Avvenire di Calabria

Un monastero conteso a Reggio Calabria tra francescani e benedettine: oggi è ancora presente sul territorio diocesano

Conosci la storia del monastero conteso a Reggio Calabria?

Di cosa stiamo parlando? L'archivio di Laganà apre uno scrigno di curiosità su un edificio di culto molto conosciuto in città

di Renato Laganà

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Un monastero conteso a Reggio Calabria tra francescani e benedettine: oggi è ancora presente sul territorio diocesano. Di cosa stiamo parlando? L'archivio dell'architetto Renato Laganà apre uno scrigno di aneddoti e curiosità su un edificio di culto molto conosciuto in città.

Reggio Calabria, scopri la storia del monastero conteso

Fuori dalle mura della città, accanto alla Chiesa dedicata a San Paolo, era situato l’antico Convento di San Francesco di Assisi fondato dal Beato Pietro, uno dei confratelli del Santo, tra il 1220 e il 1230 accanto ad una preesistente chiesa di San Marco, che ricordava la visita dell’apostolo nella città.

L’area antistante il Convento, nell’anno 1428, diventò il luogo in cui tenersi la Fiera di San Marco, a seguito del Diploma, dato dal sovrano angioino Luigi III d’Angiò, che confermava la precedente concessione del Duca di Calabria Alfonso I d’Aragona del 4 marzo 1426.

La fiera, i cui partecipanti vennero esentati da diritti fiscali per stimolare la ripresa economica della città, si teneva davanti alla Chiesa di San Marco e durava dal giorno della vigilia della festa del santo sino all’ottava successiva. Essa fu attiva sino alla fine del XVI secolo.


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Dopo la distruzione, ad opera dei Turchi, dell’anno 1594 i frati diventarono i custodi della preziosa testimonianza legata alle origini del Cristianesimo a Reggio. In quella occasione aggiunsero al loro sigillo «la porta della Città, detta della Mesa, con l’antemurale e la croce et la colunna di San Paolo» (Tegani).

Nell’anno 1783 i frati Conventuali si erano ridotti a sei. Questo è il numero indicato nel- l’elenco redatto dalla Cassa Sacra, dopo il terremoto del 5 febbraio, che aveva squassato la città in più parti, che è stato riportato dal de Lorenzo nel testo Un secondo manipolo di monografie e memorie reggine e calabresi.

L’esiguo numero favorì la dispersione e il convento, dopo la reintegrazione, nell’anno 1796, dopo un breve periodo rimase vuoto. La struttura edilizia, situata lungo la strada consolare a circa duecento metri dalla Porta Mesa era di forma quadrangolare (36x33 metri) e si sviluppava attorno ad una corte centrale (15x16 metri) circondata da un porticato che sul lato meridionale era tangente alla chiesa.

Nel 1799, l’arcivescovo monsignor Bernardo Maria Cenicola, faceva trasferire le suore Benedettine nella struttura che era stata dei Francescani, accanto alla antica chiesa di San Paolo, abbandonando l’antica sede di Santa Maria di Pesdoglioso.

Le rimostranze dei frati non riuscirono a modificare quanto indicato dall’arcivescovo e la dote economica del Convento venne assegnata all’Ospizio delle Verginelle. Questa istituzione era stata voluta dall’arcivescovo, Alberto Capobianco, nell’anno 1771, ed aggregata successivamente al Ricovero delle Pentite.

Nel 1809, a seguito della soppressione degli ordini religiosi da parte del governo napoleonico, il monastero venne chiuso e venne riaperto nel 1817.


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Nei primi anni dell’Ottocento, la definizione del nuovo isolato urbano oltre alla regolarizzazione dei percorsi stradali, all’interno del piano di ricostruzione redatto dall’ingegnere Mori e successivamente aggiornato e modificato, venne sancita dalla Giunta di Riedificazione della Città di Reggio che, il 10 aprile 1817, così stabiliva: «L’ingegnere Comunale avendo preparata la nuova Pianta di questa Città assegni al Monastero della Vittoria, coll’affissione de picchetti, il suolo contiguo allo stesso, che viene circoscritto dal lato di Levante colla Strada Maestra chiamata Corso Borbonio, dal lato di Tramontana colla Strada che deve tracciarsi nel vico di San Filippo Neri o siano antichi aquidotti che sce dono al mare. Dal lato di mezzodì colla Strada da tracciare tangente all’attuale prospetto della Chiesa di San Paolo, e dal quarto lato, rivolto a Ponente, sino alla strada interna dalla Palazzina facienda. Il suolo servirà al detto Manastero per la costruzione della sua Chiesa e per altre fabbriche che cederà di suo profitto».

I suoli assegnati comprendevano quello della chiesa di San Paolo, il suolo dei percorsi stradali precedenti, oltre a quello che spettava allo stesso Monastero. L’anno successivo la Giunta raccomandava di edificare «la porzione prima occupata dalle pubbliche strade, porzione del fondo del Monastero della Vittoria, con eseguire però un disegno elegante e nobile proprio del suo carattere».

Nel settembre 1819 si dava corso all’inselciamento che «dalla Chiesa di San Filippo Neri il Piccolo scende alla marina, occupando i fondi dei signori Cappello e Monastero della Vittoria». Accanto alla struttura dell’antico convento di San Francesco, in allineamento con il nuovo Corso, venne realizzata la nuova chiesa, dedicata a Santa Maria della Vittoria, e la nuova ala del Monastero.

Particolarmente munifica fu suor Giuseppina Genovese, che venne definita «una vera figlia di San Benedetto» (Lofaro) che fu badessa nei decenni a metà dell’Ottocento. Il fronte edilizio della nuova ala del Monastero delle Benedettine ci appare in una immagine, precedente al terremoto del 1908, che mostra un prospetto regolare, con un fronte di circa 36 metri, e ritmato da eleganti lesene sormontate da un alto coronamento.

Esso era in continuità con la facciata della chiesa di Santa Maria della Vittoria (che occupava il sito dell’attuale Chiesa di San Giuseppe), con fronte di circa 12 metri, che continua il coronamento con un leggero avanzamento verso la strada, sorretto da quattro alte colonne in stile neoclassico.

Su di esso si poggia il secondo ordine scandito da sottili paraste che racchiudono tre finestroni sormontato da un timpano triangolare. Dal corpo della facciata emerge la parte terminale del campanile coperto da una cuspide a forma di campana.


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La soppressione degli Ordini religiosi, tra il 1866 ed il 1867, che portò all’incameramento dei beni religiosi da parte dello Stato Italiano, colpì anche il Monastero delle Benedettine che tuttavia resistettero, forti anche del consenso della popolazione ad esse molto legata, all’interno della struttura che era stata progressivamente privata, dagli amministratori pubblici, di una parte del giardino, delle protezioni alle finestre, ecc.

Presso la Chiesa della Vittoria, con il consenso e l’appoggio dell’arcivescovo monsignor Francesco Converti, negli anni successivi al 1859 venne introdotto in Reggio il culto a Nostra Signora del Sacro Cuore che portò, il 10 dicembre 1875 alla istituzione della omonima Confraternita, «aggregata all’arciconfraternita eretta nella chiesa Romana di Sant’Andrea della Valle» (Musolino).

Il 22 luglio 1878, la venerata effigie veniva solennemente incoronata nel corso di una solenne cerimonia. Nel 1892 fu cappellano della chiesa don Giorgio Laganà, sacerdote reggino che era rientrato dopo cinque anni di attività spirituale tra gli emigrati italiani a New York. Riuscì a far frequentare la chiesa a molti fedeli richiamati dalla sua fama di buon predicatore e sensibile confessore.

Il monastero continuò ad operare sino al terremoto del 1908, quando le forti scosse telluriche fecero rovinare l’antica struttura conventuale con le addizioni realizzate nei primi anni dell’Ottocento. Del complesso edilizio religioso venne ricostruita soltanto la chiesa che fu poi dedicata a San Giuseppe.

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