Avvenire di Calabria

Nei mesi di messa alla prova c’è stato un momento di svolta. Si tratta del Soggiorno Sociale della Caritas di Reggio-Bova

Le resurrezioni quotidiane: «La mia nuova vita dopo il carcere minorile»

Assistendo gli anziani, i fragili e le persone più emarginate è scattata la scintilla decisiva per cambiare le cattive abitudini

di Federico Minniti

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Dal carcere minorile all’apertura di un’azienda al Nord. Un ragazzo reggino racconta come è ripartito da zero. Oggi è papà: suo figlio ha la stessa età di quando commise il primo reato: «Lui fa molto volontariato».

L'arresto, il carcere minorile e la rinascita

C’è un prima e un dopo nella vita di Giuseppe (nome di fantasia). Un prima e un dopo il suo arresto. Oggi vive lontano da Reggio Calabria, ma la sua non è stata una fuga. Tutt’altro. «Col passare del tempo - spiega - ho perso i contorni nitidi di quello che facevo, però ricordo bene il dolore che tutto quello che ho fatto ha provocato».


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La storia di Giuseppe parla di riscatto: oggi gestisce una attività commerciale nel Nord Italia, è sposato e sta crescendo con amore quattro figli. Per questo sceglie di raccontarsi in modo anonimo.

Riavvolgendo il nastro dei ricordi torna ad inizio millennio. Non ancora maggiorenne i carabinieri «suonarono a casa e mi portarono via». Lui si era persino “dimenticato” di quel gesto fatto assieme agli amici del tempo: «Cattive compagnie e cattive abitudini» dice con onestà. Per molto tempo il reato che gli costò una condanna a tre anni di reclusione (pena sospesa in quanto incensurato) l’aveva bollata come una ragazzata, ma «guardando a quello che è accaduto con gli occhi di oggi non penso più che sia stata solo una bravata», afferma.

Una vita borderline che non gli spalancò le porte del carcere minorile, bensì l’inizio di un lungo percorso - durato 36 mesi - di messa alla prova. «Non è stato facile. Quando ho sentito l’entità della condanna mi è crollato il mondo addosso. “E ora come faccio?” mi sono detto».


PER APPROFONDIRE: La conversione dietro le sbarre a Reggio Calabria


A sostenerlo è stata la famiglia che non l’ha mai abbandonato. Proprio grazie alla mamma ha iniziato a confrontarsi col parroco del tempo: «Una persona dal cuore d’oro». La fede da adolescente iniziò ad assumere una luce diversa anche perché i riflessi della “speranza certa” illuminavano i volti degli angeli custodi di Giuseppe.

«Ricordo come ieri quando conobbi Stefano Fazzello. Senza di lui non credo sarei mai diventato quello che sono». I due si sono incrociati per la prima volta a Cucullaro, in Aspromonte, durante un Soggiorno Sociale promosso dalla Caritas diocesana di Reggio Calabria - Bova.

«Quei campi di volontariato mi hanno fatto aprire gli occhi - afferma Giuseppe - non potevo e non volevo buttare via la mia vita. Sentivo di poter emergere e di farlo in positivo». Proprio attraverso il servizio agli anziani, alle persone più fragili, agli emarginati ha fatto scattare la scintilla: «Nel corso di quegli anni ho visto alcuni miei coetanei che entravano e uscivano dal carcere. Ho avuto una spinta enorme dal confronto con Stefano e gli altri volontari: volevo costruire qualcosa di bello».

Così la rinascita di Giuseppe è avvenuta giorno dopo giorno, passo dopo passo. La formazione professionale, la conoscenza con una ragazza, il matrimonio e il primo figlio che, oggi, ha la stessa età di quando Giuseppe fu arrestato. «Cosa consiglio ai miei figli? Di dedicarsi agli altri. Da subito gli ho inculcato l’idea del volontariato. Frequentano gli scout, si danno da fare».

Mentre ce ne parla emerge un filo di orgoglio: è felice di vedere la sua famiglia lontanissima dalle «cattive abitudini» che lo avevano portato a vivere l’esperienza della detenzione. La testimonianza di Giuseppe racconta di una “seconda opportunità” che la vita gli ha riservato: non un colpo di fortuna, ma un percorso costruito con sacrificio.

«Se mi guardo indietro - conclude - penso che quell’errore mi ha fatto essere la persona che sono. Certo ho ferito la mia famiglia, mi sono fatto male io per primo. Ma riprendersi la vita tra le mani e ripartire è un’emozione indescrivibile».

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