Avvenire di Calabria

Ripercorriamo una storia poco valorizzata nelle biografie dell'illustre letterato siciliano che 88 anni fa venne insignito del Nobel per la letteratura

Quando Pirandello disse: «Alvaro, vai da Mussolini»

Lo scrittore di San Luca confidò al drammaturgo l'insofferenza legata alle restrizioni imposte dal regime fascista

di Redazione Web

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88 anni fa il conferimento del premio Nobel per la letteratura a Luigi Pirandello. In occasione dell'anniversario abbiamo recuperato una storia poco valorizzata nelle biografie dell’illustre letterato siciliano: lo scambio epistolare con il calabrese Corrado Alvaro. Lo scrittore di San Luca si confrontò a più riprese con il drammaturgo siciliano, ne emerge una visione diversa su più aspetti e fatti storici, come ad esempio quello della dittatura fascista.

Il rapporto tra lo scrittore di San Luca e il siciliano Premio Nobel

Non si può stabilire con certezza se quella tra Luigi Pirandello e Corrado Alvaro sia stata una vera e propria amicizia. I due comunque si frequentarono con una certa assiduità al punto da costruire un rapporto fondato su una confidenza reciproca, almeno stando a quanto racconta Corrado Alvaro nel suo “Quasi una vita”, il diario edito da Bompiani e che gli valse il Premio Strega nel 1951.

In alcuni inserti del diario, nel periodo che va dal 1928 al 1934, Alvaro racconta di alcuni incontri e scambi intercorsi con Luigi Pirandello mentre, dopo la morte del Premio Nobel, Alvaro rievocherà la sua figura in altri due inserti ugualmente interessanti e intensi. La prima volta che lo scrittore menziona Pirandello è per ricordare il loro incontro avvenuto a Berlino nel 1928.

Qui offre anche un ritratto molto particolare del siciliano, «Eravamo con Pirandello, con una neve alta così, a uno dei trecento tavoli di Zoo, una delle tante sale da ballo per il piccolo borghese berlinese», racconta Alvaro. Tra gli argomenti affrontati, «si parla della civiltà americanizzante della Germania d’oggi.

Pirandello dice: «La vita oggi ha troppo poco valore pei tedeschi. Vita e morte sono i due cardini del pensiero degli uomini, e qui hanno un valore transitorio. Da questa relatività di valori, la morale dell’America ha preso la sua forza di espansione. Per noi italiani, vita e morte significano ancora qualche cosa. Sono due termini entro cui dobbiamo adempiere un dovere. Noi sappiamo ancora che il mondo non finisce con noi”».

Alvaro, Pirandello e il fascismo

Alvaro, tra i suoi scritti, parla anche del rapporto tra Pirandello e il fascismo. «Pirandello - scriveva l’autore di Gente in Aspromonte nel 1930 - deve avvertire oscuramente che il conformismo del regime ha tarpato le ali alla sua ispirazione e alla sua libertà. Non soltanto gli scrittori più giovani di lui sentono un limite o se lo fanno sulla misura di quello che vedono attorno; ma lui stesso deve avvertire come il fatto teatrale si riduca a un piccolo pettegolezzo della vita quotidiana, e di preferenza erotico, poiché l’erotica è la sola libertà. Così gli attori perdono il contatto coi grandi modelli. O li reciteranno con lo stile di questi pettegolezzi».

E proprio nel periodo di massima difficoltà nei rapporti tra Alvaro e il fascismo, Pirandello diede allo scrittore sanluchese un consiglio molto preciso. È ancora la penna del calabrese a raccontarlo: «Pirandello che lo ha veduto e al quale egli ha chiesto di me, mi ha detto di andarlo a trovare, chiedere un’udienza. Gli ho risposto che ho paura».

Il consiglio di Pirandello: «Vai da Mussolini»

Il siciliano non suggeriva altro ad Alvaro che chiedere udienza ed essere ricevuto dall’allora capo del governo, Benito Mussolini. Alvaro parlerà ancora di libertà e dittatura ricordando un discorso di Pirandello sul tema nel 1945. In Italia sono da poco arrivati gli Alleati e la ritirata tedesca è già iniziata. In questa fase molte città hanno vissuto una vera e propria fase di caos.

«È difficile scrive Alvaro - regolare la propria vita dopo che della libertà si fu privi per troppo tempo. Questo mi ricorda ciò che mi disse Pirandello, quando mi lamentavo con lui di dover essere legato a troppo lavoro a scadenza fissa, a impegni puntuali, ed egli mi disse che mi sarei accorto, un giorno, quanto sia meno comodo e più difficile servirsi di una conquistata libertà di lavoro».


PER APPROFONDIRE: Chi è Corrado Alvaro, il “cantore” della calabresità


Ancora Alvaro: «La dittatura e la guerra sono tempi in cui l’uomo non dispone più di sé, non conosce le sue possibilità morali, aspetta di saggiarle, di essere se stesso; confinato in una cellula, l’uomo è tutto nel suo potere di resistenza e di difesa, aspetta domani, contro il nemico della sua integrità morale e della sua persona fisica. Tra i selvaggi che vivono in perpetuo pericolo, i casi di suicidio sono del tutto eccezionali. E in guerra, tutti lo sappiamo, il delitto è una bassezza indegna di chi combatte e di chi resiste».

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