Avvenire di Calabria

Studioso, insegnante, ma soprattutto padre

Mons Ferrante: il prete testimone della bontà di Dio

Don Filippo Curatola ricorda il suo confratello don Ferrante

Filippo Curatola

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In questi ultimi anni lo andavo a trovare al mattino verso le 9 nella chiesa delle Veroniche: seduti nell’ultimo banco, nasceva tra di noi un piccolo colloquio, una preghiera insieme, un abbraccio. L’ultima volta ci siamo sentiti proprio il giorno in cui ha lasciato questo mondo. Avevo telefonato alla Casa della carità di Scilla per fargli gli auguri: ricorreva, quel giorno, il 63° Anniversario della sua Messa. Una ragazza ha portato il telefono fino al suo orecchio perché sentisse la mia voce; e don Nicola - mi disse la ragazza - era felice di sentirmi, sorrideva e cercava di rispondere, anche se ormai era impedito di parlare. Un’amicizia la nostra che durava da un’intera vita. Mi lega a lui una stima immensa, un affetto grande, una collaborazione di decenni nel cammino de L’Avvenire di Calabria. Una collaborazione preziosa, la sua, fedele, intensa, di alto spessore culturale, che partì dall’inizio della mia direzione del giornale e si protrasse fino a quasi la fine. Perfino dopo la sua grave malattia, pur non potendo parlare, mi inviava degli articoli da inserire sul giornale, che ha sempre amato come fosse “suo”. I contenuti della sua collaborazione sono stati soprattutto storici, ma di una ampiezza incalcolabile: si interessò - tanto per offrire ai lettori un minimo ricordo - delle “poesie calabre” del Canonico Conia, come delle opere di Francesco Russo; delle radici della spiritualità di padre Catanoso come della vita di mons. Stefano Zoccali; del venerabile Padre Gesualdo come di Annibale D’Afflitto e di Federico II nel suo rapporto con la Calabria; di mons. Enrico Montalbetti, tragicamente scomparso, come del grande mons. Giovanni Ferro; si interessò di temi politici nel loro rapporto con la vita reggina e calabrese come della storia della chiesa di Reggio e della Calabria intera, offrendo in particolare una serie di meravigliosi profili di sacerdoti indimenticabili: due fra tutti quelli di don Domenico Cassone e di don Vincenzo Lembo. *** Ho sempre considerato don Nicola come un “dono di Dio” per la nostra Chiesa diocesana. Un Sacerdote ricco di carismi umani e spirituali. Pieno di una straordinaria umiltà. Non temo di esagerare se lo definisco un “Sacerdote santo”. Ordinato sacerdote il 5 luglio 1953, laureato in teologia con specializzazione catechetica, fu inizialmente parroco a Chorio di S. Lorenzo; poi a S. Stefano in Aspromonte, e a Riparo; successivamente - oltre che Cappellano delle Suore del Monastero di Sales e delle Suore del Volto Santo - Rettore del Seminario Minore in anni difficili del cammino vocazionale. Poi fu anche Cancelliere del Tribunale Ecclesiastico Regionale, Segretario Generale della Curia Metropolitana, Direttore dell'Ufficio Pastorale Diocesano, Vice assistente provinciale delle ACLI. Era inoltre Canonico della Cattedrale dal 1969, Cappellano di Sua Santità dal 1975. Divenuto Parroco di S.Maria di Loreto nel 1986, ha guidato la Parrocchia con l’animo e la sapienza di un autentico Pastore fino al 2011. E' stato per lungo tempo anche direttore dell'Archivio Storico Diocesano. Ha insegnato - oltre che Religione nei primi anni del suo sacerdozio - Patrologia, Storia della Chiesa e Storia della Chiesa Reggina sia nel Seminario Arcivescovile sia nell'istituto Superiore di Scienze Religiose. Ha collaborato con i suoi articoli - oltre che col Settimanale diocesano - anche con diverse riviste specializzate (Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, Brutium, Calabria Sconosciuta, Historica, Rivista Storica Calabrese, Studi Meridionali). Autore di diversi libri, tra cui quello sui Santi italo-greci e i Bizantini in Calabria, giunto alla quinta edizione, è stato anche socio della Deputazione di Storia Patria, membro del Comitato organizzatore degli Incontri di Studi Bizantini. *** Al di là di questa così singolare vita di prete, di studioso, di scrittore, don Nicola è stato soprattutto - dall’inizio alla fine del suo ministero - un “padre”. Lo definiva così anche mio papà Andrea, che fu per 45 anni responsabile dell’Ufficio Anagrafe al Comune di san Lorenzo. Ricordava mio papà che don Ferrante, giovanissimo parroco a Chorio, un giorno lo andò a trovare stabilendo con lui un’intesa a favore della povera gente: per non fare salire i poveri a san Lorenzo, don Ferrante avrebbe telefonato di volta in volta a mio papà indicandogli i certificati da fare e mio papà glieli avrebbe consegnati scendendo con il pullman il pomeriggio. “Non sai quanto è buono don Ferrante!” mi diceva papà Andrea. E come padre lo hanno avuto e amato tutti i fedeli delle sue Parrocchie fino a quelli di santa Maria di Loreto, ultima lunga tappa del suo ministero attivo. Poi ha continuato a ad amare i suoi “figli” offrendo nel silenzio la sua preghiera. Davvero la paternità sacerdotale era così “radicata” in don Nicola che non soltanto la gente, ma anche noi preti ne abbiamo gustato la bellezza e il dono. Ed anche ora che se n’è andato, don Ferrante rimane per la nostra Chiesa una piccola grande luce, che mentre illumina i volti di un passato, traccia i sentieri di un cammino…

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