Avvenire di Calabria

I carabinieri scoprono una rete vastissima di spacciatori a Cosenza

Mamma denuncia il figlio-pusher: 35 arresti

Federico Minniti

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«Una mamma disperata». Così il procuratore capo di Cosenza, Mario Spagnuolo, ha definito una donna che ha denunciato il propri figlio che per “professione” faceva il pusher. «C'è una generazione che sceglie il reato come sistema di vita», commenta laconico il capo della Procura bruzia.
Ma quella madre non poteva più sostenere la vita che conduceva il figlio, perseguitato dal suo “fornitore” per un mancato pagamento della droga da piazzare. Erano delle vere e proprie aggressioni pesantissime, come pestaggi sanguinosi e incendi di motorini e auto. Un pestaggio, conferma il pm Cozzolino, «lo abbiamo ascoltato in diretta, attraverso un’intercettazione. Ancora non abbiamo identificato la vittima, che urlava a squarciagola». Un gioco di ruolo, in un'organizzazione «liquida», come la definiscono gli inquirenti.
I “grossisti” per chi non rispettava le “regole” si trasformavano in strozzini.
Così gli spacciatori debitori erano costretti a vestire i panni di ladri specializzati in furti di materiale da lavoro. Venivano, infatti, presi di mira autovetture e furgoni, dai quali si rubava qualsiasi cosa si potesse rivendere per fare cassa.
La rete dello spaccio, seppur non è contestato il vincolo associativo ai fermati, era sostenuta dai carichi in arrivo da Reggio Calabria così le zone cittadine veniva divise nelle “piazze” della droga a Cosenza. «La riattivazione del sistema di video sorveglianza – ha dichiarato il procurato Spagnuolo – è assolutamente necessaria per arginare questa criminalità predatoria che non risponde alle logiche dell'associazione a delinquere di stampo mafioso». Cani sciolti a cui vengono contestati 215 capi di imputazione, tra cui anche furti, estorsioni, detenzione abusiva di armi e usura, per ben 700 episodi di spaccio documentati e 35 misure di custodia cautelare. Un'indagine anomala che ha visto il coinvolgimento di duecentocinquanta militari dell'arma dei Carabinieri. «Lo spaccio – ha sottolineato il procuratore aggiunto Marisa Manzini – è un allarme sociale: tantissimi dei fermati sono poco più che ventenni, bramosi di ottenere denaro a ogni costo».

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