Avvenire di Calabria

Don Rosario Morrone, il parroco di Botricello, ha benedetto le salme del naufragio e raccontato la sua esperienza, scatenando l'ira del Viminale

Naufragio di Cutro, il potere vive sempre la Verità come una minaccia

Una vicenda surreale che dimostra la confusione del ministro Piantedosi che, a Crotone, sente addirittura il bisogno di dare lezioni di moralità ai defunti

di Francesco Creazzo

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Don Rosario Morrone ha detto la verità in diretta tv, a “Non è l’Arena” su La7, ieri sera. Ha raccontato il senso di impotenza, l’urlo silenzioso dei morti senza nome, ha denunciato anni di responsabilità politiche e umane con la semplicità e la schiettezza cui solo chi opera nella Verità può accedere.

Il racconto straziante di don Rosario Morrone

«Io stamattina ho celebrato messa – ha raccontato il parroco di Botricello – e subito dopo mi sono recato sul luogo della tragedia. Ho trovato un angolo in cui c’erano ventisette persone tra cui un bambino. Sono andato lì e mi sono inchinato per pregare. Ma mentre pregavo mi sono indignato e ho detto a me stesso: “ma possibile che dobbiamo arrivare sempre dopo la morte? Possibile che dobbiamo fermarci a fare preghierine? Possibile che non riusciamo a metterci insieme, credenti e non credenti, intelligenti come siamo, per trovare soluzioni?” È da trent’anni che soccorriamo insieme ad Amodeo (l’ex medico della polizia di Stato Orlando Amodeo, anch’egli ospite, ndr) dei migranti e non si trovano soluzioni. E poi dico qualcosa anche sulla politica: è mai possibile che dobbiamo ragionare sempre in modo ristretto? A me piacerebbe che qualcuno dicesse: noi siamo italiani, ospitiamo tutti, non ci importa. Ma perché non dobbiamo farlo, siamo arrivati in ritardo stamattina. Quando mi sono piegato per pregare ho sentito l’urlo di quelle persone morte».


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La reazione surreale del Viminale

L’urlo di verità “raccolto” da don Rosario ha dato fastidio al Viminale, che ha sentito il bisogno di minacciare lui e il dottor Amodeo a mezzo stampa: «Il Viminale – si legge in un lancio d’agenzia emesso in tempi fulminei ieri sera dal ministero guidato da Matteo Piantedosi - sottoporrà all’Avvocatura dello Stato le gravissime false affermazioni diffuse da alcuni ospiti in occasione della trasmissione di La7 ”Non è l’Arena” al fine di promuovere in tutte le sedi la difesa dell’onorabilità del Governo, del Ministro Piantedosi, di tutte le influenze ministeriali e di tutte le istituzioni che sono da sempre impegnate nel sistema dei soccorsi in mare». La risposta di don Rosario? «Va bene. Basta che non ci facciano perdere troppo tempo».

La verità brutale del sacerdote e l'assurdo biasimo ministeriale

È la verità quasi brutale del racconto di don Rosario Morrone, forse, a dare fastidio al titolare del Viminale, la stessa penna che vergò di proprio pugno i “decreti sicurezza” di salviniana memoria, e coniò l’infelice – ma forse freudiana – espressione «carico residuale», riferita ai naufraghi che, per decreto, costrinse a bordo di due navi nel porto di Catania nello scorso novembre. Sono le immagini sconvolgenti e la linearità del pensiero di don Rosario a sconvolgere e far sentire sotto accusa un ministro che, coi corpi dei bambini ancora caldi, ha sentito la necessità di biasimarne le madri per coprire, con un processo alla disperazione che appare come una rinsecchita foglia di fico, le responsabilità politiche proprie e dei governi precedenti.

Da Piantedosi un'indecente lezione di moralità ai morti

Secondo l’opinione di Piantedosi, rilasciata accanto ai volti visibilmente scioccati (ma inesorabilmente muti) del sottosegretario Wanda Ferro e del governatore Roberto Occhiuto, «L’unica cosa che va detta ed affermata è: non devono partire. Non ci possono essere alternative. Noi lanciamo al mondo questo messaggio: in queste condizioni non bisogna partire – ha tuonato Piantedosi – di fronte a tragedie di questo tipo non credo che si possa sostenere che al primo posto ci sia il diritto o il dovere di partire e partire in questo modo. Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi cosa devo chiedere io al luogo in cui vivo ma cosa posso fare io per il Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso». Una indecente lezione di moralità agli innocenti senza nome, agli ultimi della terra morti a pochi metri dalla riva.

La politica europea ha fallito, bisogna salvare tutti

L’assurdità del processo alla disperazione di chi è morto fuggendo dalla morte, senza nemmeno il riconoscimento della pietà minima per i defunti, le minacce come risposta all’urlo di dolore di un uomo di Chiesa e di un soccorritore non sono termini dialettici accettabili. Esulano completamente dalle legittime opinioni democratiche e servono un solo scopo: negare come in un mantra le responsabilità politiche.
Responsabilità che non sono solo di Piantedosi, beninteso, ma che percorrono tutto l’arco costituzionale di tutti gli Stati membri europei, incapaci, negli anni, della lungimirante e complessa semplicità di don Rosario: «Bisogna salvare tutti, accogliere tutti! Poi gli altri discorsi si fanno dopo!».


PER APPROFONDIRE: Il soccorritore in mare: «Noi, chiamati “criminali” perché salviamo vite»


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