Avvenire di Calabria

Iniziativa in preparazione del Convegno Nazionale dei Cappellani e degli Operatori per la Pastorale penitenziaria che si terrà ad Assisi nel prossimo mese di maggio

Pastorale penitenziaria, convegno regionale dei cappellani e operatori

Parole toccanti ed emozionanti quelle di monsignor Francesco Savino che ha chiesto di vivere il carcere come luogo teologico, dove c'è la possibilità di incontrare Gesù

di Maurizio Macrì

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A Lamezia Terme si è tenuto il convegno regionale dei cappellani e operatori della Pastorale penitenziaria calabrese. L'appuntamento si è tenuto presso l'Oasi Bartolomea incontrando una serie di relatori di settore.

Convegno regionale della Pastorale penitenziaria

In preparazione al IV Convegno Nazionale dei Cappellani e degli Operatori per la Pastorale penitenziaria, che si terrà ad Assisi nel prossimo mese di maggio, i cappellani insieme agli operatori penitenziari della Regione Calabria, sabato 26 marzo 2022 presso L’Oasi Bartolomea a Lamezia Terme, hanno vissuto un incontro regionale per un confronto e una raccolta di spunti che saranno condivisi nella seduta del Convegno Nazionale.


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Dopo la preghiera iniziale e la riflessione guidata da fra Umile della Comunità dei Missionari della via, e l’apertura dei lavori con i saluti di Don Maurizio Macrì, Delegato Regionale dei Cappellani e Cappellano della Casa Circondariale di Vibo Valentia sono seguite le relazioni di figure altamente professionali.Don Raffaele Grimaldi Ispettore Generale dei Cappellani delle Carceri Italiane, dott. Angela Marcello direttrice della Casa Circondariale di Vibo, S. E. Mons. Francesco Savino Vescovo di Cassano allo Jonio e delegato dalla Conferenza Episcopale Calabra per la pastorale Carceraria, dott. Massimo Niutta Psicologo del Carcere di Castrovillari. Moderatore dell’incontro Don Francesco Faillace, Cappellano del Carcere di Castrovillari.Al convegno, oltre i cappellani degli undici Istituti di pena della Regione Calabria, erano presenti i direttori e i responsabili delle aree educative, le religiose e i religiosi insieme a tanti volontari che ogni giorno si fanno prossimi verso i fratelli e sorelle reclusi. Erano inoltre presenti al convegno tante persone desiderose di capire e di prendere coscienza del mondo carcerario nei diversi aspetti che lo compongono.Diversi i messaggi che sono scaturiti dalle parole  dai vari relatori, dalla lectio divina proposta da Frà Umile (mdv) dove, oltre i tre punti presentati, ha voluto offrire, mediante una stupenda citazione di Dietrich Bonhoeffer, il significato di essere Cercatori Instancabili di ciò che è perduto:  «Dio […] ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l'insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono "perduto", lì egli dice "salvato"; dove gli uomini dicono "no", lì egli dice "sì". Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono "spregevole", lì Dio esclama "beato". Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima. Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia».


PER APPROFONDIRE: Le resurrezioni quotidiane: «La mia nuova vita dopo il carcere minorile»


Il Signore ci chiama ad intercettare e tirar fuori la sua splendida immagine presente, più o meno velatamente, nel cuore di tanti fratelli e sorelle, specie di quanti, per un motivo o per un altro, si trovano in carcere. E ci chiama a farci a loro prossimi, accostandoci con umiltà e carità, sapendo di essere, a nostra volta, cercati e ritrovati da Dio.Forte il messaggio di don Raffaele Grimaldi, che ci spinge ad essere in carcere come dei cercatori di coloro che, anche se hanno commesso l’errore, non si devono sentire indegni davanti agli occhi di Dio, ma certi che, riconoscendo il loro errore, possono essere rialzati dalla prostrazione in cui versano. La testimonianza della dottoressa Marcello ha sottolineato che bisogna vivere in carcere con la certezza che ognuno di noi è chiamato da Dio per aiutare coloro che ci sono stati affidati. Parole toccanti e cariche di emozione quelle di Mons. Francesco Savino, il quale ha esordito a vivere il carcere come un luogo teologico, dove abbiamo la oggettiva possibilità di incontrare Gesù che attende di essere risuscitato, guardare il carcere come un luogo in cui bisogna aiutare il fratello a costruire una nuova storia, e questo lo si può fare solo “incrociando il volto” di colui che quotidianamente ci chiede di essere aiutato a riscoprirsi persona amata. Il carcere così è  luogo dove occorre che diamo la possibilità che “i diritti dei deboli non siano diritti deboli”.E’ stata una vera gioia ritrovarsi , dopo questi anni che hanno visto cambiare il mondo anche carcerario, con la pandemia che ha creato non pochi problemi pure all’interno delle strutture penitenziarie.E’ stato certamente anche un importante momento di approfondimento unitario per condividere metodi, esperienze, nuove idee, evangelicamente desiderosi tutti di aiutare coloro che per vari motivi si trovano a dover scontare una pena. Nostro intento è quello di non arrenderci dinanzi all’uomo che si sente ormai “perduto”, ma come cercatori instancabili aiutarlo a riscoprirsi Uomo amato, “ritrovato”, “abbracciato”, con la pazienza di chi sa attendere e la gioia di donare.


* Delegato Regionale e Cappellano della Casa Circondariale di Vibo 

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