
Per la giornata del Jazz Francesco Cafiso e la Rhegium Orchestra
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Durante la Settimana santa, l’arcivescovo di Reggio Calabri Bova e presidente della Conferenza episcopale calabra, monsignor Fortunato Morrone ha presieduto l’Eucarestia per i detenuti degli Istituti penitenziari della città di Reggio Calabria.
Il vescovo della diocesi di Reggio Calabria - Bova, accolto dal direttore Giuseppe Carrà, dal comandante della Polizia penitenziaria di Reggio Calabria Giuseppina Crea, dal comandante della Polizia penitenziaria di Arghillà Maria Luisa Alessi, dall’educatore Lorenzo Federico e dal cappellano padre Carlo Cuccomarino Protopapa, ha celebrato nel carcere di San Pietro nella giornata di mercoledì.
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«Sono felice di poter stare insieme a voi, nessuno escluso, per celebrare la misericordia di Dio», ha detto il presule rivolgendo il proprio saluto ai detenuti e alle detenute del “Panzera” e dell’istituto di Arghillà che hanno preso parte alla celebrazione eucaristica. Un’occasione, ha detto il vescovo, «per rendere grazie perché Dio ci ama, non facendoci sconti, ma ci ama a perdere».
Il Signore, ha aggiunto l'arcivescovo Morrone, «passa dentro la nostra vita, ci sta accanto e non solo cammina, ma soffre anche con noi e ci ama anche quando lo facciamo soffrire». Un tema dell’amore e della sofferenza che il vescovo ha ripreso anche durante la sua omelia. Nel commentare lo «strepitoso Vangelo» del giorno, la lavanda dei piedi la notte dell’ultima cena, ha parlato di una «pagina tremenda, non per paura ma per la sorpresa che ha suscitato: quando si dice davvero l’amore lascia senza fiato».
Nel gesto del «maestro che lava i piedi ai discepoli» c’è un «capovolgimento del mondo»: il padrone serve il servo. «È l’immagine dell’amore del Signore», ha detto il vescovo Fortunato, nel rimarcare l’attualità di un gesto «controcorrente», ma dal significato sempre attuale: «Dio ci capovolge per rimetterci in piedi».
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«Dio ci ama - ha aggiunto - anche se sbagliamo». Da qui l’invito: «se ci lasciamo amare da Dio, lui ci rimette in piedi. E in questo amore, ogni volta che cadiamo, c’è sempre la risurrezione. Stare in piedi ha concluso l’arcivescovo - significa che siamo gente risorta».
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