Avvenire di Calabria

Se da un lato la società civile registra una certa staticità, i partiti politici di Reggio Calabria provano a darsi una scrollata

ASCOLTA IL PODCAST | Reggio Calabria nel limbo, i partiti cercano nuove energie

Ne abbiamo parlato con Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti, Giuseppe Marino (Pd) e Federico Milia (Forza Italia)

di Federico Minniti

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Se da un lato la società civile registra una certa staticità, i partiti politici di Reggio Calabria provano a darsi una scrollata. Ne abbiamo parlato con Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti, Giuseppe Marino (Pd) e Federico Milia (Forza Italia).

I partiti politici a Reggio Calabria e la sfida della partecipazione

Reggio Calabria nel limbo. Ne abbiamo parlato con Claudio Aloisio, presidente di Confesercenti Reggio Calabria, Giuseppe Marino, referente locale della mozione Bonaccini in vista del congresso nazionale del Pd, e Federico Milia, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale.

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«Purtroppo la città non è sospesa, ma è sulle sabbie mobili: l’amara realtà è che Reggio Calabria sta regredendo. La politica, in questo, deve assumersi le proprie responsabilità: piuttosto che guardare alle prossime elezioni dovrebbe pensare di più alle prossime generazioni» afferma senza fronzoli Aloisio.

Claudio Aloisio (Confesercenti Reggio Calabria)

Dello stesso parere è Milia che analizza anche gli errori fatti nel recente passato dal centrodestra: «Paghiamo lo scotto di scelte deleterie. Parliamo di candidati lontani dal territorio che hanno consegnato la città a un centrosinistra in coma profondo; i dati parlano chiaro: dove governa il centrodestra lo fa bene, portando risultati. Ciò che impaurisce è la sfrontatezza dell’attuale maggioranza: nonostante il malcontento non c’è nulla che li scalfisca per quanto sono intenti a mantenere la loro poltrona».


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Seppure temporaneamente fuori dai giochi per via della sospensione per effetto della Legge Severino, Giuseppe Marino “smarca” il Pd dal giudizio sull’attuale gestione di Palazzo San Giorgio: «Il Partito democratico a Reggio Calabria non è assolutamente “sospeso”. Spesso si confonde l’attività politica con quella amministrativa. Sicuramente si può fare di più e non c’è dubbio che in passato si siano commessi degli errori. Ci sono, però, dei punti di forza: la gente che sceglie di iscriversi al partito e la diffusione capillare sui territori».

Giuseppe Marino (Partito democratico)

Proprio su questo aspetto, Milia (Fi) sottolinea che «il rapporto col territorio lo può restituire soltanto una politica locale credibile che ascolti i bisogni dei cittadini, aprendo Palazzo San Giorgio a tutti. Oggi, invece, vediamo una Casa comunale spento lontano dalle attività vibranti necessarie per essere la guida del territorio».


PER APPROFONDIRE: Partiti a Reggio Calabria: ritrovare la dimensione sociale dell’impegno


Una nuova stagione, però, è possibile secondo Marino (Pd). Specialmente se a guidare il partito sarà la mozione Bonaccini: «Una delle novità annunciate è la riapertura delle scuole di formazione politica: i circoli devono essere concepiti come luoghi di partecipazione e apertura del territorio».

Eppure, nonostante i buoni propositi, la politica sembra lontana anni-luce dalle esigenze di Reggio e del Mezzogiorno: «Se si pensa che, per risolvere il gap tra Nord e Sud serva l’Autonomia differenziata possiamo dire che siamo sulla strada sbagliata. Si tratta di un’idea scellerata che va in direzione opposta a quello che è necessario, cioè una fiscalità di vantaggio per il Sud del Paese che non deve più essere la “palla al piede” dell’economia nazionale».

Federico Milia (Forza Italia)

Sul Ddl Calderoli, il centrodestra calabrese si gioca una partita importante in termini di credibilità: «L’autonomia differenziata è un tema che va approfondito in modo serio. Senza dubbio come centrodestra reggino siamo convinti che la Calabria vada tutelata in quanto più fragile di altre regioni».

«La crisi della democrazia è segnata dalla disinformazione dei cittadini» incalza Marino «da quando i partiti sono stati smantellati rispetto alla funzione costituzionale. Ciò che manca, ad esempio, è una seria selezione della classe dirigente dei territori».

Un punto che, nel gioco degli equilibri, è sposato da Aloisio (Confesercenti): «Se è vero che la politica ha le sue colpe altrettanto possiamo dire della società civile. Troppo spesso la borghesia reggina è rimasta alla finestra o quanto è intervenuta lo ha fatto in modo fin troppo autoreferenziale. Invece è vitale, oggi, metterci la faccia».

La polemica. Stereotipi a parte, serve amor proprio

Tanto vittima quanto carnefice della sua narrazione stereotipata: è questo il vero volto di Reggio Calabria? Se è vero che i reggini «vogliono essere parlati» come diceva Corrado Alvaro, d’altro canto ogni qualvolta si alza il velo sul torpore mediatico che avvolge la sponda continentale dello Stretto si scatena un putiferio.

L’ultima a finire nel mirino della vis polemica di politica e società civile è Angela Robusti, influencer di professione e moglie dell’allenatore della Reggina, Filippo Inzaghi. Sin dal suo arrivo in città, Angela Robusti si è fatta notare per un certo dinamismo Social in merito a bellezze e brutture del territorio reggino. Incantata dai panorami mozzafiato, ha lanciato un’immagine di sé dedita alla Cosa comune, pulendo aiuole e proponendo hashtag per la città “adottiva”.

L’ultima iniziativa - col coinvolgimento di alcune scuole cittadine - è finita sul Corriere della Sera. Qualche stoccata non è mancata, quel tanto per far scattare una polemica eccessivamente provinciale. Quella narrazione stereotipata che si combatte solo a parole, ma che spesso imprigiona anche le iniziative più nobili.

Angela Robusti con gli studenti reggini

È vero che di iniziative come quella di Angela Robusti è piena l’agenda reggina da decenni; è vero pure che Robusti fa di mestiere l’influencer, cioè vende la sua immagine, e che le sue attività non sono fini a se stesse. Tutto vero.

Ma se una ragazza non reggina (e addirittura veneta sussurra qualcuno con una sorta di leghismo al contrario) ci spiattella sotto gli occhi che, forse, manca un po’ di amor proprio verso la città, allora è subito levata di scudi.

Sommessamente, pensiamo che forse è il caso di cambiare paradigma di narrazione da e su Reggio Calabria. Invece di impermalosirsi, ad esempio, il Comune - finito sotto la battuta al vetriolo di Robusti del «neanche un grazie» - potrebbe rilanciare chiedendo all’influencer di sposare la causa reggina dal centro alle periferie facendo vedere all’Italia e al mondo quando c’è di bello, in primis, come tessuto umano fatto di realtà che amano, da sempre, il proprio territorio.

Quello sì che sarebbe uno spot gratis per Reggio e che andrebbe oltre a polemiche e stereotipi antistorici.

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