Avvenire di Calabria

Il doppio dramma della povertà e dell'emigrazione cammina sempre più spesso sullo stesso binario

Poveri migranti: dal mondo alla Calabria, la storia si ripete

Superare la logica dello "scarto": chi vive ai margini ha il diritto ad esser considerato persona e può davvero rappresentare una risorsa

di Gabriele Bentoglio

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Smaltire i rifiuti è uno dei drammi della nostra società: immersi nell’immondizia del nostro benessere consumistico, rischiamo di esserne sommersi. In modo paradossale e provocatorio, applichiamo la metafora dei rifiuti anche alle persone che escludiamo nel nostro sistema economico, sociale e culturale, condannandoli alla discarica, scarti improduttivi, carico residuale.

Spesso i migranti finiscono in questa categoria, insieme ai poveri. Anche tra di noi, in Calabria, ieri terra di emigrazione e oggi zona di sbarchi e di nuove povertà, dove i flussi migratori minano l’equilibrio psichico delle persone. I migranti lasciano il loro mondo per entrare in un altro.


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Un mondo in cui, non solo non si capiscono gli altri e non si viene capiti, ma molta parte di quello che si pensa e si fa non ha senso in terra d’immigrazione. Gesti che fino a ieri avevano un preciso significato, oggi non l’hanno più.

Pensiamo ai minori migranti. Alla fragilità psicologica conseguente al trauma migratorio, si aggiunge la vulnerabilità di diventare adulti lontano dalla famiglia e dalla cultura d’origine.

È difficile il passaggio all’età adulta se mancano gli scambi relazionali con il proprio gruppo familiare. E, allora, i ragazzi sono incerti e confusi, non sanno se fare come hanno visto fare nel Paese d’origine o come dicono educatori e tutori nel nuovo Paese.

Pensiamo alle donne. In molte aree del mondo, una donna raggiunge uno status sociale riconosciuto quando ha dei figli. Quindi, è cruciale l’esperienza della maternità.

Gravidanza e parto, allora, sono eventi importanti: c’è il passaggio da una generazione all’altra, accompagnato da gesti simbolici, che hanno un forte peso culturale, oltre che emotivo. La donna migrante si trova spesso isolata, in un ambiente nuovo, dove vigono regole implicite che non conosce, non ha la padronanza della lingua per dire i suoi bisogni e le sue paure. Il marito, quando c’è, non e abituato o non ha tempo di occuparsi della gravidanza della moglie. Rispetto alle donne autoctone, molte donne migranti affrontano la gravidanza in condizioni di maggiore povertà, con una più elevata incidenza di tagli cesarei, di parti strumentali e di complicazioni.

Per tutti, poi, indipendentemente dall’età e dal genere, la cura della salute e spesso limitata dallo status di migrante, anche se ciò potrebbe non essere compatibile con i diritti sanciti dalla Costituzione e dalle normative regionali e locali. Di fatto, l’accesso alle cure e compromesso specialmente dalla non comprensione della lingua; talvolta subentra la noncuranza di chi eroga i servizi e, non di rado, i migranti devono confrontarsi con la poca disponibilità o la complicata accessibilità ai servizi.


PER APPROFONDIRE: Migranti, Savino: «Non strumentalizzare le parole del Papa»


Per far fronte ad alcune di queste barriere è opportuna la presenza di mediatori culturali e di validi sussidi didattici in lingua, oltre al rispetto di ogni cultura, che si basa su conoscenze senza pregiudizi e stereotipi. Solo così l’incontro con la diversità può divenire una reale risorsa.

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