
Adolescence, un teen drama al confine tra innocenza e crimine
Nell’esistenza dei nostri giovani siamo degli adulti significativi? E quanto sappiamo delle profondità e degli
di Antonino Ventura * - In attesa dell’affermazione delle nuove canzoni che faranno da colonna sonora a questa estate, da quella dello scorso anno riecheggiano ancora le parole del “tormentone” di Rovazzi: «Faccio quello che voglio/ faccio quello che mi va/ Quest’estate sono fuori controllo». Queste poche frasi riassumono bene la concezione della vacanza ai nostri giorni, specialmente per le nuove generazioni. Infatti, giunto il momento del tempo libero e delle vacanze, si crede che sia finalmente venuta l’ora di «vivere davvero», di evadere dalla stressante routine quotidiana, anche e soprattutto perché il tempo del lavoro e dello studio è vissuto come una costrizione inutile, una schiavitù da cui fuggire appena se ne ha l’occasione.
Quindi è evidente come, a causa di una concezione negativa del tempo impegnato (lavoro per gli adulti, studio per i giovani), si genera un sentimento della vacanza come fuga da responsabilità e incombenze, come consumo di momenti di divertimento, come uno “stare senza pensieri”: uno spegnere il cervello che necessita di azzerarsi dopo il sovraccarico dei mesi precedenti, quasi come se la nostra esistenza fosse uno smartphone. Eppure, l’esperienza ci dice che il tempo estivo vissuto senza passioni e impegni, come autoreferenziale ed egoistico, è un tempo che alla lunga annoia: tempo perso e sprecato, perché rende più schiavi di quello che si ha quando si studia e lavora.
La vacanza non è più «vacante» di senso, non viene svuotata di contenuto, solo quando il meritato riposo dopo le fatiche dell’anno si trasforma nell’impegno della ricerca di bellezza e di tranquillità, che nascondono qualcosa di ben più di un mero bisogno di distrazione e di evasione. Il tempo libero, il positivo tempo di ristoro, cela dietro di sé l’urgenza di dar spazio a ciò che maggiormente conta nella vita, a ciò che a volte viene sacrificato per la fretta, per le innumerevoli cose da fare, per doveri e scadenze. Al contrario, la stagione estiva può essere tempo per noi: tempo da valorizzare, momento che a sua volta valorizza e arricchisce la persona, l’ora opportuna per ritrovarsi, l’attimo da cogliere per riprendere consapevolezza di ciò che vale davvero e da donare a coloro che amiamo.
L’estate possa essere per tutti il tempo di una libertà che valorizza e fa emergere la verità della nostra persona, che soddisfa le nostre esigenze più profonde di bellezza e di amore, occasione per aprirsi all’infinito e non di perdersi nel «vuoto» delle proprie piccolezze. Perché, parafrasando un bimillenario tormentone: «Cosa serve all’uomo guadagnare tutta un’estate, se poi non ritrova sé stesso?».
* assistente diocesano Msac
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