Avvenire di Calabria

Insieme al Museo archeologico Nazionale e al Museo diocesano "Aurelio Sorrentino", tappo obbligata dell'itinerario turistico culturale cittadino

Reggio Calabria, le cose da visitare: Pinacoteca, “scrigno” di arte e fede

Da Mattia Preti ad Antonello da Messina, sono tanti i capolavori custoditi ed esposti all'interno delle sale che caratterizzano la collezione di opere d'arte

di Redazione Web

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È una tappa obbligata dell’ideale itinerario turistico-culturale della città di Reggio Calabria. Insieme al Museo Archeologico Nazionale, alle mura greche, alle terme romane, all’ipogeo di piazza Italia, al Museo Diocesano “Aurelio Sorrentino”, tra i siti d’interesse da visitare assolutamente c’è la Pinacoteca Civica che dal 2008 ha sede in un’ala del Teatro Comunale “Francesco Cilea”.

Pinacoteca, tappa obbligata dell'itinerario turistico e culturale di Reggio Calabria

Una posizione privilegiata e di tutto rispetto. Siamo, infatti, nel cuore della città dello Stretto, in quello che non a caso è definito il suo “salotto buono”, di cui la via principale su cui si affaccia la Pinacoteca reggina, il Corso Garibaldi, è uno dei principali simboli. All’andirivieni del Corso, si contrappone la stasi - solo apparente - delle sale espositive. In realtà, entrare all'interno della Pinacoteca Civica di Reggio Calabria è quasi come immergersi in una dimensione parallela, per iniziare un viaggio nell’arte fatto di tanta bellezza ed emozioni, in cui espressione visiva e ricerca spirituale si incontrano.


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In sale accoglienti e raffinate si articola un invidiabile percorso espositivo, impreziosito da una raccolta di quadri e tele insieme a una sezione che è dedicata, invece, a busti marmorei e alle sculture classiche. Demandata ad esporre le raccolte di proprietà del Comune sparse in altri musei ed uffici come ad esempio il Museo Archeologico Nazionale, la stessa sede dell’amministrazione comunale, Palazzo San Giorgio e la Biblioteca “Pietro De Nava” - tra le pregevoli opere custodite nella Pinacoteca, non possono non saltare subito agli occhi tre dipinti che traggono ispirazione dalla narrazione evangelica: “Cristo e l’adultera” di Luca Giordano, “Cena in Emmaus” di Alonso Rodriguez e “Deposizione”, quadro attribuito a un ignoto pittore siciliano vissuto nel XVII secolo dopo Cristo (e contemporaneo agli altri due artisti in analisi).


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Partendo da “Cristo e l’adultera” occorre dare il giusto merito al suo autore: Luca Giordano fu uno dei principali esponenti della pittura napoletana del Seicento, assieme a Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione e Mattia Preti, nonché uno dei più influenti esponenti della barocca europea. Giordano si occupò anche degli affreschi di palazzo Medici-Riccardi. Il dipinto proviene dalla Collezione reggina Monsolino-Lavagna De Blasio, acquistata dal comune di Reggio Calabria nel 1915.

Passando al dipinto “Cena in Emmaus”, l’opera presenta evidenti punti di contatto con la cultura artistica siciliana del Seicento, soprattutto a partire dagli anni ‘30 del secolo, quando alla lezione caravaggesca (Caravaggio era giunto a Messina nel 1609 circa), si aggiunge l’influenza della cultura classicista (i messinesi Antonio Barbalonga Alberti e Andrea Quagliata, rispettivamente allievi di Domenichino e di Pietro da Cortona, rientrano a Messina intorno agli anni ‘30 del Seicento). Il dipinto, già nella collezione Genoese, nel 1909 per lascito testamentario fu donato al Museo Civico di Reggio Calabria. Il suo autore, Alonso Rodriguez, è considerato il più importante caravaggista siciliano.

Infine, “Deposizione” è una tela imponente posta di fronte al “Figliol prodigo” di Mattia Preti (una delle perle assolute della Collezione). Il dipinto raffigura la deposizione di Cristo nel sepolcro con la Madonna sorretta dalle pie donne. Una statua esposta tra i personaggi che spiccano nel quadro è la Maddalena che volge lo sguardo verso l’osservatore.

I capolavori dei maestri, da Antonello da Messina a Mattia Preti

Gli ambienti espositivi della Pinacoteca civica di Reggio Calabria si snodano attraverso undici sale, suddivise in cinque sezioni, per uno sviluppo complessivo di 500 metri quadrati; le opere sono esposte secondo criteri cronologico-tematici. A partire da questi ambienti si snoda il percorso espositivo della Pinacoteca reggina che accoglie i visitatori offrendo subito alla loro visione alcuni capolavori.

In queste sale si trovano le due tavolette lignee di Antonello da Messina (1430-1479), vero e proprio fiore all’occhiello della collezione reggina; dipinte nel 1457 per abbellire il gonfalone della confraternita di san Michele del Gerbini di Reggio Calabria, le tavolette rappresentano San Girolamo penitente e la Visita dei tre angeli ad Abramo.


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L’itinerario prosegue tra opere di pregio, tra le quali una nota di rilievo merita Il ritorno del figliol prodigo di Mattia Preti (1613-1669). Il dipinto, imponente per le dimensioni (215 centimetri per 231), raffigurante la nota parabola evangelica, venne acquistato nel 1972 dal Ministero della Pubblica Istruzione dalla Heim Gallery di Londra, facendo così ritorno in Italia, originariamente presso il Museo nazionale di Reggio Calabria.

"Il ritorno del figliol prodigo", opera di Mattina Preti (Pinacoteca Civica di Reggio Calabria)

Nella tela esposta, la composizione si sviluppa lungo una diagonale, in modo tale che gli sguardi dei protagonisti si incontrino. Mattia Preti fa utilizzo di un effetto di chiaroscuro, mettendo così in risalto singoli personaggi della storia. Dalla stessa scuola di ispirazione pretiana, proviene il quadro Liberazione di san Pietro dal carcere, riconducibile alla mano di uno degli allievi del grande artista nativo di Taverna, in provincia di Catanzaro.

A completare questa prima tappa della visita, da sottolineare la presenza di un piccolo gruppo di icone databili al XVI secolo. Queste ultime opere, tra le quali spicca la bellezza della Madonna Odigitria, sono di particolare interesse perché segnalano la persistenza in epoca moderna del culto greco-ortodosso nella città, anche dopo la fine dell’impero bizantino dei Romei.


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Tra le opere provenienti da Palazzo San Giorgio vi sono 250 dipinti di artisti del periodo compreso tra la prima metà dell’800 e la prima metà del ‘900, tra i quali vi sono artisti calabresi, prevalentemente del territorio reggino, ma anche non calabresi.

Molte delle opere sono di scuola napoletana, indirizzata alla fine del XIX secolo verso il Verismo; alcune provengono dalla Biennale Calabrese d’Arte, che permise a Guttuso, Omiccioli, Milesi e Brancaccio di stabilire un legame con la città; altre ancora invece provengono dall’Accademia di Belle Arti.

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