Avvenire di Calabria

Il ricordo di una delle figure più carismatiche della Chiesa reggina - bovese nella testimonianza di Renato Laganà

Lo stile e la fede di don Lembo

Il sacerdote è stato il primo direttore del settimanale Avvenire di Calabria e assistente dello scoutismo cattolico dal 1945

di Renato Laganà

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Nel filmato dell’inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale intitolata a San Giorgio in San Roberto, accanto all’allora arcivescovo, monsignor Giovanni Ferro appare una figura di uomo e sacerdote, da sempre prodigatasi affinché il suo paese natio potesse coronare l’attesa di poter avere, finalmente, una nuova chiesa parrocchiale.


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La memoria del documento testimonia la presenza e la continua vicinanza spirituale alla terra natia di don Vincenzo Lembo che, entrato all’età di dieci anni nel seminario reggino, completò gli studi teologici presso il seminario di Catanzaro per poi essere ordinato sacerdote, il 31 luglio 1938, nella Cattedrale di Reggio dall’amministratore apostolico Roberto Nogara, vescovo di Cosenza.

Don Lembo, un giovane sacerdote al servizio della Chiesa

Quel giovane sacerdote di ventidue anni, per la sua preparazione, venne subito chiamato a svolgere l’attività di insegnante di lettere presso il Seminario arcivescovile di Reggio Calabria, oltre all’incarico di prefetto d’ordine e di economo presso la stessa struttura. Nel 1940 iniziò a insegnare religione presso il liceo classico Tommaso Campanella, incarico che mantenne per 40 anni educando «alla fede ed alla libertà generazioni di giovani».

Il nuovo arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Enrico Montalbetti lo volle come suo segretario, attività che lo impegnò sino alla tragica scomparsa del presule nel 1943 e ripresa con il suo successore, monsignor Antonio Lanza sino al 1945. Da quell’anno, dopo essere stato assistente dapprima del «Circolo San Paolo», poi assistente della Gioventù maschile di Azione cattolica e poi della Fuci, venne chiamato come prorettore del Seminario diocesano, divenendone poi rettore. In quegli anni, come ha ricordato in una testimonianza dell’anno 1985 Giuliano Gaeta, indimenticato procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, gruppi di ragazzi dell’Azione cattolica «ammaliati dalla personalità di quel prete poco più che ventenne, marinavano persino le lezioni pur di correre nella vecchia baracca della San Paolo per sentire, per apprendere, per crescere all’ombra di quell’insegnamento che era certamente fatto di verità e di semplicità».

Primo storico direttore di Avvenire di Calabria

L’intensa attività di formazione religiosa e culturale si tradusse nell’impegno voluto dall’arcivescovo Lanza di dare vita ad un settimanale diocesano per il quale don Lembo accettò il ruolo di «primo direttore». Quel giornale, come ha ricordato la compianta Franca Maggioni Sesti della quale ricorre in questi giorni il decennale della sua nascita in cielo, venne denominato Avvenire di Calabria per portare avanti «una linea ed un programma di tensione ideale» perché «teso verso l’avvenire, spiritualmente e socialmente migliore».

Quest’anno saranno settantacinque anni da quel 16 settembre 1947, quando, «di ritorno da una visita al seminario pontificio, lungo la strada», l’arcivescovo Lanza, come ebbe a testimoniare nel 1963 lo stesso don Lembo, ne indicò la testata e «non accettò lì per lì riserve di sorta, difficoltà, discussioni». Esso si inseriva all’interno di una tradizione che monsignor Antonino Denisi ha ricordato nel testo edito in questi giorni dei Colligite Fragmenta (L’arcidiocesi di Reggio Calabria. Vescovi, clero e parrocchie) e che non voleva essere «una novità e neppure una sorpresa. Per nessuno», perché essa era «una fiaccola nascosta, che si riaccende con nuovo calore e nuovo alimento.

Una voce spenta, che riprende con diversa tonalità antiche e non dimenticate vibrazioni». I suoi diciott'anni continui di direzione del settimanale hanno dato voce all’impegno dei cattolici all’interno della comunità civile e, come ha scritto Mario Laganà, con «intensa e lucida attività giornalistica». Il «suo stile inimitabile, l’incisività e la concretezza con cui seppe affrontare i problemi della Regione come della città furono le caratteristiche precipue di questo suo impegno» che resero L’Avvenire di Calabria «ricercato e letto sia a livello regionale che nazionale, tanto erano forti i contenuti culturali e note le sue battaglie per una corretta e giusta amministrazione della cosa pubblica».

Don Lembo e l'impegno per lo scoutismo cattolico

Il suo impegno tra i giovani, portò don Lembo ad essere assistente nello scoutismo cattolico reggino sin dal 1945, proseguito poi, con vari ruoli, per tutta la sua vita. Il ricordo più vivo che conservo è quello legato alla opportunità di poter attingere ai libri della sua biblioteca, quando, scoperto il mio interesse per la storia locale, mi ospitava nel suo studio mentre continuava con la sua macchina da scrivere Olivetti «lettera 22» a comporre le veline dei suoi editoriali. Quei ricordi li sintetizzai, in occasione del suo «ritorno alla Casa del Padre» avvenuta il 22 aprile 1985, in quella piccola testata giornalistica (Il Richiamo, periodico del Masci e dell’Associazione Scout Brutia) di cui fu direttore negli anni della sua «partenza». Citai la ricchezza degli incontri che organizzava «con la sua parola ricca di richiami alle realtà quotidiane, pregnata di continui riferimenti ad un cristianesimo vivo, di una cultura penetrante che ti rendeva partecipe e ti intrappolava senza nozione di tempo e non solo in quel luogo, tra quelle pareti, ma negli innumerevoli siti delle attività all’aperto, tra i boschi, nelle vallate aspromontane, nelle piccole chiese sperdute, nelle cattedrali millenarie».

Non potevo dimenticare gli incontri estivi nel paese natio, nella casa in Milea (frazione di Melia che ricade sul territorio di San Roberto), luogo che conservava nel cuore pur vivendo una dimensione di cittadino del mondo e le altre occasioni in cui «quelli della diaspora», che il lavoro aveva portato in città lontane, si ritrovavano nel cortile della Cattedrale per incontrarlo, anche dopo molti anni.


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Nel suo «Testamento spirituale» riferendosi alle generazioni di studenti incontrati nelle scuole e soprattutto ai ragazzi delle associazioni cattoliche, don Vincenzo Lembo scriveva che «hanno costituito tutto il mio mondo, il mio rifugio, la mia forza, la mia gioia; sono stati la mia parrocchia, la mia stupenda famiglia. I giovani mi hanno allietato e arricchito, stimolato al meglio, edificato». Questa parrocchia ideale, costruita da un sacerdote nato da «genitori semplici, umili poveri ma ricchi di fede, di saggezza, di bontà» ha le sue radici nella storia della vallata a nord della città di Reggio Calabria che, sulle pagine del settimanale, abbiamo ripercorso in questi ultimi mesi.

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