
Limbadi, il 6 maggio si illumina per Maria Chindamo: memoria viva contro la ‘ndrangheta
Nel nono anniversario della scomparsa di Maria Chindamo, il luogo del delitto si trasforma in
Un periodo davvero complesso quello che stiamo attraversando. Difficile districarsi, in un contesto in cui sembra prevalga solo e soltanto corruzione, malaffare, interessi personali, a discapito di quell’interesse generale comunemente noto come “bene comune”, che è “il bene di tutti e di ciascuno”, come lo ha definito San Giovanni Paolo II nella sua seconda enciclica sociale Sollicitudo rei socialis. Notizie come quella che ha invaso il web in questi giorni, fino ad arrivare all’assise parlamentare, che ha coinvolto Adriana Musella e l’associazione da lei fondata, circa l’utilizzo di fondi pubblici che sarebbero stati indebitamente distratti per altri fini, non solo contribuisce al disorientamento, ma rischia di svuotare del suo significato più profondo un’altro termine spesso utilizzato per ingabbiare in categorie amorfe la complessità di un mondo: “antimafia”. Dopo la parola “legalità” che da tempo, soprattutto in Italia, è diventata una sorta di contenitore privo di contenuti. In ogni dove e da qualche decennio si parla di legalità: nelle scuole, nei programmi elettorali, nel mondo delle associazioni, sindacati e molto altro. Paradossalmente, però, la corruzione, rischia di diventare un fattore endemico del nostro bel Paese, palesando ciò che da tempo andiamo dicendo: l’evidente manifestazione di un preoccupante vuoto di coscienza.
Tutti siamo responsabili: chiamati a rispondere intanto verso l’umanità di cui siamo portatori e poi verso quella degli altri. La mancanza di responsabilità ci fa perdere di vista, poi, quel principio democratico definito dalla nostra Costituzione come “presunzione d’innocenza”. Buona parte del popolo italiano non attende più che sia la magistratura a stabilire l’effettiva responsabilità penale dell’imputato. Si affida invece ai Social, unico tribunale riconosciuto a pronunciare sentenze in cui accusa, difesa e giudizio si fondono e si confondono in quelle opinioni personali spesso prive di quella forza argomentativa stimolata dalla capacità di intus–legere. In questa sorta di “non luogo”, sempre più “liquido”, il tempo per accertare i fatti e riconoscere le prove è appiattito da un semplice “click”. Anche per tale motivo, bisogna evitare che intervengano gli inquirenti soprattutto nel mondo associativo. Perché nel processo mediatico, la responsabilità penale, non è mai personale, ma si estende quasi sempre fino a coinvolgere anche tutte le altre realtà che si sforzano di essere e di fare la cosiddetta “antimafia”. Si rischia di calpestare e di infangare quell’impegno fatto di dedizione personale e collettiva che coinvolge tanti giovani e meno giovani a porre in essere azioni e strategie sempre nuove per contrastare la latente mentalità mafiosa che può essere purificata solo da un’efficace rivoluzione culturale. A tal proposito, voglio ricordare l’esperienza davvero significativa che Libera porta avanti da diversi anni e che coinvolge il vasto e variegato mondo giovanile con i campi di formazione e di impegno sui beni confiscati, “E!State Liberi”. Più di ogni altro, mi ha segnato positivamente l’esperienza legata ad un minore in regime di messa alla prova attraverso il Tribunale dei minori di Catanzaro che è stato affidato alla rete associativa di Libera di quella stessa Città. Al giovane è stato proposto di partecipare ad un campo a Isola Capo Rizzuto, dove la Cooperativa sociale Terre Joniche gestisce e valorizza un bene confiscato già appartenente al clan Arena di 100 ettari. Ebbene, alla fine del campo il ragazzo consegna un report, corredato da foto e ricco di sue personali considerazioni circa la validità dell’esperienza che lo ha coinvolto, assieme a tanti giovani quasi tutti del Nord Italia, nelle varie attività formative e di approfondimento del fenomeno ‘ndranghetistico, anche attraverso la testimonianza di alcuni familiari delle vittime innocenti.
Di quanto tutto ciò gli sia stato utile a maturare una personale coscienza d’impegno e di voglia di cambiamento. Quanto di bello e di buono accade nel mondo non solo di Libera, volto a formare coscienze mature per una cittadinanza attiva, abbiamo urgente bisogno che sia dato ampio spazio soprattutto nei Social.
* coordinatore Libera Calabria
Nel nono anniversario della scomparsa di Maria Chindamo, il luogo del delitto si trasforma in
Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha deliberato lo scioglimento
In Piazza San Marco, scuole, istituzioni e associazioni insieme per un momento di riflessione e partecipazione civile.
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