
Reggio Calabria, il 27 aprile concerto in onore di San Giorgio e Papa Francesco
Presso San Giorgio Extra, il secondo evento della rassegna “Musica al Centro” 2025: un intreccio tra spiritualità, polifonia sacra e cultura calabrese.
«Le pagine si susseguono, ispirate, emozionanti, attraverso le parole di dialoghi intensi e inaspettati di incontri significativi»
Lo scorso sabato si è svolta, presso l’Aula Magna del Seminario Arcivescovile, la presentazione del libro di Ida Nucera “Lo sguardo dei padri” edito da Città del Sole edizioni. Con l’autrice, sono intervenuti S.E. mons. GianCarlo Bregantini, madre Mirella Muià, la editor della casa editrice Maria Zema e il prof. Domenico Minuto.
Maria Zema, nella sua introduzione, ha descritto l’impianto del saggio, facendo cenno anche agli interventi nel volume di altri autori non presenti al dibattito tra cui padre Antonio Spadaro sj. E ha sottolineato come «la narrativa che parte dall’esperienza biografica è la scrittura più vicina al sentire di Ida Nucera. La sua ricerca della paternità, non riguarda solo il ricordo dell’uomo che ha svolto questo compito, generando e custodendo, ma anche tutto ciò che l’immaginario paterno ha rappresentato e quanto del maschile lei ha introiettato, integrato o rifiutato. Una summa della memoria delle influenze paterne. Le pagine si susseguono, ispirate, emozionanti, attraverso le parole di dialoghi intensi e inaspettati di incontri significativi con chi ha già percorso questa strada, restituendo la trama e l’ordito di un percorso archetipico che racconta un’esperienza comune eppure così diversa, regalando innumerevoli squarci e spunti di riflessioni sulla figura paterna».
Ida Nucera ha parlato del padre medico: «Sono rari gli uomini e le donne che oggi sappiano ascoltare, fermarsi ad osservare il sintomo, cogliere il dettaglio che fa la differenza in una diagnosi. Che sappiano leggere nel profondo e cogliere il punto di non ritorno, il punto di divisione nell’anima che ci fa ammalare. Se li abbiamo conosciuti, siamo stati fortunati, questi medici sono testimoni di una razza a rischio di estinzione». E ha continuato: «Quale il lascito di tuo padre? Di tutti i padri? Ho aspettato parecchio per rispondere a questa domanda ed oggi posso dire che le cose possono acquistare, a poco a poco, evidenza o efficacia, sedimentando nella coscienza e nella memoria. Mettono radici e mentre lo fanno, se ne ha consapevolezza».
Madre Mirella Muià ha sviluppato il tema profondo dell’erranza che ciascuno declina con la sua esperienza di vita e dell’orientamento esistenziale che ci dona la paternità. Suo padre era un marinaio e lei è sempre stata accompagnata da questa suggestione del navigare, “come cammino alla ricerca di porti sicuri e come luogo in cui si attende qualcuno».
Monsignor Bregantini, dopo aver ricordato la sua lunga azione pastorale in Calabria, ha parlato del suo come di un papà «che è stato molto importante in maniera indiretta, nel senso che stava sullo sfondo e aveva comunque una capacità educativa molto rispettosa. Io definisco mio papà un uomo mite e come tutta la realtà della mitezza, non si impone mai, ma si propone sempre, ha una forte incidenza dentro il cuore, più che nell’aspetto esterno, organizzativo o decisionale, quanto piuttosto per quello motivazionale. Questa è stata la sua presenza ed è su questo che io ho sempre lavorato, non per creare risposte eclatanti, vistose, energiche e decisive. Non risposte esplosive sul momento, ma lente, calme, profonde, che sono invece quelle più determinanti e incisive, come in fondo, la differenza tra una pioggia torrenziale e la pioggerellina del pomeriggio che feconda veramente l’orto. Ecco, così è stato mio papà, una pioggerellina calma, tranquilla, ma profonda. Un po’ come la brezza lieve di Elia, non terremoto, né vento forte, né incendio, ma rispettosissima di lui che, in quel venticello leggero, ha potuto riconoscere l’autentico volto di Dio».
Il prof. Minuto è stato introdotto da Ida Nucera che voluto sottolineare quanto sia stato semplice parlare con lui. «Parlare con Domenico Minuto è stato facilissimo. Perché ti conduce dove non ti aspetti, con una vivacità di pensiero e una carica di vita inesauribile. Io cercavo la saggezza e lui si raccontava da giovane. Mi stupiva il suo narrare delle camminate con passo svelto e cadenzato. Le crisi affrontate, il modo di procedere nella vita, coinvolgendo e arricchendo chiunque lo incontri. La saggezza coniugata con l’umiltà, una profonda spiritualità a tratti dubbiosa e inquieta. Questo lo rende profondamente un uomo del nostro tempo».
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Ed in effetti il prof. Minuto ha conquistato la platea quando, alzandosi dal suo posto tra il pubblico, sì è seduto sui gradini sottostanti il tavolo dei relatori rivolgendosi al pubblico con il suo tono colloquiale ed umile. «Finché mio padre era vivo, ho avuto dei rapporti normali con lui. Dopo che è morto, ho riflettuto su tutto quello che ha fatto e che mi ha lasciato di dentro. Quindi, da un certo punto di vista, la morte è una sublimazione. Perché fino a che vivo, io mi trasformo e mi correggo, spero, oppure peggioro… La morte permette di trasmettere e conservare nel ricordo il bene che si è fatto nella vita. Sembra un controsenso, morire e lasciare, ritornare a trasmettere. Non è un controsenso, perché l’uomo è impastato di infinito. La mia vita non è definita dal fatto che mi seggo su questa sedia questa non è la mia realtà. La realtà è altro. Scombussola pensare: vedi che sei immerso nell’infinito di Dio».
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