Avvenire di Calabria

C’è grande fermento nel mondo dei media: viviamo una stagione che è già segnata da un cambio epocale, paragonabile all’avvento degli smartphone e alla nascita dei Social media

Da utenti a utensili. I risvolti antropologici dell’intelligenza artificiale

L'intelligenza artificiale trasformerà davvero l'uomo da utente a utensile?

di Davide Imeneo

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Cosa potremo chiedere alle intelligenze artificiali che popoleranno i nostri dispositivi? E, soprattutto, fino a che punto influenzeranno le nostre scelte? Questioni che vengono affrontate in questa riflessione sui risvolti antropologici dell'intelligenza artificiale.

C’è grande fermento nel mondo dei media: viviamo una stagione che è già segnata da un cambio epocale, paragonabile all’avvento degli smartphone e alla nascita dei Social media. La diffusione su larga scala dell’intelligenza artificiale (che è ancora agli albori) lascia intravedere nuovi orizzonti: il rapporto tra persona e macchina non sarà più di tipo strumentale (per esempio: “avvio il computer per disegnare una locandina per il prossimo convegno che si svolgerà in data x con i relatori y”), ma tra la persona e i suoi dispositivi esisterà un vero e proprio dialogo, articolato su domande e risposte.


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Non si utilizzerà lo strumento per svolgere una parte del compito, ma sarà la tecnologia a decidere come svolgere un compito che gli è stato chiesto di fare (per esempio, possiamo già dire ad un’intelligenza artificiale “disegna una locandina per il prossimo convegno, si svolgerà in data x con i relatori y”).

L’intelligenza artificiale, infatti, non si propone come strumento, ma come “assistente virtuale” capace di generare linguaggio naturale e creatività, prerogative proprie dell’intelligenza umana. Già sul settore della grafica sono stati fatti passi da gigante (si pensi ad Adobe Firefly - generatore di arte Ai), ed anche per quanto concerne la generazione di testi e codici di programmazione lo stato delle cose è molto avanzato. La persona chiede (cioè scrive o pronuncia una richiesta dettagliata) e la macchina “pensa” ad una o più risposte possibili. Perfino una lettera d’amore, una poesia farcita di sentimenti, una canzone in vernacolo: l’intelligenza può già fare (quasi) tutto.

Ma la domanda è: questi algoritmi ci miglioreranno o ci sostituiranno?

Gran parte degli addetti ai videoterminali potranno tranquillamente essere sostituiti da Intelligenze artificiali che impareranno a svolgere i loro compiti…e probabilmente sapranno farlo meglio.

L’ambito dell’informazione è tra i principali settori a rischio “artificializzazione”…però le macchine difficilmente riusciranno a supplire alla creatività propria del lavoro giornalistico: potranno subentrare in alcuni processi, ma non saranno mai in grado di svolgere un lavoro di inchiesta, di contribuire con l’originalità propria di chi interroga fonti e “collega punti”, racconta storie e raccoglie prove…e così via. Si salverà il giornalismo più intelligente delle macchine: in fondo l’intelligenza artificiale ci educherà al necessario, riporterà al cuore ogni professione, restituirà all’uomo ciò che gli appartiene: le relazioni.

Se l’intelligenza artificiale sarà utilizzata con quest’ottica “umana”, allora ci saranno dei benefici per le persone. Tutto ciò che è ricorsivo, schematizzabile e scalabile potrà essere fatto dagli algoritmi intelligenti…le donne e gli uomini del nostro tempo avranno la possibilità di liberare tempo per dedicarsi alla creatività relazionale.

Ma c’è anche una deriva preoccupante: delegare alle macchine l’identità creativa e relazionale del proprio essere e del proprio lavoro. Questo può già accadere con le attuali tecnologie, che - ad esempio, per l’ambito lavorativo del giornalismo - sono in grado di elaborare un piano editoriale, formulare le domande per un’intervista e procurare i contatti per poterla realizzare, scrivendo già eventuali email di raccordo. Ma, se ci distacchiamo dall’ambito lavorativo e approdiamo a quello esistenziale, si intravedono scorci piuttosto inquietanti: l’intelligenza artificiale può diventare il proprio personal coach, può sostituire lo psicologo. Ad essa posso rivolgere domande esistenziali ed interiori.


PER APPROFONDIRE: Comunicazioni sociali, l’impegno della Chiesa tra Intelligenza artificiale e fake news


Insomma, se l’intelligenza artificiale mi suggerisce cosa scegliere o non scegliere - o anche solo influenza le mie scelte -, non divento così lo strumento del mio strumento? Da utente a utensile, il passo è breve. E con la diffusione capillare dell’intelligenza artificiale sarà ancora più facile trasformarsi inconsapevolmente da utenti a utenti. Chi riuscirà a salvare la propria libertà?

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