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Ha parlato di immigrazione, citando le parole di papa Francesco, monsignor Francesco Savino, oggi a Roma, in occasione della presentazione della diciassettesima edizione del Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. Il vescovo di Cassano Jonio e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana ha aperto i lavori ospitati al The Church Palace.
«Non utilizziamo Papa Francesco come copertura di scelte politiche». Lo ha detto monsignor Francesco Savino, vice presidente della Conferenza episcopale italiana, aprendo questa mattina a Roma la presentazione della nuova edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes.
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«Ancora una volta Papa Francesco fa appello al buon senso», ha detto il vescovo di Cassano Jonio. «Stiamo attenti a non tirare la parola del Papa dalla destra o dalla sinistra, dal centro destra o dal centro sinistra. Il Papa è il vescovo di Roma che presiede la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica».
«Papa Francesco – ha aggiunto monsignor Francesco Savino – ancora una volta fa un discorso serio, responsabile e evangelico perché cerca di tradurre in scelte concrete il Vangelo. Ecco perché si è dato il nome di Francesco perché vuole mettere al centro del suo Magistero il Vangelo sine glossa, senza troppe mediazioni o senza troppi annacquamenti».
«Papa Francesco dice che se non vogliamo che il mare, soprattutto il Mar Mediterraneo, diventi sempre di più un cimitero liquido, senza lapidi ma una fossa, dobbiamo salvare, custodire e tutelare gli immigrati». E l’Europa – ha esortato ancora il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, ripetendo le parole del Papa – «non lasci sola l’Italia. Questo è fondamentale. E ripeto, qui a mio avviso, si gioca la civiltà dell’Europa e si gioca la democrazia non soltanto in Italia ma anche in Europa».
Monsignor Savino ha puntato anche il dito su «una sorta di disumanizzazione in atto in cui l’indifferenza è il segnale estremo, negativo, di un processo di disumanizzazione».
Il vescovo di Cassano Jonio e vicepresidente della Cei ha poi aggiunto, non nascondendo un po' di turbamento: «Mi stanno preoccupando certe parole, e mi assumo la responsabilità di quello che dico. Ho paura e la mia coscienza è turbata quando sento dire di “accoglienza selettiva”. Non so cosa significa questo aggettivo».
Savino si è detto allo stesso tempo «preoccupato» anche quando «sento parlare che questi immigrati o alcuni di questi immigrati sono "carichi residuali". Qui a mio avviso si gioca la civiltà della globalizzazione, qui si gioca la democrazia matura a livello europeo».
«Se siamo qui a parlare del fenomeno migratorio degli italiani al Nord Italia o all’estero, lasciatemi dire che questi giorni ci sono altri fratelli e sorelle che vivono lo stesso fenomeno migratorio che dall’Africa stanno venendo in questo Paese. E quindi - ha aggiunto il presule - evidentemente se noi chiediamo per i nostri italiani atteggiamento di accoglienza, tolleranza, accompagnamento e integrazione ovunque i nostri italiani si trovano, altrettanto penso che dobbiamo utilizzare lo stesso vocabolario per i fratelli e le sorelle immigrati che vengono in Italia».
Analizzando, poi, i dati del Rapporto Italiani nel mondo, in particolare riferiti ai giovani che hanno deciso di lasciare l'Italia, il vescovo Savino ha detto: «Noi adulti dobbiamo liberarci dalla sindrome del capezzale dei giovani. I giovani non sono il futuro, sono il presente».
Il vice presidente della Cei nel cercare di giungere ad una conclusione sul perché sempre più «giovani stanno andando via per motivi di lavoro e di studio e non tornano più», ha spiegato che questo sta a significare che gli adulti debbano «creare le condizioni per un lavoro bello, pulito e solidale».
Dal rapporto emerge infatti «una mobilità italiana malata», perché caratterizzata dalla necessità e unidirezionale, ossia si parte e si non torna più», ha precisato.
Come vescovo del Sud monsignor Savino ha fatto presente il problema dello spopolamento delle aree interne e invitato la politica «ad assumere le proprie responsabilità» in proposito.
«Se nel dopoguerra gli italiani andavano all’estero come manodopera ora partono giovani con due o tre lauree – ha osservato monsignor Savino -. Questo depotenzia il nostro capitale umano mentre arricchisce il Nord Europa. Noi del Sud dobbiamo liberarci dalla cultura assistenzialista e creare invece un welfare generativo».
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Il rapporto Italiani nel mondo, ha concluso il vicepresidente della Cei, «ci aiuta ad osare di più: quando parliamo di fenomeno migratorio è in gioco la democrazia. Per favore, osiamo di più perché la storia di domani ci giudicherà dal coraggio che abbiamo avuto nel risolvere il fenomeno migratorio».
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