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Quaresima è tempo di penitenza per una sincera e autentica conversione nella fede, nella speranza e nella carità. In carcere, luogo per molti anonimo, nei due plessi reggini di Arghillà e di Reggio Calabria, vivono uomini e donne privati della libertà personale che abitualmente frequentano le attività religiose compresa la messa domenicale. In particolare, i tempi forti come quello della Quaresima vengono vissuti con particolare devozione.
La fede vissuta in un carcere è, rispetto ad altri luoghi o situazioni di vita, più che mai incarnata nel vissuto quotidiano delle persone ristrette, lontane dalle rispettive famiglie, per le quali il pensiero, i ricordi, le preoccupazioni e l’affetto per i propri cari diventa una ragione di vita e un motivo di speranza.
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Stando accanto a questi nostri fratelli e sorelle è comprensibile intuire che il tempo trascorso in carcere è un tempo di penitenza che per molti di loro, nella fede, diventa sofferenza offerta alla misericordia di Dio per le persone che amano: genitori, mogli, mariti, figli, amici. È il caso di Roberto in carcere solo da qualche settimana dove ha ricevuto la notizia che la moglie è in attesa di un bambino e non può stare accanto a sua moglie in questo tempo unico e indimenticabile per una coppia di sposi. È il caso di Carmine che durante la detenzione non ha potuto essere accanto alla propria figlia per i suoi diciotto anni, per il suo matrimonio e per la nascita del primo nipotino.
Con grande affetto e con altrettanta commozione, Roberto e Carmine nella loro semplicità hanno affermato di voler offrire a Gesù e alla sua misericordia questo tempo di disagio e di sofferenza proprio per i loro familiari. Francesco, un altro detenuto che si trova in carcere da molti anni, considera la quaresima come «un tempo che ci prepara alla risurrezione di nostro Signore e anche noi che siamo in carcere dobbiamo vivere questo periodo della nostra vita nell’attesa fiduciosa che un giorno vedremo la libertà come una risurrezione e una nuova vita da trascorrere felicemente con i propri cari».
Di storie come queste ce ne sono tantissime. Storie intessute di ricordi, di nostalgia, di sentimenti profondi, di dolore nascosto e taciuto, ma anche storie intrise di fede, di speranza e di un grande desiderio di riscatto. Anche quest’anno, come gli anni passati, nei due istituti carcerari di Reggio Calabria, in occasione della Quaresima, con la collaborazione dei volontari laici e consacrati, si terranno alcune attività a tema quaresimale come il pio esercizio della Via crucis e la celebrazione di liturgie penitenziali.
Anche in un luogo come il carcere alcune decine di cristiani settimanalmente si riuniscono per pregare e la preghiera è per sua natura personale ma soprattutto comunitaria e universale. Pertanto assicuro ai lettori la preghiera dei detenuti e delle detenute che si trovano nei due istituti penitenziari di Arghillà e di Reggio Calabria così come chiedo a nome di tutti gli operatori penitenziari un ricordo nella preghiera personale e comunitaria per tutti gli uomini e le donne che vivono e lavorano in questa triste e difficile realtà.
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Luogo di sofferenza e di penitenza ma anche tempo di grazia dove si sperimenta ogni giorno la presenza e la misericordia di Dio per gli esclusi e i bisognosi. La triste condizione del carcerato sintetizza tutte le opere di misericordia corporale perché grazie alla carità della chiesa è possibile dare da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, accogliere e aiutare gli stranieri, aiutare gli ammalati poveri che in carcere necessitano di cure mediche e farmacologiche.
* cappellano delle carceri di Reggio Calabria
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