Avvenire di Calabria

I volontari reggini si raccontano e spunta un ringraziamento rivolto proprio a loro, ai poveri «megafoni» della voce di Dio

Mettersi in discussione e servire i clochard educa al Vangelo

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Dopo tanti anni a contatto con i poveri sentiamo la necessità di ringraziare i molti volontari della nostra diocesi, e non solo, per il servizio che svolgono giornalmente nell’ aiutare coloro vivono ai margini della società. Non sono eroi ma semplici cittadini, giovani e meno giovani, che hanno deciso di fare propria la parabola del “buon Samaritano” e tradurre in concreto la bellissima pagina dell’Evangelista Matteo, dove spiega esattamente come innamorarsi di Cristo. Diceva don Tonino Bello: «Vogliate bene a Gesù Cristo, amatelo con tutto il cuore, prendete il Vangelo tra le mani, cercate di tradurre in pratica quello che Gesù vi dice con semplicità di spirito. Poi, amate i poveri. Amate i poveri perché è da loro che viene la salvezza, ma amate anche la povertà. Non arricchitevi».

Questo messaggio ha riempito il cuore dei volontari che nel silenzio accorrono ogni qual volta ci sia una necessità. Quando si va in strada o all’Help Center “Casa di Lena” o alle mense condivise – così come quando si andava al porto ad accogliere i migranti, non si offre il pasto solo per soddisfare il bisogno primario che è “la fame di cibo” ma si cerca di soddisfare soprattutto “la fame di relazione” derivante dalla solitudine e della sofferenza. Di ognuno si conosce il nome e si cerca di capire il mondo in cui vive per poterlo aiutare. Per fare ciò ci vuole pazienza e perseveranza, solo così si riesce a sostenere ciascun prossimo. In questa missione purtroppo non mancano le tragedie. I nostri amici ci lasciano, qualche volta anche in modo tragico come dimostra il decesso dell’ennesimo invisibile.

Viorel questo è il suo nome, è stato investito mentre andava a dormire «all’hotel della stazione», come i poveri definiscono i loro alloggi sui vagoni. Per i volontari è morto uno di famiglia, un fratello. La Caritas con le parrocchie e le associazioni fanno tanto per tutelarli offrendo loro per qualche notte un posto sicuro dove possono ripararsi dall’eccessivo freddo o dall’eccessivo caldo, rifocillarsi, relazionarsi.
Così facendo stanno lontano dalla strada che molto spesso diventa un problema per loro stessi, sicuramente non per gli altri cittadini “visibili”. La funzione pedagogia ed educativa delle strutture come “La Casa di Lena”, le varie mense che ci sono in molte parrocchie, l’Emporio della solidarietà, i centri d’ascolto, le strutture dove vanno a dormire, hanno il compito di ascoltare e orientare ma soprattutto creare una comunità dove il rispetto delle regole diventa importante e la possibilità di non restare per strada fornisce una forma di garanzia per evitare che possano accadere situazioni simili come quella accaduta al nostro Viorel. Da soli però, è difficile.

Occorre essere sostenuti, occorre un centro permanente dove il letto non è il vagone e il corridoio non è la strada. Noi ci proviamo ma quando succedono queste tragedie è una sconfitta per tutti noi, per la società, per le istituzioni, per la politica, per le realtà impegnate. «Il bene di ognuno passa dall’attenzione di tutti e il bene di tutti passa dall’attenzione di ognuno». Un augurio di buon Natale a tutti nella speranza che in questi giorni di festa con tavole imbandite di cibi gustosi non dimentichiamo di apparecchiare un posto (magari a capotavola) per Gesù Bambino.

Articoli Correlati