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Oggi è sant'Antonio Abate: un santo molto anche a Reggio Calabria. La figura di sant'Antonio Abate è tra le più popolari della cristianità. Nato a Coma, in Egitto, verso il 250, sceglie ventenne di vivere in solitudine. Attorno a lui, nel tempo, si coagula una comunità di religiosi. È detto il «Padre dei monaci», in quanto organizzatore delle comunità anacoretiche. Muore il 17 gennaio del 356.
In pittura appare spesso circondato da donne voluttuose, che simboleggiano le tentazioni, o accanto ad animali domestici, come il maiale, di cui è il protettore. L’elemento del fuoco gli è accostato per la tradizione che lo vuole recarsi all’Inferno per strappare al demonio le anime dei peccatori. Ancora oggi per celebrarne la festa si accendono falò.
È situata sulla piccola collina di Gullina, suggestivo balcone con vista Stretto del quartiere Archi. La piccola Chiesa di Sant’Antonio Abate è una delle ultime testimonianze della tradizione spirituale bizantina presenti nella città di Reggio Calabria. Le sue origini risalgono attorno all’anno mille. La più antica attestazione della sua esistenza risale al 1363. Il luogo ove sorge l’edificio religioso, in collina e ricco di acque, fu scelto dai monaci per costruire, con la funzione di sentinella dello Stretto, il Typikon di Sant’Antonio Abate, poi divenuta Cappella Reale di Ruggero D’Altavilla, spiega lo storico ed ex presidente della circoscrizione di Archi, avvocato Francesco Giunta.
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Distrutta più volte nei secoli da saccheggi ed eventi calamitosi, negli ultimi vent’anni lo storico edificio religioso, dopo diversi e importanti interventi di restauro, è ritornato fruibile al culto. Al suo interno è visitabile una suggestiva cripta - rara testimonianza in tutta la Calabria - dove venivano sepolti in monaci basiliani. Oggi è molto gettonata per i matrimoni.
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L’auspicio del nuovo parroco di Archi è che «possa sempre di più diventare luogo di preghiera per tutta la comunità diocesana. Tra l’altro la sua suggestiva posizione la vede incastonata all’interno di un ideale itinerario di fede che la congiunge al Monastero di Sales della vicina Ortì. Spero - conclude don Latella - diventi un luogo in cui i fedeli si possano incontrare nella semplicità di un luogo fatto di pietra e fango, dove già in passato tanti uomini e donne hanno incontrato il Signore. E sono certo è questa la volontà di tutta la nostra comunità parrocchiale».
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