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Tra calo delle nascite e dinamiche migratorie in continua evoluzione, l'Istat restituisce una fotografia complessa e preoccupante in corso da anni e che l'anno scorso ha accelerato legata al cosiddetto "inverno demografico". In questo quadro, la situazione della Calabria emerge con particolare rilevanza, in modo quasi emblematico.
Gli indicatori demografici per l'anno 2023, pubblicati in questi giorni dall'Istituto nazionale di Statistica, rispetto allo scorso anno parlano di una diminuzione delle nascite in Italia rispetto al 2022 di 14 mila unità (-3,6%). I nati residenti in Italia sono stati 379 mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille contro il 6,7 dell'anno precedente.
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Dal 2008, ultimo anno con un aumento delle nascite, il calo è di 197mila (-34,2%). Il numero medio di figli per donna scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023. Molto vicino al minimo storico di 1,19 figli nel lontano 1995. E in 10 anni le donne in età fertile sono diminuite di 2 milioni a quota 11,5 milioni, difficile dunque sperare in una ripresa emerge ancora dal report Istat.
La distribuzione della natalità sul territorio nazionale è però disomogenea: mentre la Sicilia, la Campania e la Calabria presentano i tassi di natalità più alti del Mezzogiorno, regioni come la Sardegna, la Basilicata e il Molise registrano i livelli più bassi, con la Calabria che si distingue con un tasso di 1,37 figli per donna in alcune province (Reggio Calabria).
Gli indicatori dell'Istat evidenziano anche un significativo movimento migratorio interno, con oltre un milione di italiani che hanno cambiato comune di residenza nel 2023. Il Mezzogiorno si conferma la zona più colpita da questa dinamica, registrando un saldo negativo di -63mila persone. Regioni come Basilicata e Calabria sono tra le più penalizzate, evidenziando una perdita demografica che aggrava ulteriormente la situazione.
PER APPROFONDIRE: Inverno demografico, il report Istat conferma i timori per il 2023
Parallelamente, l'Italia continua ad attrarre migranti dall'estero, con 416mila iscrizioni per trasferimento di residenza nel 2023, segnando un incremento rispetto agli anni precedenti. Un fenomeno che in certo qual modo contribuisce a compensare l'inverno demografico, in particolare nelle regioni del Centro-Nord, che restano le aree più attrattive.
Il Mezzogiorno, infatti, si conferma anche nel 2023, l'area del Paese in cui le partenze non vengono rimpiazzate da altrettanti arrivi: sono circa 407mila gli individui che nel corso dell’anno si sono trasferiti da un Comune meridionale a un altro Comune italiano (anche dello stesso Mezzogiorno), mentre sono poco più di 344mila i flussi che hanno visto un Comune del Mezzogiorno quale meta di destinazione.
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In questo contesto, la Calabria emerge come una delle regioni più colpite dalla mobilità interna negativa, con un saldo migratorio di -5,3 per mille, che sottolinea una perdita di popolazione preoccupante.
La Calabria si ritrova in una posizione emblematica: da un lato, è una delle regioni con il tasso di fecondità relativamente più alto nel contesto meridionale; dall'altro, registra uno dei saldi migratori interni più bassi. Questo dualismo pone la regione di fronte alla necessità di politiche mirate che non solo incentivino la natalità, ma anche che rendano il territorio più attrattivo per lavoro, servizi e qualità della vita.
«Non possiamo più perdere tempo altrimenti verremo ricordati come quelli che sapevano e non hanno agito», ha motivo di ritenere Claudio Venditti, presidente del Forum Famiglie Calabria, commentando i dati demografici resi noti dall’Istat.
«È un crollo senza fine quello a cui stiamo assistendo inerti malgrado i ripetuti allarmi. Questo crollo demografico - a detta di Venditti - ci sta condannando ad un futuro insostenibile dove non saremo in grado di far fronte ad una spesa sanitaria crescente perché la popolazione attiva continua a calare».
Secondo il presidente del Forum delle famiglie Calabria, a essere compromessa è anche la tenuta del sistema previdenziale. In particolare, afferma, «il fenomeno dello spopolamento delle aree interne e rurali soprattutto del sud e in Calabria in modo particolare, sembra compromettere il futuro di intere aree del Paese».
«Un grande Paese, il nostro, che sarà sempre meno grande per il futuro, e vedrà calare il proprio Pil a causa della variabile demografica. Nell’ipotesi più accreditata da Istat – prosegue Venditti – si va verso 13 milioni di abitanti in meno nel periodo 2023-2080. Si perderà l’equivalente dell’attuale intera popolazione del Mezzogiorno se non si interviene con tempestività, progettazione di lungo periodo ed ingenti risorse».
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Da qui la necessità di saper raccogliere nuove sfide. «I dati previsionali Istat ci dicono che la potenziale forza lavoro si dimezzerà, così come il contingente dei giovani ed esploderà la componente anziana, con i "grandi vecchi" che quasi triplicheranno. Di fronte a tutto ciò – conclude Venditti – serve un Piano shock di rilancio di cui deve farsi immediatamente carico la politica nazionale, ma anche europea e locale».
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