Avvenire di Calabria

Questa storia che oggi vi raccontiamo riguarda l'attuale Chiesa di San Giorgio al Corso: è qui che nell'Ottocento entra in scena la famiglia Strozzi di Reggio Calabria

San Giorgio al Corso e la famiglia Strozzi: una storia inedita a Reggio Calabria

Parliamo di corsi e riscorsi storici, ma anche di un orfanotrofio e della presenza delle suore domenicane in riva allo Stretto: la ricostruzione è di Renato Laganà in esclusiva per Avvenire di Calabria

di Renato Laganà

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Questa storia che oggi vi raccontiamo riguarda l'attuale Chiesa di San Giorgio al Corso: è qui che nell'Ottocento entra in scena la famiglia Strozzi di Reggio Calabria. Parliamo di corsi e riscorsi storici, ma anche di un orfanotrofio e della presenza delle suore domenicane in riva allo Stretto: la ricostruzione è di Renato Laganà in esclusiva per Avvenire di Calabria.

La famiglia Strozzi e la Chiesa di San Giorgio al Corso a Reggio Calabria

Nel sito oggi occupato dalla chiesa parrocchiale di San Giorgio al Corso, sul finire del Settecento, era situato il Monastero delle Benedettine di Santa Maria della Vittoria con l’annessa chiesa dedicata a Santa Maria di Pesdoglioso, il cui perimetro corrispondeva all’area dell’attuale cortile attiguo alla chiesa dedicata a San Giorgio.

Esso era stato edificato nell’anno 1586 nel luogo in cui il 19 novembre, durante una solenne processione, guidata dal Vicario Generale Giovanni Mengozio, fu posta una Croce benedetta. Il Monastero venne intitolato a Santa Maria della Vittoria, in ricordo della vittoria di Lepanto (1571) che vide la flotta dei Cristiani sconfiggere quella dei Turchi.

Di quella struttura resta la descrizione riportata nelle visite pastorali dell’arcivescovo Annibale D’Afflitto del 1599, trascritta nel volume, curato da Antonino Denisi, della seconda visita pastorale. Il Monastero divenne un luogo di spiritualità attiva sino alla seconda metà del XVIII secolo. A seguito delle vicende legate alle distruzioni del terremoto del 5 febbraio 1783 ed alle trasformazioni dovute al Breve di Pio V ed alla Cassa Sacra, il monastero, rimasto squassato, venne abbandonato dalle suore Benedettine che vi ritornarono nell’anno 1796 dovendo tuttavia convivere, con grande difficoltà, con le suore Domenicane provenienti dal monastero di Strozzi, andato distrutto e sacrificato anche dall’attuazione del nuovo modello urbanistico del Piano di Ricostruzione redatto dall’ingegnere Mori.

Esso era stato fondato per essere destinato alla «educazione delle donzelle nobili» dal nobile fiorentino Diego Lamberto Strozzi, nell’anno 1644 presso la chiesa di San Nicolò (situata nella zona della attuale via Miraglia, nell’area della strada antistante l’edificio di Poste Italiane) ed affidato successivamente, nel 1651, alle suore Domenicane.


I NOSTRI APPROFONDIMENTI: Stai leggendo un contenuto premium creato grazie al sostegno dei nostri abbonati. Scopri anche tu come sostenerci.


Nel 1799, l’arcivescovo mons. Bernardo Maria Cenicola faceva trasferire le suore Benedettine nella struttura che era stata dei Francescani, accanto alla antica chiesa di San Paolo.

Le suore Domenicane restarono nella sede accanto alla chiesa per alcuni anni conducendo una vita “grama” che portò alla chiusura dell’Istituto. A seguito del citato terremoto era rimasta priva di sede l’antica chiesa di San Giorgio de Gulpheriis, sita nel Largo Amalfitano, non molto lontano dalla omonima porta urbana. Nell’anno 1797, a seguito della riorganizzazione delle parrocchie nella città ricostruita, la sua sede venne trasferita nella chiesa di Santa Maria di Pesdoglioso.

Rimaneggiata con sommari restauri, dopo i danni del terremoto, essa nel luglio del 1832 venne a trovarsi in condizioni di instabilità. Venne redatto un progetto di restauro che non incontrò il favore del parroco del tempo che scriveva così all’Intendente: «Siccome la proposta restaurazione della mia chiesa riuscirebbe inutile stante la stessa è tutta fracassata e le mura della medesima per la maggior parte squilibrate necessario è costruirsi intieramente per non farsi spese inutili».

Il fondo archivistico conservato presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria contiene una perizia per la ricostruzione, redatta dall’ingegnere Stefano Calabrò nel 1833, che riporta le dimensioni dell’antica costruzione: «Vestibolo, che precede, i palmi 231⁄2x281⁄2 [m6,21xm7,53] Vano della chiesa soltanto di palmi29x301⁄4 [m7,67xm7,93] Tribuna di palmi 20 1⁄2 in quadro [mq 29,41] Sagrestia di palmi 18 x 24 [ m 4,76 x m 6,34]».

Nel giugno del 1833, per l’esecuzione dei lavori, la sede della parrocchia venne spostata nella vicina Chiesa di Santa Maria di Portosalvo, posta sulla testata Nord del fronte della Palazzina, i cui lavori di completamento vennero accellerati. La ricostruzione della chiesa, eseguita con i fondi della Cassa Diocesana, venne completata, per la parte edilizia, nell’anno 1836. I lavori di decorazione proseguirono lentamente negli anni successivi sino a quando, ad opera del parroco don Vincenzo Salazaro furono completati i «restauri ed abbellimenti», inaugurati nell’anno 1877.

A seguito di danni causati da un sisma, nell’anno 1884 la chiesa venne chiusa al culto e la sede trasferita nuovamente nella chiesa di Santa Maria di Portosalvo alla Marina. Il nuovo parroco, monsignor Rocco Zagari, con l’aiuto dell’arcivescovo e le donazioni dei parrocchiani riuscì ad avviare lavori di consolidamento ricostruendo le parti danneggiate che consentirono, qualche anno dopo, la riapertura dell’edificio sacro.


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


Nell’anno 1819 l’intendente Nicola Santangelo fondava in Reggio l’Orfanotrofio Maschile, a seguito del Decreto Governativo del 25 agosto 1819, individuando nella struttura che era stata del monastero delle Domenicane degli Strozzi, la sede per la nuova istituzione. Dopo i necessari lavori di adeguamento, il 4 ottobre dell’anno 1821, il nuovo Intendente, principe Ruffo della Motta, inaugurava l’Orfanotrofio, affidato alle cure del sacerdote Domenico Spoleti.

Esso accoglieva nella sua struttura 36 ragazzi, che vennero preparati ad esercitare i mestieri di sarto, falegname o calzolaio. Nel 1835, il nuovo intendente, Roberto Betti, fece allestire nei locali dell’Orfanotrofio una tipografia, diretta da Luigi Ceruso, che fu molto attiva per tutto l’Ottocento. Nel 1842 ad essa venne aggiunto un laboratorio di legatoria.

Nella seconda metà del XIX secolo, l’Orfanotrofio, come testimonia padre Russo, veniva affidato alle Suore Francescane Alcantarine. Tra le carte dell’Archivio Comunale, il progetto dell’ampliamento dell’Orfanotrofio, presentato per l’approvazione del Consiglio Edilizio nell’anno 1888, ci consente di individuare le forme architettoniche dell’edificio sui prospetti con affaccio sulla via Giudecca e sul Corso Garibaldi.

Associando quest’ultimo al prospetto della facciata della chiesa di San Giorgio, pubblicato sul fascicolo della serie «Le Cento città d’Italia» (allegato al Secolo, ed. Sonzogno) nell’anno 1898 è stato possibile ricostruire il fronte dell’antico monastero con l’annessa chiesa che si trovava ad una quota più ribassata rispetto al piano stradale del nuovo asse del Corso Borbonio (oggi Corso Garibaldi).


PER APPROFONDIRE: L’odissea dei francescani a Reggio Calabria: un tuffo nella storia


Articoli Correlati

Francescani

L’odissea dei francescani a Reggio Calabria: un tuffo nella storia

La storia che oggi vi raccontiamo affonda le sue radici agli inizi del ‘600 e riguarda l’odissea vissuta dai francescani a Reggio Calabria. Dal 1617 al 1929, il racconto di rovine e ricostruzioni che hanno coinvolto il convento dei francescani, la parrocchia del Crocefisso, l’arcivescovo D’Afflitto e un barone omicida.

monastero conteso reggio calabria

Conosci la storia del monastero conteso a Reggio Calabria?

Un monastero conteso a Reggio Calabria tra francescani e benedettine: oggi è ancora presente sul territorio diocesano. Di cosa stiamo parlando? L’archivio dell’architetto Renato Laganà apre uno scrigno di aneddoti e curiosità su un edificio di culto molto conosciuto in città.