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Inizia domani, in Corte d'assise a Catanzaro, il processo a carico di Salvatore Ascone accusato di concorso nell'omicidio dell'imprenditrice Maria Chindamo, di 44 anni, di Laureana di Borrello, scomparsa il 6 maggio 2016 a Limbadi e il cui corpo, secondo la Dda di Catanzaro, è stato dato in pasto ai maiali ed i resti triturati da un trattore cingolato.
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L'uomo, proprietario di un terreno attiguo a quello della donna, è accusato di avere manomesso l'impianto di videosorveglianza posto all'ingresso dell'azienda dell'imprenditrice.
«Per otto anni - ha detto alla vigilia del processo il fratello della donna, Vincenzo Chindamo che non si è mai piegato davanti alla ricerca della verità - abbiamo camminato sulle strade della speranza anche quando tutto sembrava perso. Grazie ai movimenti e alle associazioni Penelope Italia Odv, Libera Vibo, Goel-Gruppo Cooperativo, gli avvocati Nicodemo Gentile ed Antonio Cozza, tantissime scuole».
Un cammino, ricorda ancora il fratello dell'imprenditrice, «sempre con meno solitudine e sempre più in compagnia di un fronte di speranza e rinascita, fatto da tante donne e uomini partendo dal cancello di Limbadi e dagli abitanti di Limbadi».
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«È significativo passare a comprare il pane ed essere riconosciuto ed accolto con il sorriso! È significativo e coraggioso che l'Amministrazione comunale e la scuola a Limbadi celebrano l'8 marzo nel salone del comune in memoria di Maria Chindamo e dei valori della libertà, annunciando l'intitolazione di una via a suo nome», ancora Vincenzo.
«Dopo 8 anni - ha aggiunto - la prima udienza. Mi aspetto l'inizio di un percorso con una velocità diversa, in cui lo Stato si è reso più manifesto nel partecipare a questo cammino difficile. In 8 anni ci sono stati silenzi operosi e si è lavorato molto, il processo ne è la dimostrazione. Non ho mai smesso di credere, lungo tale interminabile periodo, nello Stato. Grazie per chi mi ha contattato sentendo di voler essere simbolicamente presente giorno 14 per amplificare gli appelli di verità e giustizia».
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Il processo, filone della maxi inchiesta "Maestrale", riguarda anche l'omicidio di Angelo Corigliano, avvenuto a Mileto nell'agosto 2013, per il quale sono imputati a vario titolo Salvatore Pititto, Domenico Iannello e Giuseppe Mazzitelli.
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