forme della lettura”. L’obiettivo è sviluppare un’efficace diffusione e promozione del libro e della lettura attraverso la partecipazione a lectio magistralis e a laboratori di lettura “ad alta voce”. Attualmente l’iniziativa coinvolge studenti delle scuole superiori di secondo grado a Roma, Lamezia Terme e Lecce e giovani iscritti al primo trimestre dell’Università a Napoli (in tutto circa 700 ragazzi). Ne parliamo con Marco Lucchesi, regista teatrale e responsabile dei laboratori di lettura ad alta voce del progetto “Ti Leggo”.

È vero che i giovani non leggono, faticano a esprimersi e non sono interessati alla cultura? Forse dovremmo chiederci come mai, in generale, si legga sempre meno. Si tratta di una tendenza che riguarda sia giovani che adulti e che si estende per interi continenti. È possibile che tutti siano improvvisamente diventati cultori dell’ignoranza? Il sistema di sviluppo occidentale del dopoguerra, fondato sulla crescita economica e industriale, ha attribuito alla cultura – soprattutto negli ultimi decenni – un ruolo di secondo piano. La vera domanda non è se i giovani siano interessati alla cultura, ma se effettivamente la conoscano.

Possiamo attribuire le cause dell’allontanamento dei giovani dalla pagina stampata all’avvento della società ipertecnologica? Il tempo per le nuove generazioni sembra divenire una frustrazione, non ne riescono ad apprezzare le potenzialità. Verrebbe da dire che hanno sviluppato la tendenza a ricevere risposte, senza l’attitudine a formulare le domande e a viverle interiormente. Un libro non offre risposte, perlomeno nell’immediatezza, al contrario spesso suscita interrogativi e dubbi. Un libro invita a un percorso intessuto di attese e di riflessioni.

Quindi, come si può favorire l’incontro tra i giovani e la lettura? Le tesi dell’epigenetica ci confortano. Le esperienze vissute dai nostri antenati dovrebbero aver lasciato tracce indelebili nel nostro Dna. Il racconto nasce come strumento funzionale alla sopravvivenza. Le storie antiche trasmettevano informazioni vitali per gli uomini, aiutavano a trovare delle risposte e a elaborare traumi. Raccontare, poi, è prendersi cura degli altri, pensiamo ad esempio alle favole per bambini. Nel corso dei nostri incontri abbiamo modo di apprezzare le potenzialità dei ragazzi e di ritrovare queste importanti radici.


PER APPROFONDIRE: Il teatro, arte della vita e palestra di creatività


Il suo mestiere è il teatro… Che cosa può fare il teatro per i giovani e per la scuola? Quando i ragazzi incontrano il teatro hanno la possibilità di scoprire sé stessi, di autorappresentarsi. Un tempo il “giuoco del teatro” era vivo negli spazi parrocchiali, nelle sedi politiche. Si faceva per divertimento, non per una finalità pratica. Nelle scuole dovrebbe tornare a vivere quello spirito di libertà: il teatro è un’attitudine, è la nostra necessità di raccontarci e raccontare. Salva la vita.

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