Avvenire di Calabria

Nel variegato Universo Parkinson a Reggio Calabria spiccano le difficoltà croniche della sanità "offuscate" dall'impegno di medici e sanitari

Parkinson a Reggio Calabria: la vera forza arriva dalle relazioni

Un tentativo che lenisce le sofferenze di pazienti e familiari che si ritrovano a scalare delle vere e proprie montagne che appaiono insormontabili

di Federico Minniti

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Nel variegato Universo Parkinson a Reggio Calabria spiccano le difficoltà croniche della sanità "offuscate" dall'impegno di medici e sanitari. Un tentativo che lenisce le sofferenze di pazienti e familiari che si ritrovano a scalare delle vere e proprie montagne che appaiono insormontabili.

Comitato Parkinson, parla l'ambasciatore a Reggio Calabria

Reggino, per l’esattezza di San Roberto, borgo alle pendici dell’Aspromonte, Pino Porpiglia è un combattente nato 69 anni fa. Ingegnere con un lungo trascorso in Canada dove si è formato a livello accademico presso l’Università del Manitoba; dopo 25 anni in Nord America rientra nel Belpaese facendo ritorno nella sua Calabria e formando la sua famiglia. Attualmente è l’ambasciatore per la Calabria del Comitato Parkinson, una rete di associazioni che raduna i principali stakeholders sul tema.

Ci può presentare il Comitato Parkinson?

Il Comitato Parkinson a livello nazionale nasce per molteplici motivi: dal dare voce ai malati di Parkinson e ai loro familiari all’individuare nuovi percorsi atti a migliorare la qualità delle vita del parkinsoniano fino al fare da tramite per l’ammalato nell’ambito sanitario e amministrativo. Il mio ruolo a livello regionale è quello di aiutare, per quanto mi è possibile, i malati calabresi che si rivolgono al Comitato per avere supporto ed informazioni sulla malattia. Insieme cerchiamo di trovare le soluzioni ritenute più appropriate in base alle richieste dei malati.


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Convivere col Parkinson è una sfida tutt’altro che semplice…

Personalmente convivo con la malattia di Parkinson da più di 12 anni. Convivere con la malattia di Parkinson non è una sfida semplice e non lo è neanche per i familiari che spesso si ritrovano da soli e senza aiuto esterno a gestire il paziente affetto da una patologia degenerativa alquanto complessa.

Quali sono le principali difficoltà?

La difficoltà è data non solo dalla gestione giornaliera del malato, ma anche e soprattutto dal fatto che ogni Parkinson ha un decorso a sé e la terapia deve essere gestita dal malato stesso in base alle necessità. Una terapia valida per un malato potrebbe non risultare adeguata per gestire i sintomi di un altro malato. Inoltre le disabilità progressive vanno ad intaccare non solo il fisico nel suo insieme, ma hanno anche un impatto rilevante sulla vita sociale dell’ammalato.

Cioè?

La rilevanza dell’impatto la si percepisce tramite vari fattori, quali lo sconvolgimento della quotidianità, la perdita del lavoro, la perdita del proprio ruolo sociale e familiare, la perdita del controllo sul proprio corpo e sulla proprio identità.

Come la dimensione associativa può aiutare?

È di fondamentale importanza perché il paziente finisce spesso per chiudersi nel suo dolore lasciando spazio al pericoloso isolamento per paura del giudizio altrui. Fare parte di un gruppo di persone che condividono le stesse difficoltà ci consente di testare la realtà e ci aiuta a non sentirci soli.


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Sotto il profilo delle cure, quale è la situazione reggina e calabrese?

Purtroppo il nostro territorio è carente di strutture adeguate, basti pensare che neanche al Gom di Reggio Calabria esiste un reparto specifico per il Parkinson. Personalmente sono stato costretto ad andare fuori regione per essere curato, per la precisione a Roma. Credo non ci sia bisogno di aggiungere altro.

Lo sforzo dei medici: «Manca ancora un ambulatorio specifico»

Un’esperienza ultraventennale, ma ad ascoltare la sua voce, la passione rimane immutata. Damiano Branca è un neurologo in servizio al Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, responsabile del laboratorio di elettroneuromiografia, è tra i maggiori esperti di Parkinson in città.

«Proviamo a dare il massimo anche se siamo sempre risicatissimi in termini di organico - ammette Branca - per questo non esiste un vero e proprio ambulatorio per il Parkinson al Gom».

Una lacuna che non limita, però, l’attenzione a quanti convivono col morbo neurodegenerativo: «Seppure ormai sappiamo scientificamente che il Parkinson non riduce l’aspettativa di vita, certamente la condiziona per cui è essenziale intervenire in modo clinico e farmacologico per poter garantire il maggior numero di opportunità ai nostri pazienti», chiosa il neurologo reggino che spiega come di strada fatta negli ultimi anni ce n’è stata tantissima: «È cambiato pressoché tutto in termini di cura, ma anche di diagnosi».

Su questo aspetto Branca si sofferma in modo più specifico: «Possiamo affermare che, oggi più che mai, si può riuscire ad ottenere delle diagnosi pre-cliniche o precoci».

🎧 Ascolta il podcast 👇


PER APPROFONDIRE: In piedi contro il Parkinson, il prof reggino: «Non voglio dargliela vinta»


Tutto si basa sulla conoscenza del morbo e su alcuni indicatori spesso sottaciuti: «Disturbi nel sonno-Rem, stipsi, depressione: questi sono solo alcuni dei sintomi che possono suonare dei campanelli d’allarme».

La strada dei bio-marcatori, avviata a Catanzaro da un luminare reggino, Aldo Quattrone, è ormai battuta da tantissimi specialisti. Anche in questo caso, l’obiettivo è quello di intervenire per tempo: «I casi di Parkinson si stanno moltiplicando e il trend è in aumento: questo non serve per fare terrorismo mediatico, ma piuttosto per chiarire alle persone che tanti segnali non vanno trascurati, a qualsiasi età».

Esistono, infatti, casi di pazienti con Parkinson poco più che quarantenni. D’altro canto, la diagnostica sul Parkinson non è infallibile: «Uno studio di oltre Manica ha stabilito come il 25% delle prime diagnosi sia sbagliata». Un dato che potrebbe incutere timore, però - puntualizza sempre il dottor Branca - «seppure una possibilità di errore ci sia occorre costantemente tenere monitorate le condizioni di salute».

Rimarca spesso questo concetto il neurologo reggino perché dalla sua esperienza non sono mancate le «negazioni evidenti» da parte di alcuni pazienti che tendono a minimizzare sintomi e possibili conseguenze. Insomma, per quanto l’Universo Parkinson sia quantomeno attuale nel dibattito medico, a livello di coscientizzazione c’è ancora tanta paura e, spesso, un po’ di ignoranza.

«Il nostro dovere - aggiunge Branca - è quello di umanizzare il nostro ruolo scientifico. Vale a dire saper applicare i protocolli medici, ma anche saper dialogare con i pazienti e in particolar modo coi loro parenti».

La dimensione del caregiver, infatti, diventa ancor più difficile: il Parkinson non lascia tregua sotto il profilo emotivo dove le forme depressive assumono contorni preoccupanti: «Come ospedale proviamo a dare il massimo - stigmatizza Branca - seppure per un territorio di quasi seicentomila persone, il reparto di Neurologia del Gom sia l’unico chiamato a rispondere a queste esigenze sanitarie».

Una sorte di oasi nel deserto e i numeri risicati «ci rendiamo conto ci costringono a non dare ai pazienti quanto meriterebbero». Scienza e coscienza nelle parole di Branca: da un lato la necessità di “spingere” sulla ricerca medica, dall’altro la coperta troppo corta dei numeri della sanità reggina e calabrese.

Il neurologo tira un sospiro alla fine della nostra chiacchierata: «I pazienti devono fidarsi» chiosa. Una fiducia che, di fronte a professionalità così, ci appare quasi spontanea.

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