Avvenire di Calabria

Intervista alla Procuratrice Giuseppina Latella. Come si contrasta la pedagogia delle cosche?

Procura dei minori: solo due i magistrati in ufficio

Federico Minniti

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Giuseppina Latella è il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, «una figura molto diversa dal Pubblico ministero del Tribunale ordinario; – ci spiega – noi siamo titolari dell’azione civile a tutela del minore ». Di certo una figura centrale per quanto attiene ai provvedimenti di allontanamento dei figli dai contesti familiari mafiosi. «Tutto nasce dalle indagini del Pubblico ministero– spiega – che seleziona i casi, ossia verifica le situazioni di maltrattamento dei figli».

Da dove parte l’indagine?

Delle volte c’è la fragranza del reato, ossia minori che trasportano armi o baby–pusher. Un episodio penale che ci consente di far luce sull’emisfero familiare attraverso un’indagine sociale. Però non sempre è così, pertanto, è fondamentale la collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia.

Come?

Attraverso un protocollo di intesa c’è una rete comunicativa molto efficiente. Questo ci consente di essere a conoscenza di fatti riferibili a maggiorenni accusati del reato associativo che però, in qualche modo, «usano » i propri figli o comunque li indottrinano ad azioni, come sparare, o sui gradi e ruoli dell’associazione stessa.

Tutto questo “provoca” le misure di allontanamento?

Solo una volta messi insieme tutti questi elementi ci prodighiamo in un’azione di ricorso al Tribunale per i minorenni chiedendone l’intervento: dall’affido del minore ai servizi sociali fino – nei casi più gravi – all’allontanamento dal nucleo familiare.

Un provvedimento che spesso convince anche le madri a cambiare vita.

È vero: sono le mamme che non vogliono vedere i propri figli ammazzati o in carcere.

Però sono poco “tutelate” dalla legge quando scelgono di abbandonare il marito ergastolano. Non crede?

Vi è purtroppo una rigidità della normativa in materia che non incentiva il processo di dissociazione dalle famiglie di ‘ndrangheta.

Non l’unica rigidità, ci riferiamo alla riforma della giustizia in atto.

La riforma creerà notevole disservizio nel settore minorile. Creare delle sezioni all’interno della Procura ordinaria provocherà la perdita dell’autonomia e della rappresentanza esterna da parte di questo ufficio: non è un discorso teorico, ma riscontrabile nella disponibilità di tempo e di specializzazione di chi opera quotidianamente.

Quale sarebbe la soluzione ottimale?

Ma siamo così miopi? La Procura per i minorenni non svolge una funzione repressiva, ma preventiva. Oc- corre potenziare questa visione, creando un vero e proprio Tribunale della famiglia. Invece si continua a fare riforme a costo zero. E tutto ciò che ne deriva non è un buon servizio ai cittadini.

Anche perché le risorse investite sono già risicate. Conferma?

Una Procura per minori può operare solo se ha dei supporti esterni che la sostengono. Questo ufficio è dotato di due magistrati: un Procuratore e un sostituto (Andrea Esposito), inquirenti per una competenza distrettuale da Locri a Rosarno. Diventano, perciò, fondamentali le segnalazioni dal territorio.

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