Avvenire di Calabria

Vincenzo Chindamo ripercorre gli ultimi giorni di vita di sua sorella Maria; i pentiti sono certi: a ucciderla è stata la 'ndrangheta

Maria Chindamo uccisa dalla ‘ndrangheta? Parla il fratello Vincenzo

Il fratello dell'imprenditrice scomparsa il 6 maggio del 2016 racconta le sensazione della prima ora e il dolore collettivo vissuto

di Federico Minniti

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Vincenzo Chindamo ripercorre gli ultimi giorni di vita di sua sorella Maria; i pentiti sono certi: a ucciderla è stata la 'ndrangheta. Il fratello dell'imprenditrice scomparsa il 6 maggio del 2016 racconta le sensazione della prima ora e il dolore collettivo vissuto.

Vincenzo Chindamo: «Il sorriso di Maria era troppo forte per la 'ndrangheta»

Per Vincenzo Chindamo il dolore non si è mai affievolito: «Ci faccio i conti tutti i giorni». Il 6 maggio 2016, sua sorella, Maria Chindamo, è scomparsa. La sua autovettura è stata ritrovata nei pressi della sua azienda a Limbadi, nel vibonese. Sulla sorte dell’imprenditrice hanno testimoniato diversi collaboratori di giustizia, vicini al clan Mancuso, mammasantissima della ‘ndrangheta vibonese. «Emanuele Mancuso mi disse che Maria Chindamo venne fatta macinare con un trattore o data in pasto ai maiali» ha dichiarato Antonio Cossidente, ex componente del clan dei Basilischi.


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Abbiamo sentito Vincenzo Chindamo proprio nei giorni che ricordano la scomparsa della sorella.

Sono passati 7 lunghi anni da quel 6 maggio 2016…

Ho ancora impresse nella mia mente le sensazioni che ho vissuto quella mattina. Da subito ho compreso che era successo qualcosa di molto grave, un dolore con cui convivo ogni giorno della mia vita.

Scomparsa nel nulla. Così la ‘ndrangheta ha provato a “cancellare” l’esperienza di sua sorella, un’esperienza fatta di libertà.

Il sorriso di Maria non era sostenibile per chi fa parte del brutto della società. La sua bellezza, la sua vitalità, la sua voglia di credere ogni giorni di più nella sua terra, dava fastidio. La ‘ndrangheta ragiona così: un tribunale clandestino che emette sentenze e giustizia chi non abbassa la testa. Ma il nostro dolore in poco tempo si è trasformato in dolore collettivo.

Secondo lei perché?

Perché la violenza mafiosa è terroristica, pone le comunità in una condizione di paura. Ritrovarsi attorno alla figura di Maria non è stato solo un ricordo, ma un modo per dimostrare che la Calabria e le calabresi e i calabresi non sono quelli che vogliono loro.


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Tornando al 6 maggio 2016, secondo lei sua sorella Maria sapeva i rischi che correva?

Maria è sempre stata una donna libera. Ha studiato, ha amato, ha investito in questa terra. La sua determinazione certamente cozzava col modo di pensare degli ‘ndranghetisti. Ha sempre camminato a testa alta e si è sempre presa la responsabilità delle sue scelte. Tutto questo sì che fa paura ai criminali.

Eppure ancora oggi non si conoscono i nomi dei responsabili…

La Procura sta lavorando ininterrottamente da sette anni alla ricerca della verità. Non bisogna essere degli esperti di diritto per capire che se stanno andando avanti hanno elementi validi per farlo.

Si riferisce alla deposizioni di alcuni collaboratori di giustizia?

I collaboratori che hanno parlato di Maria e della sua azienda hanno contribuito a svelare una parte di verità. Noi restiamo fiduciosi nella magistratura per conoscerne l’interezza.

A proposito dell’azienda di sua sorella, i problemi non sono mancati neanche dopo la sua scomparsa. Un furto anomalo.

Non possiamo accusare nessuno anche se, in certi contesti, quelle cose non accadono senza l’avallo del boss di turno. Ciò che conta è la reazione della gente comune. Una raccolta fondi ha ridonato quello che è stato rubato ed è stato installato anche un impianto di sorveglianza.

È stato quello il momento in cui avete pensato di passare dal grigiore ai «colori della rinascita»?

Lei cita lo slogan di quest’anno, «i colori della rinascita», e in effetti è così: proprio in questi giorni abbiamo ufficializzato la nuova vita dell’azienda di mia sorella, Maria Chindamo, grazie al Goel. Si svilupperà un’impresa eticamente orientata che vuole restituire alla collettività la bellezza di resistere al giogo mafioso.


PER APPROFONDIRE: Don Stamile: «Non lasciamo soli chi denuncia la ‘ndrangheta»


Se potesse rivolgersi a chi ha fatto scomparire sua sorella così direbbe loro?

Confessate, pentitevi. Collaborate con la giustizia: vi siete macchiati di un crimine troppo grande, un peccato davanti a Dio e agli uomini. Come pensate di giustificare quello che avete fatto davanti agli occhi dei vostri figli? Non c’è nessun onore da preservare, la vostra vita fa schifo, è un continuo disonore. Collaborate come sto facendo anche io…

In che modo?

Da tre anni insegno in un liceo artistico all’interno di un carcere. Provo a donare speranza e futuro a quei detenuti. Ci metto il massimo dell’amore possibile. Nonostante tutto.

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