Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell'omelia pronunciata dall'arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, durante la Messa Solenne del Santo Natale:
Durante questa celebrazione della solennità del Natale, abbiamo letto il prologo di san Giovanni (Gv 1, 1-18), che non consiste nel racconto storico della nascita di Gesù, come invece ci viene proposto nel vangelo secondo Luca, ma si tratta di una riflessione teologica sul mistero della nascita del Figlio di Dio, aspetto che è centrale in tutto il racconto del vangelo secondo Giovanni.
Il Figlio del Padre, il Verbo, il logos della filosofia, la Sapienza eterna che assiste il Padre, come leggiamo in altre parti della Scrittura, che è stato accanto al Padre come consigliere nella creazione («Il mondo è stato fatto per mezzo di lui», questa dell'evangelista Giovanni è una immagine bellissima, ripetuta anche nella Lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato nella seconda lettura), diventa carne, non semplicemente uomo, ma carne, ossa, composto chimico, divenire storico, lavoro, fatica, lotta, relazioni, impegno, dolore, morte. Ecco il significato dell'affermazione: «Il Figlio di Dio si è fatto carne» e ha condiviso con noi tutto.
Dio e l'uomo: una comune condizione di vita
Nella sua sobrietà Giovanni dice che il Verbo è venuto ad abitare in mezzo a noi; cioè è diventato uno di noi nella comune condizione di vita, abitando in un agglomerato di case, all'interno del quale l'esistenza di tanti passa forse inosservata, soprattutto nelle grandi città.
È l'anonimato che il Figlio di Dio ha voluto scegliere. E tale fu l'esistenza del figlio di Dio in mezzo a noi, quella di un qualunque uomo, che si perde nell'anonimato, sperimentando l'esilio e la precarietà del vivere e i problemi di ogni famiglia sin dalla nascita.
La vita del Figlio, luce per gli uomini
Questo è stato il disegno di Dio per il Figlio: essere vita e luce per gli uomini. Notiamo attentamente quanto scritto nel Vangelo: «in lui era la vita e la sua vita era luce per gli uomini». Quasi a voler dire che tutta l'esperienza vissuta da Gesù è esemplare per gli uomini, è luce che illumina le vicende umane e orienta la vita di tutti gli uomini.
L'uomo che vive ricercando il bene e la felicità, se vuole, può accogliere questa luce e questa vita. Può cioè, credere che quanto Gesù ha proposto nel suo Vangelo è la fonte della felicità vera che non si smentisce e non tradisce.
L'uomo davanti alla proposta di Cristo
Se l'uomo vuole accogliere la proposta del Vangelo,
* può credere che il suo destino è oltre la morte e trovare così pace dinanzi all'esperienza della fine della vita;
* può praticare il perdono e non la vendetta e trovare così la pace interiore e la concordia;
* può accettare la sobrietà per soddisfare efficacemente i bisogni e la gioia del vivere, senza rincorrere un consumismo sfrenato, che distrugge le relazioni umane e la natura che ci circonda;
* può godere della bellezza del creato che lo circonda, astenendosi da tutto ciò che può recare violenza ad esso;
* può rifiutare la sopraffazione e accettare la logica del servizio per servire la vita e il bene comune;
* può vivere di accoglienza e non di chiusura egoistica nei propri interessi per superare la minaccia della solitudine e del non- senso in cui ci confina l'egoismo;
* può scegliere sempre l'unità della famiglia rifiutando il ricorso alla divisione e alla separazione come soluzione dei problemi;
* può scommettere sempre sulla riconciliazione per ricominciare con forza il cammino della vita, senza cedere sotto il peso delle difficoltà e cadere nella disperazione;
* può stare sempre dalla parte della vita nell'affrontare il dolore;
* può scommettere sempre sulla speranza per dare ai giovani la forza della vita e il coraggio di combattere sempre.
Dall'accoglienza scaturisce la testimonianza della fede
Questo significa credere che «Il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi»; questa è la luce e la vita che a Betlemme è iniziata e ha preso poi forma con la predicazione di Gesù, suggellata con il dono della sua vita sulla croce. Chi crede in Gesù, chi lo accoglie, è invitato ad abitare i luoghi che sono il teatro della propria esistenza con la luce e la vita che provengono da lui.
Da una fede vera e genuina nasce sempre l'impegno per la redenzione del singolo e della comunità.
Maturare la logica del bene comune a partire dalla nostra città
Invito tutti voi, miei cari, a sviluppare un maggiore impegno per la costruzione della nostra città. Maturiamo dentro di noi la logica del bene comune, che è la logica dell'Incarnazione. Nel credo diciamo: «Per noi uomini e per la nostra salvezza, è disceso dal cielo e si è fatto uomo».
La logica di Betlemme, e del mistero che contempliamo in essa, è la logica del bene comune, che il cristiano assume e la trasforma in norma di vita.
È questo l'impegno politico che la Chiesa oggi suggerisce ai cattolici: riprendere la strada della cultura del bene comune, al quale rieducare tutti i cittadini.
Nella Lettera agli Ebrei abbiamo ascoltato come Gesù che ha compiuto la purificazione dei peccati. Che bello sarebbe se la nostra fede, intesa come incarnazione dei valori predicati da Gesù nella realtà che abitiamo, riuscisse a purificare il male e le strutture di peccato esistenti nella nostra città.
Improntiamo una vita secondo i valori del Vangelo
Allora
* Scommettiamo sull'unità della famiglia: dinanzi alla tentazione delle separazioni e dell'infedeltà cerchiamo il bene oggettivo dei figli e della famiglia stessa e abbiamo la forza di ripartire sempre;
* Scommettiamo sulla lotta allo sperpero e al consumismo sfrenato: quanto cibo si spreca in questi giorni mentre c'è gente che muore di fame! Quanto inutile lusso nelle abitazioni e abbigliamento, dinanzi a gente che non ha lavoro e casa ove abitare;
Voglio rivolgere un appello a quanti lavorano nella ristorazione: dinanzi ai cumuli di cibo buttati nella spazzatura dopo una qualunque festa, decidete di non servire i piatti con porzioni già fatte, ma portate vassoi, dai quali ciascuno prende quel che vuole. Quanto rimane di un banchetto potrebbe essere destinato poi alle mense dei poveri.
* Scommettiamo sulla riscoperta della cultura dell'accoglienza e della solidarietà, che appartengono alla cultura del nostro popolo e del nostro meridione, e improntiamo la vita secondo relazioni più umane, più solidali e più condivise. Non lasciamoci ammaliare dalle sirene che suonano accanto a noi gli allarmi i della difesa della identità religiosa e culturale. Questa certamente va difesa, ma in altro modo e con altri forme.
* Scommettiamo infine su di una fede solida nel mistero della condivisione di Dio con l'uomo.
E portiamo questa fede nella nostra vita, facendo abitare in essa i valori del Vangelo.